Processo Salvini: un Paese ancora più spaccato

LA POLEMICA RISCHIA DI FAR ACCRESCERE ANCORA DI PIÙ LA POPOLARITÀ DEL MINISTRO MENTRE IL GOVERNO VACILLA

Sequestro di persona a scopo di coazione, omissione di atti d’ufficio e arresto illegale: questi i reati di cui è accusato l’attuale ministro dell’Interno Matteo Salvini. Tutto ha inizio il 20 agosto 2018, quando la nave della Guardia costiera Diciotti attracca al porto di Catania. A bordo viaggiano 177 persone e il ministro impedisce loro di sbarcare, obbligandoli a rimanere all’interno della nave per 5 giorni, fino a quando non si fosse giunti ad un accordo con l’Unione Europea riguardo la loro accoglienza.

Quello che sembrava l’ennesimo atto provocatorio è diventato un vero e proprio caso giudiziario. Nel suo ruolo politico, Salvini è chiamato a rispondere in tribunale, ma l’articolo 96 della Costituzione dice che “il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i ministri sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisprudenza ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale”. Basta il voto della maggioranza dei senatori per ‘salvare’ Salvini dal processo. La palla passa al Movimento 5 stelle, e il destino del vicepremier è appeso a un filo fatto di convenienza.

Senza addentrarci troppo nelle dinamiche giuridiche, guardiamo la questione politica e, perchè no, etica. Mentre all’inizio Salvini si mostrava spavaldo, pronto ad affrontare un eventuale processo, convinto di aver agito per il bene del Paese, oggi sembra essersi intimorito davanti alla reale prospettiva di una condanna. Il ministro presenta il 6 febbraio una memoria indirizzata alla Giunta, ma decide di non presentarsi fisicamente. La memoria di 16 pagine spiega la sua realtà dei fatti e giustifica, in qualche modo, le decisioni da lui prese. Al documento in questione sono legate altre due memorie, quella del premier Conte e quella in tandem dei ministri Di Maio e Toninelli: la prima spiega come le decisioni prese da Salvini sul destino dei migranti a bordo della nave Diciotti non fossero frutto di un’iniziativa personalmente presa dal ministro, ma una decisone avvalorata dal Presidente del Consiglio, in luce della linea politica intrapresa da questo Governo nell’ambito dell’immigrazione. La seconda, molto simile, riporta l’appoggio rispettivamente del ministro del lavoro e di quello dei trasporti. Queste memorie spuntano inaspettatamente, non se ne era mai accennato prima. Si alternano pareri contrastanti anche all’interno della Giunta, tra chi ne sostiene l’irricevibilità e chi invece li abilita a documenti giuridicamente validi.

Alla luce di questo, non posso che pensare a una forte incoerenza da parte dei ‘colleghi’ del Movimento 5 Stelle. Di Maio & Co., infatti, erano gli intransigenti dal motto ‘Onestà’, nei confronti di Salvini ma anche di chiunque si fosse in passato trovato nella stessa situazione, dichiarando con determinazione di volere votare a favore del processo. Oggi, invece, il Movimento cambia drasticamente rotta. L’integrità etica e morale sono solo parole? Di fronte alla realtà dei fatti le posizioni, purtroppo, cambiano con troppa facilità in base alla convenienza. È curioso come il Movimento 5 Stelle riesca ad essere al Governo e all’opposizione allo stesso tempo. Questo sicuramente influisce e influirà in futuro sulla stabilità del Governo, proprio come sta succedendo su altri fronti (vediamo la questione TAV per esempio) dove i pareri sono fortemente discordanti.

E intanto il ministro Salvini, per tentare di difendersi, si appella al bene del Paese, sostenendo di aver agito seguendo la volontà del popolo che lo ha votato per fermare gli sbarchi. Quale popolo? Quello del 17% preso alle politiche? Ci sarebbe da aprire una parentesi infinita solo per questa affermazione.

Ma in tutto questo marasma, ci sono alcuni aspetti che dovrebbero detestare un po’ di preoccupazione: ci ricordiamo ancora le vicende avvenute negli anni scorsi con i processi a Silvio Berlusconi, e le accuse alla magistratura di ‘fare politica’. Rispetto a quel periodo, però, oggi viviamo in un clima completamente diverso e questa vicenda rischia di accrescere ulteriormente la popolarità di Salvini, facendolo diventare il martire che si immola per il popolo italiano. Ed è questo che spaventa di più: che la cieca fedeltà al leader prenda il sopravvento sul buon senso. Siamo sempre più polarizzati, la politica è diventata un “con noi o contro di noi”. E anche quelli che consideravano l’autorizzazione a procedere come un atto dovuto, oggi sono ostaggio di questo gioco.

O forse lo siamo tutti.

di Eleonora Di Vincenzo, Carlotta Pervilli e Arianna Belloli

 

 

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