L’odore dei soldi: il tesoro occulto di Felice Maniero

I PROCESSI CHE SVELANO LA VERITÀ SULLA RESA DI FACCIA D'ANGELO

12 novembre 1994. Il boss della mala del Brenta Felice Maniero viene arrestato a Torino.

Due processi, una verità nascosta. Da un lato Riccardo Di Cicco, cognato del boss Felice Maniero, dall’altro Michele Brotini, broker finanziario. Secondo il racconto dell’ex ras della mala del Brenta, i due lo avrebbero aiutato a riciclare una parte del tesoro accumulato grazie ai traffici della banda in Veneto: droga, rapine, contrabbando di armi e sequestri di persona.

Un forziere nascosto per oltre vent’anni alle autorità italiane.

Nell’aula bunker di Mestre sta finalmente venendo a galla la verità. O almeno una parte.

Felice Maniero è stato l’ideatore della prima mafia autoctona del Nord Italia. Un gruppo di predoni che ha messo a ferro e fuoco il Veneto per un ventennio. La mala del Brenta, come inizieranno a chiamarla i giornali, traffica in droga con la cosca Fidanzati di Cosa Nostra e con il clan Guida della Camorra, contrabbanda armi con l’ex Jugoslavia e compie le più spettacolari rapine degli anni Ottanta.

Nonostante nella banda non vi siano personaggi alla Romanzo Criminale come il Freddo, il Dandi o il Libanese, Maniero può contare su oltre 500 affiliati. Un esercito che sembra non avere rivali.

Il 12 novembre 1994, il boss della Riviera del Brenta Felice Maniero viene arrestato a Torino in circostanze mai chiarite fino in fondo. Sapeva di essere pedinato ma non scappò. La sera stessa fa avere un pizzino ad un poliziotto in carcere con il quale chiede di poter parlare con i magistrati della Dda di Venezia. Si vuole pentire. È la fine della mala del Brenta.

Felicetto parla e racconta la storia della banda. Spiega gli omicidi, chiarisce i partecipanti delle rapine e rivela i fornitori delle partite di droga. Di alcune cose, però, ricorda poco oppure evita proprio di parlare. Ad esempio del suo rapporto con i servizi segreti italiani e jugoslavi. Una domanda su tutte resta senza risposta: dove sono finiti tutti i suoi soldi?

Grazie alle sue dichiarazioni, vengono recuperati 2,78 miliardi di lire. Un patrimonio, scrivono i giudici, “relativamente modesto” se paragonato agli oltre vent’anni di attività criminale. La collaborazione del boss, per recuperare il suo tesoretto occulto, è stata definita dai magistrati “inconcludente”, “irrilevante”, “che non ha ancora prodotto frutti apprezzabili”. I processi vanno avanti ma i soldi di Maniero non saltano fuori. Tant’è che i più sospettosi sostengono vi sia un accordo alla base del pentimento: Vuoi la banda? Non mi chiedere dei soldi.

Nel 2016 i sospetti diventano sempre più fondati. Felice Maniero, uscito da sei anni dal programma di protezione dei collaboratori di giustizia, si presenta alla Dda di Venezia e racconta di essere riuscito a riciclare 33 miliardi di lire del proprio patrimonio segreto grazie al cognato Riccardo Di Cicco (che aveva sposato Noretta, la sorella di Felix) e al broker Michele Brotini. I soldi, in base alle dichiarazioni di Faccia d’angelo, venivano affidati ai due, i quali provvedevano a pulirli attraverso operazioni finanziarie o di compravendita di beni. Il denaro, così ripulito, ritornava nelle tasche del boss.

Il tutto, spiega lui, è avvenuto in tre tranche: la prima di “5-6 miliardi” consegnati dal 1984 al 1987, una seconda di 15 miliardi fino al 1993. “Più altri undici”, racconta Maniero, dopo il pentimento. Una parte del denaro sarebbe stata, dice il boss, “portata in Svizzera, in contanti.”

Con quei soldi, a detta di Felix, il cognato avrebbe comprato auto di lusso (tra cui Porsche, Bentley e Range Rover), tre ville in Toscana e quattordici polizze assicurative. Maniero spiega che da qualche anno Di Cicco ha smesso di restituirgli il denaro così per vendetta si è rivolto alla magistratura. È una questione di orgoglio. Il boss non può farsi fregare, anche a costo di perdere tutti i soldi che era riuscito a nascondere all’epoca del pentimento. I magistrati credono alle sue parole ma al contempo definiscono “reticente” il comportamento dell’ex capo della mala.

Sapeva tutto ma non ha detto nulla.

Di Cicco e Brotini vengono iscritti nel registro degli indagati ma le loro strade si separano presto.

Il broker sceglie di andare a dibattimento invece il cognato del boss preferisce il rito abbreviato, ottenendo così uno sconto di un terzo sulla pena.

In primo grado, Di Cicco incassa una condanna a 4 anni e dieci mesi. I giudici sostengono che lui è stato “il porto sicuro dove depositare il denaro” di Maniero “per ripulirlo”. Solo però gli ultimi 11 miliardi, per i giudici, sono stati riciclati dal cognato del boss. I primi 22, oltre a non esserci sufficienti prove contro il cognato, sono stati già mangiati dalla prescrizione. Il cognato ha smentito di avere toccato quei soldi.

Nelle motivazioni della sentenza si evidenzia che una parte del denaro veniva restituita a Maniero tramite la Silvoro S.A. una misteriosa società del Canton Ticino che si occupa di “operazioni finanziarie di ogni tipo”. La stessa azienda ticinese era spuntata fuori nel processo al broker Brotini, tuttora in corso a Venezia con sentenza prevista per la metà di autunno. Secondo le carte dei magistrati, dal conto Monastero (gestito dalla luganese Gain Sa riconducibile ad Enrico Gallese legato da rapporti professionali con Brotini) erano partiti una serie di bonifici “su disposizione di Riccardo Di Cicco” a colpi di 1,54 milioni in favore della Silvoro Sa. I magistrati ipotizzano essere una tecnica utilizzata per girare il denaro a Felice Maniero.

Le nuove rogatorie, depositate a fine luglio dalla Pm Tonini, chiariranno forse questo punto.

I processi, ancora in corso, sono l’ultima possibilità per fare luce su come Felice Maniero riuscì a salvare il proprio patrimonio dall’arrivo della magistratura. Inoltre, potrebbero fare chiarezza anche su quella schiera di professionisti veneti, mai individuati, che aiutarono il boss ad occultare le proprie fortune.

Un tesoro che, dopo oltre vent’anni di negazionismo, potrà finalmente svelare se si nasconde qualcosa dietro il pentimento di Faccia d’angelo.

di Mattia Fossati

La fotografia è tratta dal sito Wikipedia.

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*