Politica: diagnosi di una “cosa sporca” dal professor Mantegazza

A PARMA UNA LEZIONE APARTITICA PER POLITICI E CONSIGLIERI COMUNALI

Corruzione, promesse non mantenute, scandali di vario genere. Sono diverse e complesse le motivazioni per le quali, spesso, si dice che la politica nel nostro paese “è una cosa sporca”. Che non funziona più. Ma, esattamente, cos’è che non funziona? Quali sono le lacune principali nell’amministrazione pubblica? E soprattutto, gli eletti, potranno tornare ad essere considerati sinonimo di stabilità e rappresentanza effettiva?

“La politica, specialmente a livello locale, non tratta più della felicità, dell’amore, della morte” spiega il professor Raffaele Mantegazza, pedagogo dell’Università Milano-Bicocca con una breve carriera da assessore nel Comune di Arcore. Forse, dal titolo dell’evento, ‘L’Allegro Politico’, tenutosi il 4 dicembre presso il WoPa di Parma, ci si poteva aspettare una dissertazione realistico-pessimista alla ‘Maurizio Crozza’ sul perché la politica nel nostro paese ormai da anni abbia assunto un’accezione quasi apocalittica. Eppure l’evento è stato qualcosa di più. Organizzato dal Presidente del Consiglio Comunale di Parma, Alessandro Tassi-Carboni, e dal gruppo consiliare Effetto Parma, ha visto la partecipazione dei consiglieri comunali Valeria Ronchini (del gruppo di maggioranza Effetto Parma), Noemi Manzani (giovane consigliera comunale in lista civica a Montechiarugolo), Pietro Mariani (giovane consigliere comunale in maggioranza a Sala Baganza), Giuseppe Quintavalla e Michele Ziveri (consiglieri dalle parti opposte dei banchi a Traversetolo).

L’appuntamento si è trasformato in una discussione apartitica su diversi temi, legati indissolubilmente a quella che è la cosiddetta ‘arte del governare’ (bene, ci si auspica) con uno sguardo tutt’altro che pessimista.

DIAGNOSI E RIABILITAZIONE – Eseguire tutti gli esami del caso ad una politica che da diverso tempo convince ben poco per diagnosticarne correttamente le lacune principali: questo l’obiettivo del discorso affrontato dal professor Mantegazza. Solo attraverso la consapevolezza dei problemi della stessa si può pensare ad una “riabilitazione” che deve originarsi innanzitutto a livello locale. “Negli anni ’70 – spiega il professore – ce ne siamo dette di tutti i colori sui temi più disparati. L’aborto, ad esempio, era un problema pubblico; oggi invece ci sono le associazioni che se ne occupano, il problema è diventato privato, non più pubblico, non più politico. Se la politica, specialmente a livello locale, non si occupa più di certe cose, come fa a gestire correttamente le altre?”.

Partendo da una considerazione riguardante il rapporto tra legiferazione e moralità, divise forse da una parete sempre più spessa, il discorso si è poi fatto strada attraverso temi ben precisi, oggetto di indubbio decadimento nell’ambiente politico odierno. Nazionale o locale che sia. Spesso, ad esempio, si tende a discutere eccessivamente sui contenuti di un determinato provvedimento senza rendersi conto di come il linguaggio incida terribilmente su di esso. E senza rendersi conto di come sia sempre più trascurato dallo stesso panorama politico di riferimento, che invita a fare altrettanto. Viene a mancare, dunque, una forma, intesa come un sistema di norme da rispettare, per chiunque graviti attorno agli affari pubblici.

“Il politico non rappresenta più un esempio da seguire – afferma il pedagogo – a prescindere dagli schieramenti. Fare politica invece è bello! Si ha l’orgoglio di aver pensato agli altri. Se l’opposizione fa una proposta giusta, perché andargli contro? Per poi, magari, riproporla due anni dopo?”. Certamente ogni individuo che si addentra nel mondo dell’amministrazione pubblica lo fa con delle ambizioni personali, “questo però non deve necessariamente risultare come negativo, anzi. – spiega Mantegazza – Sfruttata correttamente, quella stessa ambizione non può che portare benefici alla collettività, la quale vede i propri bisogni corrisposti”. L’idea di rappresentanza, oggi, è certamente un po’ confusa, soprattutto in un paese diviso come il nostro. Eppure è ciò che sta alla base della politica, ciò che si dovrebbe tenere a mente a qualsiasi livello amministrativo: governare nelle veci di chi non può farlo.

