Manovra fiscale 2019, guida pratica per capirci qualcosa

TUTTO CIO' CHE VORRESTE E NON VORRESTE SAPERE SULLE SCELTE ECONOMICHE DEL PAESE

La nuova manovra fiscale approvata dal Governo è rapidamente diventata uno degli argomenti più discussi nelle ultime settimane, generando spesso un velo di isterismo represso in coloro che per più motivi non hanno avuto l’occasione di informarsi adeguatamente riguardo al contenuto dei provvedimenti, in continua espansione come l’universo stesso.

A dirla tutta, però, questo isterismo alberga anche in chi i dettagli della manovra li conosce a fondo e che per questo la ritiene insostenibile: non solo le principale agenzie di rating mondiali (Fitch, Moody’s, Standard & Poor’s) e Confindustria, ma anche la Commissione Europea, che ha infatti respinto il documento di bilancio ritenendolo dannoso sia per i cittadini che per l’Unione Europea. L’Ue sostiene che “il Governo italiano sta apertamente e coscientemente andando contro gli impegni presi verso se stesso e verso gli altri Stati membri”, come affermato da Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione. Il Governo Conte – Salvini – Di Maio ha però già ribadito di non avere intenzione di recedere.

Tornando al contenuto della manovra, i decreti sono stati vittime sia di una malainformazione generale che di una scarsa voglia di approfondire, perciò noi di Parmateneo abbiamo deciso di scendere in campo per preparare una pratica ‘guida pratica’, una sorta di bignami della riforma, che illustri chiaramente e sinteticamente i cambiamenti che verrano introdotti a partire dal 2019, sempre considerando che il testo non venga ulteriormente modificato.

La Manovra avrà un costo di circa 37 miliardi di euro e sarà sostenuta da tre pilastri fondamentali: il Decreto fiscale, la Legge di bilancio ed il Decreto Semplificazioni.

IL DECRETO FISCALE – Si basa principalmente su un punto, la cosiddetta ‘pace fiscale’, ovvero un articolo (art. 9) che stabilisce che “i contribuenti possono correggere errori od omissioni ed integrare le dichiarazioni fiscali presentate entro il 31 ottobre 2017″ elencando poi i tipi di imposte integrabili “nel limite di 100 mila euro per singola imposta e per periodo di imposta e comunque non oltre il 30% di quanto già dichiarato”.

Questo articolo permetterebbe di regolarizzare i redditi non denunciati pagando una imposta sostitutiva del 20% sul più alto imponibile Irpef o Ires, o una aliquota media IVA forfetaria pari al 15%, inferiore a quella ordinaria del 22%. In cambio di una piccola tassa sarebbe perciò possibile ‘sistemare’ anni di redditi non denunciati al fisco, e non solo!

In una postilla misteriosa, che ha aperto il celebre dibattito sulla ‘manina’ che avrebbe manipolato il testo, sembravano escluse la punibilità penale per i reati di riciclaggio e autoriciclaggio, e le sanzioni per occultamento di documenti contabili e dichiarazione fraudolenta, dando agli artisti del bilancio italiani la possibilità di sperimentare su tela senza alcuna conseguenza.

Contestato dal ministro del Lavoro Di Maio, si è arrivati all’ abolizione nel testo definitivo della suddetta postilla, che avrebbe funto da ‘scudo penale’. Il tutto dopo un’avvincente campagna mediatica.

Un’altra novità introdotta dal decreto è la cancellazione automatica di tutti i debiti con il fisco con importo massimo di 1000 euro relativi al primo decennio 2000-2010 e l’introduzione di norme riguardo alla fatturazione elettronica.

LA LEGGE DI BILANCIO – Mentre il Decreto Fiscale si è concretizzato solo recentemente, la Legge di bilancio affonda le proprie radici già in campagna elettorale, infatti si compone di tematiche e proposte su cui da tempo sentiamo dibattere a più livelli e in più ambiti, da esperti economisti sui giornali finanziari ad esperti economisti che riscopriamo tra gli amici di Facebook.

La prima fra queste, più celebre e luogo di controversie, è il Reddito di Cittadinanza, ovvero un assegno di 780 euro che garantirebbe un sostegno economico agli individui in maggiore difficoltà. Essendo ideato per “abolire la povertà”, andrebbe ad integrare anche le pensioni minime e sociali inferiori a tale quota.

Quest’assegno, caricato direttamente su Bancomat, verrà garantito ai cittadini disoccupati in cerca di lavoro a patto di frequentare corsi di formazione e svolgere 8 ore settimanali di lavoro socialmente utile. Il denaro ricevuto potrebbe essere inoltre speso solo per una determinata categoria di beni di prima necessità e verrebbe a mancare in caso il disoccupato rifiutasse 3 offerte di lavoro. Un miliardo di euro sarà destinato al miglioramento dei centri per l’impiego, oltre ai 9 miliardi stimati per la realizzazione di questa proposta.

