Bando alle ciance: la cultura prima di tutto

DA PARMA UNA DENUNCIA SUL MALFUNZIONAMENTO DEL SETTORE CULURALE ITALIANO

 

Parma capitale italia della cultura 2020 appare essere un traguardo raggiunto, una medaglia al merito per una città a cui vien data la possibilità di mettersi in luce. Sappiamo certamente che Parma è una città ricca dal punto di vista culturale, che accoglie fra le mura dei suoi musei capolavori di ogni periodo, e la cui tradizione musicale è persino invidiata da ogni parte del globo; ma si può davvero definire tale? E’ davvero degna di ricevere questo testimone su tutti gli aspetti?

Martedì 27 novembre ha avuto luogo al Workout Pasubio (WoPa) un convegno intitolato ‘Cultura al Bando’ ovvero ‘Il sistema di gare, concorsi e appalti e le ricadute sulle professioni della cultura’. L’iniziativa è stata presa da Roberta Roberti, insegnante e consigliera comunale del gruppo misto a Parma, come sincera provocazione rivolta all’intera amministrazione italiana. Si tratta del primo passo di una denuncia che la consigliera Roberti vuole portare a livello nazionale, una battaglia per i lavoratori e i professionisti della cultura, contro sfruttamento delle loro qualifiche senza un degno riconoscimento. L’obiettivo dunque è quello di dare il via e favorire l’incontro fra i lavoratori e gli organizzatori della cultura italiana, per incoraggiarli e per dar spazio alle loro voci e alle loro storie.

I PRIMI PASSI VERSO UN MIGLIORAMENTO? – “Ho voluto molto questo incontro proprio in seguito a una serie di situazioni che sono avvenute e che hanno caratterizzato il comune di Parma. Mi hanno portata ad analizzare delle situazioni analoghe in particolare riguardo quella degli archivi delle biblioteche, dei musei, dunque delle istituzioni culturali”. In questo modo Roberta Roberti apre il convegno, presentando i relatori ospiti, i primi fra tanti decisi a fare un passo avanti per mettere in luce le loro problematiche, tematiche comprendenti l’intero campo culturale. Quello che paradossalmente dovrebbe essere uno dei più floridi in una terra così ricca di storia come la nostra. Uno ad uno, per ogni settore, hanno esposto la loro esperienza Ivan Chiesi, socio fondatore e presidente della Archeosistemi, Allegra Paci, presidente ANAI (Associazione Nazionale Archivistica Italiana) delle Marche, Lorenzo Baldacchini, vicepresidente AIB Emilia-Romagna e Flavio Utzeri, coordinatore nazionale del sito ‘Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali’. Alla stessa maniera è stata data la possibilità al pubblico di esporre le loro storie e dei quesiti ai relatori. La partecipazione nel dibattito tra pubblico e relatori è stata alta, benché persino sul palco c’erano sedie vuote. Queste, a detta della Roberti, erano anche “il simbolo di coloro che hanno timore di far conoscere la propria situazione lavorativa, della difficoltà ad instaurare polemiche nei confronti di colleghi o organizzazioni, e del non testimoniare e non dare il loro punto di vista.”

DATI E CAUSE – Indagare sulle cause di queste problematiche può apparire al contempo tanto semplice quanto complicato. La risposta più comune potrebbe essere ‘la crisi’, se non l’imbarbarimento del sistema e dell’informazione conseguente al mancato investimento dello stato nell’ambito culturale. Nei casi migliori certe società eludono persino la legge per sfruttare il lavoro intellettuale all’interno delle loro strutture, costringendo in questa maniera i professionisti a svolgere impieghi dal basso profilo economico. La consigliera Roberti si è rivolta soprattutto ai lavoratori presso le biblioteche, i musei, gli archivi pubblici, ma chiaramente questa è una situazione che percuote ogni campo culturale in Italia. “In particolar modo mi riferisco ai bandi pubblici, uguali in tutta Italia, per l’assegnazione della gestione biblioteche, per esempio, che permette di concorrere solo a grandi realtà, spesso cooperative, con imponenti volumi d’affari invece di favorire imprese locali magari di piccole dimensioni ma con competenze adeguate”. Un concreto esempio mostrato al convegno, e sul quale la Roberti ha voluto insistere, è quello delle due professioniste lavoratrici per la Fondazione Magnani Rocca, una delle gallerie d’arte più famose e importanti della provincia. Assieme ai relatori e ai volontari dal pubblico hanno esposto la storia sul loro licenziamento. Dopo anni di contratto da circa sei euro l’ora (quando impegnate in lavori ben lontani da un tale salario come l’organizzazione e l’amministrazione delle attività museali e redazione di cataloghi) dieci storiche dell’arte avrebbero chiesto un miglioramento della loro situazione lavorativa ed un riconoscimento economico e per questo motivo messe alla porta.

UN PUNTO DI RIFERIMENTO – Da dove cominciare per porre rimedio a questa realtà? Roberta Roberti parla di ‘spacchettare’ i bandi in tanti piccoli appalti, in modo tale da favorire le associazioni più piccole e in particolare le imprese culturali locali, oltre a un maggiore controllo da parte del comune sull’operato e sulla gestione dei contratti. “Ritengo che un ente pubblico non possa e non debba tollerare lo sfruttamento del lavoro intellettuale all’interno delle proprie strutture” ribadisce la consigliera. Come punto di riferimento per Parma, in quanto ad efficienza, organizzazione e promozione sul territorio, sarebbe, secondo Roberti, Reggio Emilia, e in particolare la Biblioteca Panizzi. Si tratta di un sistema bibliotecario che offre sette giorni su sette il proprio servizio fino alle 22:00, praticando gratuitamente consegne sul territorio. Inoltre pubblica annualmente una serie di progetti e di iniziative di tutte le biblioteche affiliate, per ogni fascia d’età, per le scuole e per gli adulti. “A quanto pare la nostra provincia vicina investe molto di più nel settore culturale, e le statistiche lo dimostrano contando ben 710.000 prestiti l’anno e 23.000 nuovi acquisti, dati inimmaginabili per la nostra città” commenta Roberti. Si tratta però di una sola realtà in un territorio molto vasto, in cui talvolta risulta persino ostacolata la diffusione delle informazioni sul settore.

Una situazione del genere non è per nulla incoraggiante per quei giovani che hanno deciso di dedicare la propria vita alla cultura, in uno dei suoi qualsiasi rami. Vero è che il lavoro nobilita l’uomo e il duro lavoro ripaga. Ma ripaga veramente? Dopo anni di studio e tirocini non si può però nutrire il proprio curriculum solo con contratti da uscire o vigilante, che non mettono in luce le vere e proprie capacità di un professionista della cultura. Se Parma capitale della cultura 2020 da un lato riempie di speranza, dall’altro il continuo sorgere di problematiche di tal calibro è deludente e porta a una crescente disillusione nei confronti non solo della città ma anche dell’intera nazione. Uno degli aspetti più nobili di chi lavora in questo ambito è la passione incessante che lo anima e che lo spinge a rattoppare ogni buco che è un’insana organizzazione a creare. Ma purtroppo non si sopravvive solo grazie a questo, non si mangia con la sola passione e amore per la professione.

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