Opera meno nove: il Teatro Regio per le famiglie in attesa

IL RUOLO DELLA MUSICOTERAPIA PER LO SVILUPPO PRE E POST NATALE DEL BAMBINO

 

Usare il suono e il canto come elementi di tramite e condivisione tra madre e figlio durante il terzo trimestre della gestazione: questa l’idea alla base del laboratorio musicale Opera meno nove, giunto quest’anno alla sua terza edizione e facente parte del più ampio progetto Opera education, attivo da ormai venti anni e nato da una collaborazione tra il Teatro sociale di Como e l’associazione lirica e concertistica AsLiCo, con lo scopo di avvicinare anche i più piccoli all’opera lirica.

IL PROGETTO –  Elisa Torri, pedagogista musicale e specializzanda in musicoterapia, oltre che formatrice dello stesso progetto Opera meno nove, definisce quest’ultimo come un “laboratorio musicale per famiglie in attesa“. Le attività proposte durante questo percorso infatti, sono rivolte tanto alle madri quanto ai padri di bambini in fase pre-natale e si svolgono di conseguenza durante gli ultimi mesi della gestazione. Il progetto fa parte però di una più ampia piattaforma di educazione musicale nazionale chiamata Opera education che si occupa di avvicinare i bambini, il giovane pubblico, gli insegnanti e anche le famiglie ad un percorso lirico di teatro musicale attraverso la visione di opere e percorsi di laboratorio e formazione. Da Como, esso si è sviluppato in circa 23 città italiane, arrivando tra le altre anche a Parma, in cui viene organizzato in collaborazione con il Teatro Regio.
Opera meno nove si articola in tre incontri. Il primo di essi, tenuto dalla violoncellista Irina Solinas, è un concerto guidato di musica classica nel quale, oltre all’ascolto dei brani eseguiti sul momento, le mamme sono invitate ad appoggiare il violoncello sulla pancia e a farne vibrare le corde. Segue poi il secondo incontro, curato dalla stessa Elisa Torri, durante il quale ci si concentra maggiormente sul rilassamento, sui movimenti e sulla respirazione, esplorando anche la sfera inerente alla vocalità attraverso il canto prenatale. L’ultimo incontro infine, tenuto dalla regista d’arte drammatica Eleonora Moro, approfondisce la ricerca sul training fisico/vocale e sulla pedagogia teatrale.

I LABORATORI  –  “Spesso le famiglie si avvicinano ai laboratori di Opera meno nove perché hanno già un interesse e una predisposizione per la musica, ma a volte anche solo per la curiosità di provare una nuova esperienza”, spiega Elisa. Gli obbiettivi alla base di questo percorso sono molteplici, ma tutti finalizzati al supporto psico-emotivo delle famiglie partecipanti, che vengono incentivate a vivere con serenità il tempo della gestazione e dell’attesa, stabilendo anche un primo contatto e una migliore comunicazione con il bambino nel periodo sia precedente sia successivo alla nascita. Gli esercizi proposti infatti, che coinvolgono respirazione (pensata anche in vista del travaglio), canto, vibrazione della voce a bocca chiusa, postura e ascolto, aiutano la madre a ridurre lo stress e permettono di esplorare ed esprimere quella che è la propria identità sonora, favorendo cioè una ricerca soggettiva basata sull’ascolto e sulla valutazione dei suoni, distinguendo quelli armonici, portatori di benessere, da quelli che invece sono fonte di disturbo. “Attraverso l’atto canoro – spiega infatti Elisa Torri – vi è una sperimentazione da parte dei genitori di quel che sono la voce e il respiro; si ha, inoltre, una presa di consapevolezza del duplice ruolo, esterno ed interno, che riveste la madre. Non si fa altro che promuovere una relazione che già è presente, e lo si fa attraverso elementi canori e musicali”. L’insieme di tali attività, ancora non molto sviluppate in Italia, prende il nome di ‘canto prenatale‘. Per quanto riguarda il riscontro che viene dai partecipanti ai laboratori, Elisa parla di molti feedback positivi: “A volte i partner vengono ‘costretti’ a seguire le compagne e poi rimangono stupiti e commossi in seguito allo svolgimento delle attività. In genere si sente la differenza tra il prima e il dopo l’incontro. Quello che cerchiamo di fare è fornire piccoli elementi e input da tenere in considerazione, proporre piccole attività che possono essere ricreate a casa in modo autonomo, così che si possano utilizzare questi mesi di attesa per coccolarsi e per iniziare a creare il legame tra genitori e figli che durerà poi tutta la vita”. E’ importante, infatti, sottolineare che l’attività di Opera meno nove non è pensata per finire una volta conclusi i laboratori, ma si tratta invece di un percorso da portare avanti soprattutto individualmente e che potrà continuare poi durante la crescita del bambino con gli altri corsi di Opera education: “Alla fine del percorso diamo alle famiglie un biglietto per Opera baby, che è il laboratorio pensato per la fascia di età subito successiva, così che lo sviluppo e la crescita musicale del bambino possano continuare. Ogni anno cambia inoltre l’opera lirica che prendiamo in esame, e tramite essa sviluppiamo di volta in volta attività differenti basate su overture ed arie cantate. Quel che vogliamo davvero è promuovere la musica come elemento di comunità, di contatto, di relazione e di bellezza: è questa la meraviglia dell’arte“.

