Da Deliveroo a JustEat: il mondo nascosto dei riders

LA PROPOSTA CONTRATTUALE DI DI MAIO E LE TESTIMONIANZE, CHE CHIEDONO MAGGIORI DIRITTI E TUTELE

Le innovazioni tecnologiche degli ultimi anni hanno modificato il mondo del lavoro, semplificandolo in molti ambiti e aprendo nuovi scenari in altri. Fra i settori maggiormente coinvolti c’è quello delle consegne a domicilio, dovuto anche alla nascita di alcune ‘app’ per smartphone appositamente create, come JustEat, Deliveroo, Glovo o Foodora. Lo sviluppo di questi servizi ha portato come ovvia conseguenza ad un incremento del numero di fattorini. Fra questi vi è una particolare categoria, i cosiddetti ‘riders’, ovvero coloro che fanno le consegne utilizzando la bicicletta o lo scooter. Di questi si è molto parlato negli ultimi tempi, soprattutto riguardo le loro precarie condizioni lavorative, denunciate con una serie di proteste che hanno preso vita in diverse città italiane. Ad oggi infatti, la legge italiana non li tutela adeguatamente e non garantisce loro i diritti fondamentali riconosciuti per altre categorie. Della situazione dei ‘ciclofattorini’ si è interessato in primo piano il ministro del lavoro Luigi Di Maio, dichiarando in più occasioni la “volontà di lavorare a un contratto collettivo nazionale per i rider”.

RETRIBUZIONI E CONTRATTI  Esistono principalmente due categorie di contratti: full-time e part-time, con 39 ore settimanali distribuibili in massimo 6 giorni a settimana e con un minimo giornaliero di 2 ore e fino a un massimo di 8 ore. Riguardo alla retribuzione, in uno stato in cui non è previsto uno stipendio minimo per i ‘riders’, la scelta sul pagamento delle ore è lasciata a totale discrezione del datore di lavoro. Foodora, per esempio, paga 4 euro lordi a consegna, Deliveroo 4 euro netti a consegna, Glovo 2 euro netti a consegna più 0,60 euro al km, mentre compagnie come Just Eat adottano un’altra tipologia di contratto pagando ad ora (6,50 euro nello specifico). Il guadagno è prettamente collegato ad un algoritmo, cioè ad una valutazione che viene calcolata in base alla disponibilità e al numero di ordini accettati. Proprio su questo punto è intervenuto il ministro del lavoro. “E’ necessario un compenso minimo orario, un tipo di tutela Inail e Inps che sia soddisfacente, il diritto a non dipendere da un algoritmo, questa prestazione reputazionale va eliminata, serve un contratto che preveda chiari dettagli nel rapporto contrattuale”, ha affermato Di Maio. Ascoltando l’opinione di alcuni rider, dipendenti di Deliveroo a Parma, questi si considerano soddisfatti della loro retribuzione e affermano che sia proporzionale alla quantità del lavoro effettuato: “Non mi lamento del mio stipendio, in passato ho lavorato per alcune pizzerie e spesso non mi hanno pagato, almeno questo lavoro mi da la sicurezza di prendere anche uno stipendio minimo”, dice Luigi.

E LE TUTELE?  Riguardo alle assicurazioni, il discorso si complica: infatti, mentre per i co.co.co. (collaborazione coordinata continuativa) è prevista un’assicurazione obbligatoria con premio diviso fra lavoratore e datore di lavoro, per i lavoratori occasionali l’assicurazione non è obbligatoria ed è totalmente a carico del lavoratore. Fa eccezione la compagnia Deliveroo, che si dota di una particolare assicurazione privata, con coperture di danni a terzi, e indennità per cure mediche o morte. Di conseguenza, solo il 20% dei lavoratori occasionali ha una polizza, mentre il restante 80%  non gode di alcuna assicurazione. Una sola tra realtà della gig economy ha attuato un provvedimento per la tutela dei suoi lavoratori: Deliveroo, l’agenzia food delivery inglese che opera anche in Italia in 17 città. L’assicurazione privata di Deliveroo prevede 50 mila euro in caso di danni che portano ad incapacità permanenti oppure in caso di morte, 12.500 euro per la perdita della vista da un occhio, 25 mila euro per la perdita di un arto o della vista, risarcimenti minimi se confrontati a quelli previsti dall’Inail. Si può interpretare come un passo in avanti per questa categoria di lavoratori, che tuttavia non vede ancora riconosciute quelle che dovrebbero essere le condizioni minime di ogni lavoratore. Sebbene per i lavoratori occasionali non sia prevista un’assicurazione, allo stesso tempo il fatto di lavorare part time permette loro una certa libertà di decidere gli orari lavorativi, e non sottostare a dei turni obbligatori, fattore importante per chi studia e per chi la considera un’occupazione secondaria. “Se lavori part-time devi anche accettare il compromesso di rinunciare ad alcune tutele. Conosco alcuni amici che fanno consegne per dei ristoranti e lavorano quasi tutti i giorni, loro fanno bene a chiedere di essere assicurati per ogni eventualità, per me invece la priorità è lavorare con turni più flessibili ed essere più ‘libero'”, sostiene Davide.

PER IL FUTURO – “Anche se il ministro Di Maio ha espresso l’intenzione di volersi impegnare nella tutela di noi rider, noi aspettiamo i fatti, che si faccia qualcosa di concreto. A mio avviso, comunque, oltre a dare più tutele, bisognerebbe stare attenti ad alcuni aspetti che sono trascurati. Credo, ad esempio, che prima di assumere i rider che nello specifico effettuano le consegne con la bicicletta, bisognerebbe almeno chiedere un certificato medico”, continua Luigi. Ci sono buone speranze per il futuro di questa categoria di lavoratori, che il 19 giugno 2018 ha visto finalmente approvare dalla regione Lazio la prima proposta di legge riguardante le loro tutele. Il 29 giugno, inoltre, è nata la prima ‘Carta dei diritti dei rider’, a firma Foodora, Foodracers, Moovenda e Prestofood.

 

 

di Alexandra Bogean e Daniele Gippetto

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