Un’altra novità introdotta dalla manovra è la ‘flat tax’, ovvero una tassa fissa al 15% che sostituirebbe le attuali imposte sui redditi (Irpef, Ires) estesa non solo ai professionisti ma anche ai lavoratori autonomi, alle società di tipi snc, sas ed srl con ricavi fino a 65 mila euro. Si diminuirebbero al 15% inoltre le tasse per le imprese sugli utili reinvestiti in ricerca e sviluppo e sulle assunzioni, per incentivare gli investimenti e l’occupazione stabile.

Con la riforma verranno introdotte novità anche in ambito pensionistico: da febbraio entrerà in vigore la ‘quota 100’, che prevede il pensionamento con 62 anni anagrafici ed almeno 38 anni di contributi versati.

Sempre parlando di pensioni, si parla di un taglio alle pensioni d’oro, ovvero gli assegni di importo superiore a 4500 euro netti.

IL DECRETO SEMPLIFICAZIONI – Se la manovra fiscale fosse un cenone natalizio, questo decreto sarebbe lo zio imbucato, quello di cui nessuno più parla da quando si è trasferito a Cuba nel 2004 e che nessuno si aspettava si presentasse proprio stasera. Ebbene, proprio come zio Juan, il Decreto Semplificazioni è forse stato il punto meno nominato e discusso della manovra, nonostante prenda in esame questioni rilevanti.

Il decreto contiene infatti una serie di agevolazioni per le imprese articolate in misure per il lavoro e per lo sviluppo economico. La maggior parte riguardano lo snellimento burocratico, ma viene anche introdotta e regolata una proroga alla cassa integrazione e alla mobilità. Rientra in questo testo anche la riduzione dei costi per la politica nelle Regioni.

Un altro esempio di ciò che sarà contenuto nel decreto sono nuove norme a tutela di chi ha debiti nei confronti delle banche ma vanta crediti verso lo Stato, mentre sul fronte automobilistico saranno introdotti canoni RC Auto differenziati in base al territorio.

LE COPERTURE – Come abbiamo visto, la manovra ha intenzione di portare grossi cambiamenti nell’assetto fiscale ed assistenziale italiano, a fronte di una enorme spesa pubblica che si aggira sui 37 miliardi di euro.

Rimangono perciò delle incognite riguardo la grande quantità di ‘scappatoie’ che si prospetteranno all’italiano medio per aggirare le limitazioni delle norme che entreranno in vigore, ma soprattutto nasce spontaneo chiedersi: come avrà intenzione il Governo di finanziare questa manovra?

Tagliando 7 miliardi nell’immigrazione, azzerando i finanziamenti pubblici all’editoria (“Basta ai giornali finanziati coi soldi pubblici!” – Di Maio), negando alle piccole imprese l’Aiuto alla Crescita Economica (ACE) e chiedendo un piccolo contributo ai risparmiatori italiani, promettendo di far pagare meno tasse a chi investisse in Bot e Btp italiani.

Il che avrebbe senso attuando qualche manovra in grado di ridurre il debito pubblico e di conseguenza lo spread: solo così gli italiani beneficerebbero di un costo del denaro a buon mercato per nuovi investimenti. Inoltre “il minor onere degli interessi sul debito pubblico libererebbe risorse da investire nella crescita economica del paese”, per citare Business Insider Italia. Ma di cosa stiamo parlando esattamente?

DEFICIT E PIL Il deficit è la differenza annuale tra entrate e uscite dello Stato (detta ‘saldo pubblico’) con saldo negativo, il prodotto interno lordo è il valore dei beni e servizi prodotti all’interno di uno stato, sempre su base annuale. Il rapporto deficit/pil viene rilevato per comprendere lo stato di salute delle finanze pubbliche di un Paese. Secondo quanto stabilito nel Trattato sull’Unione Europea del 1992, il tetto massimo per il rapporto deficit/Pil è fissato al 3 per cento.

È evidente che i tagli non basteranno a coprire l’intero ammontare dei costi: per finanziare le proprie politiche, il Governo del Cambiamento ha intenzione di ricorrere alla spesa pubblica, proprio come i governi che l’hanno preceduto, portando il rapporto deficit/pil dal 2,0% al 2,4%.

Il Governo sembra stia perciò virando verso una politica autarchica dal punto di vista giuridico ed economico, autodeterminando le proprie regole e rendendosi romanticamente artefice del proprio destino, utilizzando la spesa pubblica per promuovere manovre incentrate sull’assistenzialismo e sul condono fiscale invece che investire sulla produttività del Paese.

Ma chi siamo noi per criticare un Governo fresco, nuovo, un Governo del Cambiamento? Lasciamoli lavorare.

Ringraziamo Politically Retro per i meme (facebook.com/PoliticallyRetro)

 

di Matteo Rotelli

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