Jack Savoretti: “Le canzoni e la vita nascono dagli incontri”

UN'ACOUSTIC MIDSUMMER NIGHT'S DREAM AL TEATRO REGIO

“Cinque anni fa suonavo in bar, pizzerie e osterie. Trovarmi oggi in questo splendido teatro, uno dei più famosi al mondo, è un’emozione incredibile!”

Ha esordito così il cantautore folk-rock inglese Jack Savoretti (Westminster, 1983), che per la sua tappa a Parma sabato 26 maggio ha scelto il Regio per il suo spettacolo ‘Acoustic Nights Live‘. Jack è nato a Londra, ma suo padre è un genovese trasferito nel Regno Unito dopo essere stato testimone di una rapina e suo nonno paterno era uno dei partigiani che nel ’45 hanno liberato Genova dai tedeschi, mentre quello materno era un rifugiato ebreo polacco giunto in Inghilterra per miracolo. Un terreno culturale artisticamente fertile per Savoretti, i cui modelli sono tanto Bob Dylan e Simon & Garfunkel, quanto Battisti e De André. Eppure sono Paolo Conte, Luigi Tenco ed Ennio Morricone gli artisti cui fa riferimento nel suo progetto attuale, una scuola tutta italiana. È lui stesso ad ammettere che crescere con le storie di eroismo e coraggio dei propri antenati l’ha formato e ispirato come cantautore, ma anche come persona: “Non emergono solo nel modo in cui scrivo la mia musica, ma nell’uomo che ho deciso di voler essere”.

Jack Savoretti

Jack Savoretti

Ha iniziato come un trovatore solitario che a vent’anni, sull’orlo del successo, non vedendo la propria concezione di musica rispettata dalle case discografiche, piuttosto che vedere la sua arte manipolata, ha preferito rinunciare al biglietto d’oro per la fama. Ma dopo anni di frustrazione la dea bendata si è affacciata al balcone del cantautore, arrivato finalmente sulle top ten internazionali con il suo ultimo album ‘Written in Scars‘ (2015) e, lo conferma lui stesso, quelle canzoni sono nate dalle cicatrici.

Savoretti ha una regola: ideare, scrivere e registrare le canzoni in un’unica volta, senza modifiche: “Voglio catturare la canzone come si suona la prima volta“, afferma. Perché la prima è quella buona, come nella vita, in cui si vive ogni cosa subito, senza termine di paragone, non si può mai sapere cosa si deve volere perché se ne vive una soltanto, non la si può confrontare con le vite precedenti, né correggerla con quelle future, affermava Milan Kundera. “La vita somiglia sempre a uno schizzo. Ma nemmeno ‘schizzo’ è la parola giusta, perché uno schizzo è sempre un abbozzo di qualcosa, la preparazione di un quadro, mentre lo schizzo che è la nostra vita è uno schizzo di nulla, un abbozzo senza quadro” (‘L’insostenibile leggerezza dell’essere’, 1984).

Jack Savoretti al Teatro Regio

Jack Savoretti al Teatro Regio

Le canzoni di Jack Savoretti nascono da incontri. Incontri epifanici che lo hanno segnato e ispirato, che l’hanno aiutato a capire come sarebbe voluto crescere, ma sopratutto chi non sarebbe voluto essere. “È tutta una questione di tempi”, ha raccontato introducendo le proprie canzoni al pubblico emozionato, “persone giuste nei momenti sbagliati, sguardi d’intesa alla fermata di Sheperd’s Bush – le fermate dell’autobus di Londra sono luoghi d’incontro fenomenali – e la persona perfetta in quello più sbagliato possibile, ma che ho deciso di sposare, per avere una vita per aspettare insieme che il momento giusto arrivi.” Storie che raccontano canzoni, canzoni che ispirano sentimenti universali, proprio come “i cantautori di una volta, che sperimentavano, osavano, sempre alla ricerca di nuovi linguaggi” per descrivere l’animo umano.

Jack Savoretti e Nikolaj Torp Larse

Jack Savoretti e Nikolaj Torp Larse

Il coinvolgimento che Jack Savoretti ha creato con il suo pubblico fa percepire l’umanità di un uomo che non si rintana nella torre d’avorio dell’artista affermato, ma si racconta con battute e risate, cercando il confronto, proprio come ai primi concerti nelle pizzerie, quando ad ascoltarlo erano in tre. Iniziato il concerto da solo con la sua chitarra, ha poi condiviso il palcoscenico con il pianista Nikolaj Torp Larse e il chitarrista Pedro Vito Vieira De Souza e con la coppia Piergiorgio Rosso e Francesca Gosio, violino e violoncello di Paolo Conte: risultato di incontri londinesi e nuovi stimoli italiani, quel sincretismo rappresentato dalla sua arte e dalla sua essenza, in equilibrio tra stile british e savoir faire tutto italiano.

Guarda al passato Jack, pensando a quando non tanti anni fa si trovava in uno squallido appartamento londinese, di quelli con infiltrazioni dappertutto, carta da parati sgualcita e moquette sudicia macchiata da vino e fumo scadenti, “quelli che io e il mio coinquilino ci potevamo permettere, che non era molto, ma abbastanza per non pensarci”. Avevano un poster di Dexter Gordon, famoso sassofonista jazz statunitense, mentre suonava in un sordido locale, in una nuvola di fumo. “Non era di certo nel luogo migliore del mondo, ma lo invidiavo, perchè dai suoi occhi capivo che aveva vinto, che non aveva paura di niente, perchè stava facendo esattamente quello che voleva fare. Allora una sera ho deciso di scrivere una canzone su come uno sguardo ti cambia la vita. Lo sguardo di una persona nel momento giusto ti può far capire chi vuoi essere.”

 

di Duna Viezzoli

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*