MUSICOTERAPIA E SVILUPPO INTRAUTERINO –  Gli elementi sui quali si basa il progetto Opera meno Nove sono quelli propri della musicoterapia, una disciplina ancora poco conosciuta in Italia, che rientra nelle cosìdetteartiterapie‘. Viene applicata in ambito terapeutico e soprattutto preventivo in diverse situazioni e consiste nell’utilizzare l’elemento sonoro e musicale in situazioni caratterizzate da difficoltà di relazione. Si può lavorare con soggetti e in contesti molto diversi tra loro: dai nati prematuri in terapia intensiva neo-natale, a bambini ed adolescenti problematici, fino a situazioni di tossicodipendenza e di soggetti affetti da autismo, Alzheimer o altri deficit mentali. Nella musicoterapia, la cui reale portata degli effetti è tuttora oggetto di studio e di dibattito da parte della comunità scientifica, l’elemento sonoro fa da legante: la musica diventa cioè un medium attraverso cui instaurare un legame e un contatto da cui la persona coinvolta possa trarre beneficio. E’ importante tuttavia sottolineare, come spiega Elisa Torri, che tale disciplina non viene mai utilizzata da sola: “Il musicoterapista lavora sempre all’interno di un equipe multidisciplinare, in stretto contatto con medici, fisioterapisti, operatori sanitari e specialisti che variano a seconda dei casi presi in considerazione. Si tratta di una professione riconosciuta in molte città, soprattutto nel Nord Europa. In Italia non esiste ancora un riconoscimento vero e proprio, anche se in molte realtà e ospedali viene già utilizzata. Si diventa musicoterapista con laurea magistrale dopo il conservatorio, tale figura professionale è legata alla psicologia, ma rientra anche nella sanità, dovrebbe far parte quindi delle professioni sanitarie, ma vi è ancora un po’ di difficoltà a riguardo”. Per quanto riguarda poi il ruolo della musica e del suono legato allo sviluppo del bambino nel periodo prenatale, è stato dimostrato scientificamente che il feto inizia a percepire i suoni a partire dal settimo mese della gravidanza. Riproponendo infatti canzoni o brani strumentali uditi dal bambino durante la gestazione, essi possono avere su di esso effetti di rilassamento riscontrabili con la modifica della frequenza cardiaca e di eventuali rigidità corporee. La voce dei genitori inoltre è fondamentale, sia durante che dopo la gestazione, per lo sviluppo del linguaggio psicologico-cognitivo del bambino e per l’attaccamento alla madre, in quanto si viene a creare con essa un primo legame sonoro, che proseguirà poi durante la crescita e che sarà fondamentale per la costruzione dell’identità vocale. “Il bambino emette suoni vocalici e la mamma risponde con vocalizzi tipici che fanno parte di una lingua universale chiamata ‘motherese’ o ‘baby talk’. Su questo si instaura la presa di coscienza del bambino di qualcuno al di fuori di lui, è la prima costruzione di un dialogo vocale”, spiega Elisa. Gli studi sull’importanza della voce materna durante la gestazione risalgono già agli inizi degli anni ’50, quando cominciò a prendere piede la psicologia prenatale, e proseguirono poi negli anni ’70, quando si cominciarono ad analizzare in modo più approfondito gli aspetti inerenti al legame tra il suono e la vita intrauterina.  Fin dai primi mesi di vita infatti, il bambino è  immerso in quello che potrebbe essere definito un ‘bagno sonoro‘, che si compone di elementi interni, come ad esempio i rumori dovuti alla peristalsi intestinale o al battito cardiaco della mamma, e di elementi esterni quali possono essere appunto musica e voci dei genitori. Dal punto di vista più fisiologico inoltre, è stato dimostrato come l’esperienza sonora e tattile sia in grado di creare tutta una serie di modificazioni anche a livello neuro-endocrino. Vengono rilasciati ad esempio ormoni come dopamina ed endorfina, che rafforzano il sistema immunitario ed aiutano a combattere lo stress nei bambini anche prematuri.

 

di Gabriele Sani

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