Caso mensa Lodi: quando il razzismo non è l’unico vizio

IL RISCHIO BULLISMO TRA LE RIGHE DEL PROVVEDIMENTO DELLA SINDACA LEGHISTA

La vicenda è stata, ed è, sulla bocca di tutti. Lodi: un nuovo regolamento comunale sulle prestazioni sociali impone che, per avere diritto a prezzi agevolati per la mensa, il pullman scolastico e gli asili nido, servono documenti e certificazioni sui beni immobili posseduti che fungano da prove a testimonianza di un basso reddito delle famiglie. Per gli stranieri questi documenti vanno rilevati nel Paese d’origine, procedura non semplice – anzi, spesso impossibile – e decisamente costosa. L’effetto? Molte persone hanno dovuto rinunciare alle agevolazioni per i servizi, vedendosi costretti a pagare la fascia massima o a mandare i propri figlia scuola a piedi o in bicicletta e facendo portare loro il pranzo da casa. Si parla di atti discriminatori, si protesta contro il razzismo della sindaca leghista. Dopo le numerose iniziative e le collette a favore dei bambini si arriva anche a un risultato concreto accolto come un’apertura più elastica: una delibera che stabilisce che se gli stranieri non riescono ad ottenere la documentazione necessaria, basterà una dichiarazione del consolato del Paese di provenienza per accedere ai servizi scolastici a prezzo agevolato.

Oltre all’aspetto, gravissimo, del razzismo a cui si è subito urlato a proposito del caso di Lodi, sembrano però pochi quelli ad aver considerato un altro possibile effetto di questa vicenda: il rischio di fenomeni di bullismo che tale provvedimento potrebbe scatenare contro le seconde vittime del regolamento, i bambini. Se infatti la sua definizione è quella di un atteggiamento di sopraffazione sui più deboli, con riferimento a violenze fisiche e psicologiche attuate specialmente in ambienti scolastici o giovanili e – appunto – asimmetria nelle relazioni, è chiaro come in questa rientrino anche le situazioni scolastiche.
Non sono forse delle discriminazioni sui più deboli – perché, un bambino neanche sa cosa sia l’esonero burocratico per cui non può mangiare con i suoi amici – le separazioni che si fanno a scuola tra i bambini che vanno in mensa e quelli designati e controllati nella ‘stanza dei panini’ con il pranzo pronto?
Non sono da considerare, seppur siano involontarie, violenza psicologica quelle domande che i bambini si sentono ripetere ogni giorno dai compagni – “Ma perché non puoi restare in mensa?”, “Dove vai a mangiare?”– o le spiegazioni delle maestre che affermano che mangia in mensa solo chi se lo può permettere?

Il rischio è che queste domande, che nascono dall’innocenza della curiosità infantile, possano diventare delle vere e proprie armi, delle violenze consapevoli. I bambini, è risaputo, vivono di esempi, di insegnamenti. Non esistono geni della cattiveria, del razzismo o della criminalità: nascono innocenti, come vasi vuoti da riempire con le esperienze che derivano dal mondo che li circonda. Ma se la società è la prima a creare un territorio fertile a discriminazioni ed etichette, non vi potranno che essere i ‘bambini della mensa’ che potrebbero diventare veri e propri bulli – sulla base di diritti che si vedono riconosciuti da sempre come italiani – nei confronti dei ‘bambini dei panini da casa’, che saranno adolescenti  vittime di queste differenze proprio perchè di fatto esclusi da determinati benefici perchè la famiglia è impossibilitata a garantirli. Cominceranno loro stessi a considerarsi inferiori, a vergognarsi di quello che sono. E badate che non si tratta di una banale drammatizzazione per affermare un orientamento politico contro un altro. Le basi per nuovi fenomeni di bullismo sono già intrinseche nella vicenda. Sono dentro le parole della bambina apparsa sul servizio di Piazza Pulita che ammette alla giornalista di essersi vergognata davanti alla sua classe quando la maestra ha spiegato che c’erano persone che non potevano pagare e, quindi bambini che non potevano stare in mensa. Sono nelle parole del ragazzino che deve spiegare tutti i giorni agli amici che va a casa a mangiare o di quello che si chiede il perchè l’abbiano separato dai suoi compagni solo perchè mangia un panino portato da casa.

Come contrastare un fenomeno tanto grave come il bullismo se non ci si rende conto che provvedimenti simili potrebbero crearne nuovi germogli? E’ troppo chiedere che la burocrazia, soprattutto quando si ripercuote sulle relazioni sociali di una comunità – ancor più su dei bambini – venga accompagnata dal buon senso? Appunto perchè le generazioni di domani vanno formate nelle idee, la chiave di svolta si trova proprio nell’ambiente per loro più comune e quotidiano: la scuola. Si spendono sempre tante parole su come questa debba agire contro il bullismo e la vicenda di Lodi non è un caso scollegato.
Perchè separare forzatamente chi paga per la mensa e chi porta il cibo da casa negando a questi bambini di vivere un momento di socialità come quello del pasto scolastico per far crescere tra loro scambio di conoscenza e culture? Perchè è inutile altrimenti fare campagne di prevenzione contro il bullismo quando poi certi regolamenti creano terreno fertile per rimarcare differenze che potrebbero scaturire in sopraffazioni. Che si cerchi di educare a suon di amicizia che – si sa- i bambini guardano più a quello che a dei documenti.

 

di Laura Storchi

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