E infine politica vuol dire conflitto e compromesso. “I consigli comunali dove non si litiga mi fanno paura. La politica è discussione, conflitto. ‘Conflitto’, che sembra portare con sé un’accezione negativa, deriva invece da ‘confligĕre’ ovvero ‘colpire insieme’ per creare un ritmo, quello della vita. L’idea del compromesso, ‘voglio cento, non accetto zero, porto a casa cinquanta’, non è necessariamente svantaggiosa. Dei principi non negoziabili ci devono sempre essere, si difende l’ideologia, ma spesso bisogna andare dalla parte dell’altro, bisogna avere l’intuizione che forse l’altro un po’ di ragione ce l’ha”.

Per chiudere, è la passione, necessaria e imprescindibile, a muovere tutto ‘l’umano’ che permane in ciò che si realizza e quindi anche la politica. “Come per molti altri impieghi, il politico è ciò che fa di questo concetto un servizio. O perlomeno, ce lo si augura” conclude Mantegazza.

CONSIGLIERI TRA I BANCHI –I consiglieri si sono ritrovati per un giorno tra i banchi di scuola, di una scuola un po’ atipica. Il presidente Tassi-Carboni, ‘interrogandoli’, ha posto loro alcune domande sulla esperienza politica. Oltre a trovarsi spesso in linea con ciò detto dal pedagogo, i consiglieri hanno anche piacevolmente smentito qualche luogo comune, quando tra i più motivati dalla passione si sono potuti osservare Pietro Mariani e Noemi Manzani, entrambi appena ventenni quando sono stati eletti nei loro Comuni. Non è un segreto che la parte più giovane della popolazione sia spesso considerata come quella maggiormente disinteressata alla politica odierna. Che sia, forse, perché le strutture partitiche sono considerate da molti ormai obsolete? “Quando si tratta di riconoscersi in un partito, molti danno l’impressione di essere spaventati e insicuri” racconta il professore confermando come oramai i tesserati ai partiti, tra le nuove generazioni, calino sensibilmente. “Io vi assicuro, tuttavia, – controbatte il consigliere Pietro Mariani – che nessun giovane si è tirato indietro quando c’è stato bisogno di trovare idee per migliorare il proprio paese, come aprire un circolo o altre iniziative”. Il discorso, dunque, torna sempre al punto di partenza: il problema sono i giovani ‘svogliati’ e ‘asettici’ o è la struttura di partecipazione politica tradizionale che ha smesso di funzionare?

SOGNARE RESPONSABILMENTE – Sorge spontaneo chiedersi cosa sia allora la politica – per il professore sarebbe… un elefante. “In un paese dell’estremo oriente non si è mai visto un elefante. Un giorno ne arriva uno, ma rimane solo per un paio d’ore. Ecco che il paese si allarma e si inizia la caccia all’elefante. Ma come è fatto? Il re convoca dunque gli unici tre testimoni che l’hanno potuto osservare. Sfortuna vuole che siano tutti e tre ciechi e, dunque, che descrivano l’elefante come un ciuffetto di peli, simile a un tronco solido o addirittura un tubo bagnato all’estremità. Contraddicendosi così uno con l’altro, in base alla parte del corpo da loro toccata. Chi di loro ha ragione? Tutti e nessuno dei tre. E così è in politica. Ciò che conta è trovare un compromesso puntando al bene maggiore, tenendo sempre a mente l’insieme, ovvero la collettività. Sognare dunque, ma responsabilmente, tenendo a mente che c’è sempre l’elefante”.

Ed è proprio un ‘compromesso’ il filo molto sottile che sempre più spesso caratterizza la breve vita dei governi nel nostro paese. Tant’é che altrettanto frequentemente, quel filo si spezza: sono cinque i Presidenti del Consiglio cambiati in sette anni, dal 2011 ad oggi. Un dato tutto italiano che dovrebbe far riflettere.

di Luca Amezzani

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