Un anno ribelle: il Sessantotto in mostra allo CSAC

INAUGURATA LA MOSTRA '1968. UN ANNO' ALL'ABBAZIA DI VALSERENA PER RIVIVERE L'ANNO CHE RIVOLUZIONÒ L'ITALIA

Sono passati cinquant’anni dal 1968. Mezzo secolo durante il quale si ha avuto la possibilità di osservare, studiare e capire quanto gli avvenimenti di quell’anno l’abbiano portato ad essere l’inizio di una rivolta sociale a livello mondiale e non solo una semplice data. In quest’ottica, sabato 20 ottobre è stata inaugurata allo CSAC – Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma – l’ esposizione ‘1968. UN ANNO.’ .

LA RICERCA  – Grazie alla grande raccolta di materiale riunita allo CSAC, c’è la possibilità di assistere ad un’esperienza che si prospetta come una vera e propria lettura di quelli che sono stati i dettagli artistici, i mezzi comunicativi e i personaggi di maggior spessore all’interno di questo movimento. Francesca Zanella è la coordinatrice del gruppo di ricerca che ha curato la mostra, un’esposizione in grado di riportare alla memoria l’importanza e delle fondamenta che hanno dato il via a questo momento storico. Particolare in questo caso è l’uso di materiali originali nell’ambito della comunicazione visiva e della ricerca artistica e progettuale italiana, includendo anche la dimensione politica. Una visione a 360 gradi su ciò che è esploso e scaturito da quell’anno.

L’indagine all’interno degli archivi parte dal primo nucleo artistico nato proprio nel 1968, anno della mostra dedicata a Concetto Pozzati organizzata dall’Istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Parma, che darà poi forma alla futura Sezione Arte dello CSAC, con una collezione di circa 12 milioni di materiali nel campo della comunicazione visiva della seconda metà del ‘900. “Si sta concludendo il cinquantenario del ’68, celebrato, commentato e ripercorso da molte mostre per lo più incentrate sui movimenti sociali e politici. Noi invece abbiamo deciso di rappresentare l’anno da vari punti di vista, quindi di tentare di mettere in luce le sue moltiplicità e contraddizioni, o meglio, di non restituire un quadro univoco”, spiega la dottoressa Zanella. “I temi sono quelli legati alla creazione di un sistema di immagini pervasivo caratterizzato da una molteplicità di linguaggi, quindi una nuova consapevolezza del corpo e della sessualità e quanto questa si sia trasferita nel progetto e nell’agire negli spazi e nei luoghi”.

ENCICLOPEDIA SESSANTOTTINA – Il percorso diventa, grazie all’ausilio di una timeline con incisi gli eventi più significativi, una lunga pagina di lettura integrata con opere visive. Offre una panoramica esaustiva ed obiettiva sulle nuove formule di pensiero, che man mano hanno conquistato terreno nelle menti di migliaia di giovani, veri protagonisti di quest’annata. Il tutto è reso possibile anche grazie all’innumerevole quantità di documenti che narrano ogni passaggio, avendo così la possibilità di poter vedere raccolte pressoché esclusive. Dai costumi del film Barbarella e Il Cavaliere Inesistente realizzati grazie alla collaborazione di Piero Farani, creati con materiali spesso inusuali quali la gomma piuma o il bronzo, si arriva fino alle testimonianze grafiche, pubblicitarie ed editoriali, dove possiamo trovare nomi come Aldo Novarese, Franco GrignaniGiancarlo Iliprandi. Non mancano esempi di tecniche che rivoluzioneranno questa categoria, come il fumetto e opere di carattere sempre più psichedelico. Lo studio sul corpo ci viene rappresentato in diverse sfaccettature, sfruttando elementi quali l’abito, i nuovi luoghi della cultura giovanile, la riappropriazione dello spazio pubblico, passando per i manifesti, i disegni di stilisti, i reportage fotografici, fino alle sfilate di Mare Moda Capri, realizzate seguendo la corrente teatrale dell’ happening, nata anche quest’ ultima nel decennio del ’60.

LO SPAZIO, I NOMI E LE OPERE – Sul tavolo lungo una ventina di metri, posto all’ingresso della mostra, vi sono riportati date ed eventi che hanno contrassegnato il 1968, come l’indice di un libro. Tra le più significative vi si trovano, ad esempio, l’occupazione della facoltà di Lettere e Architettura di Roma del 2 febbraio, o gli sgomberi della polizia all’interno dell’ Università Cattolica di Milano, occupata dagli studenti il 25 marzo. Questo filo conduttore, che accompagna il visitatore lungo tutta la navata centrale dell’abbazia, è arricchito da oggetti di design e costumi di carattere innovativo e spesso sperimentale: una delle prime macchine da scrivere progettata da Olivetti, oppure vari modelli di televisori domestici e radio marchiati Brionvega, che fecero capolino in quasi l’ 80% delle abitazioni in quegli anni.

A far da cornice a questo ripiano vi sono tanti piccoli spazi, simili a stanze indipendenti, che approfondiscono ognuno un particolare processo creativo. Si ha così la possibilità di lasciarsi trascinare all’interno di un archivio di documenti, foto, progetti e rappresentazioni grafiche totalmente originali, grazie ai quali si percepisce come molte delle idee nate alla fine dei ’60 siano ancora di grande attualità. Caratteristico in questo caso è il progetto del ponte sullo stretto di Messina, il primo di una lunghissima serie che dopo cinquant’anni non ha ancora trovato una via definitiva, divenendo oggetto di discussioni politiche che non sembrano trovar fine.

Il ’68 è stato anche l’anno delle rivoluzioni grafiche e fotografiche, dove venne abbandonata quell’oggettività e quella censura concettuale che regnava soprattutto nel periodo del dopoguerra. In una di queste stanze, dedicata interamente al fumetto e al manifesto, sono esposti i primi ‘fumetti d’avanguardia’, che mescolavano al loro interno la capacità comunicativa delle immagini con tematiche sociali nuove. Forti critiche furono rivolte ai mass media per l’uso sempre più frequente che si cominciava a fare del fumetto per trattare temi importanti, con un accentuato uso della satira. È anche l’anno dei primi fotoreportage di denuncia. In particolar,e si può avere il piacere di apprezzare in prima persona il lavoro di Gianni Berengo Gardin insieme a Carla Cerati, che nel ’68 presentarono scatti di un ospedale psichiatrico e delle condizioni a cui erano costretti sottostare i pazienti. Il grande scalpore e indignazione che scatenarono queste foto  rendono ancora oggi immutato, dopo mezzo secolo,  il loro impatto sociale.

La mostra riesce nell’intento di incantare e far riflettere su una rivoluzione che ha avuto un’incredibile, e a tratti incontrollabile, capacità propagandistica e comunicativa, spesso arrivando anche alla violenza grafica, artistica e fisica. Si può definire il 1968 come un anno giovane, di forte impatto comunicativo e spinto da grandi motivazioni e da idee sicuramente scaturite da una grande voglia di cambiamento. Nel bene e nel male ha lasciato dietro di sé pagine importanti nella storia italiana e mondiale. Un anno che ha segnato indelebilmente una generazione e continua ad essere d’ispirazione a quelle successive, rimanendo, anche dopo cinquant’anni, di un’attualità disarmante.

di Giorgio Ogliari

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