Antonietta Pastore e Murakami: il fascino del Sol Levante

CON IL SUO LAVORO DI TRADUTTRICE, PASTORE RACCONTA IL GIAPPONE E L'OPERA DI HARUKI MURAKAMI

Quando si parla di letteratura giapponese il pensiero molte volte ricade su geishe e alberi di ciliegio, nomi che ormai hanno conquistato le lodi e il mercato editoriale occidentale. Qualche volta, invece, si è scettici perchè nonostante venga riconosciuta la bravura di alcuni autori, la cultura del Sol Levante non riesce ad imprimere emozioni nel lettore perchè ritenuta troppo ‘lenta’. Eppure il Giappone può contare su voci variegate, che molto spesso vengono proposte anche in Italia, ma alla fine solo alcune riescono a trovare la giusta considerazione. Uno di di questi è Haruki Murakami, tradotto in Italia da Antonietta Pastore che il 12 febbraio è stata ospite della Libreria Fiaccadori per parlare dell’ultimo libro di Hurakami, ‘L’assassinio del commendatore – Libro primo – Idee che raffiorano‘ (Einaudi).

 SENSEI TORINESE – ‘Sensei’ in giapponese vuol dire ‘maestro’ e non si riferisce solo ai docenti in senso stretto, ma anche ad una persona stimabile, esperta e dotata di conoscenze superiori alle proprie, tutte qualità di cui Antonietta Pastore ha dimostrato di possedere. Torinese, pedagogista, allieva di Jean Piaget prima a Ginevra e poi alla Sorbona di Parigi, nel 1974 vola in Giappone insieme all’uomo che all’epoca era suo marito, e dove diventa Visiting Professor all’Università di Osaka, presso la facoltà di Lingue Straniere. È proprio grazie all’ex coniuge, di nazionalità nipponica, che la traduttrice inizia ad avvicinarsi alla lingua giapponese, non tanto per la letteratura quanto per motivi di convivenza: “Il fatto di non saper parlare la sua lingua mi frustrava, così ho comprato dei testi e gli ho studiati. Quando ci siamo trasferiti in Giappone, dopo anni vissuti a Parigi, siamo stati ospiti dei miei suoceri dove conversavo soprattutto con mia suocera, che cercava di capirmi. Con il tempo il mio giapponese è migliorato, ma ancora non lo sapevo leggere”.

Dopo un breve periodo dedicato alla letteratura inglese, Pastore inizia ad avvicinarsi a quella giapponese con ‘L’uomo scatola‘ di Kobo Abe: “Negli anni ’80 si conosceva ben poco della letteratura giapponese e così ho pensato di tradurre qualcosa. Una mia amica mi ha dato un libro di Kobo Abe, ‘L’uomo scatola‘ e ne sono rimasta molto attratta. Quando Einaudi, che aveva comprato i diritti di questo libro anni prima ma che non riusciva a trovarne una traduzione soddisfacente, è rimasta colpita dal mio lavoro, ha deciso immediatamente di pubblicarlo. Lì è cominciata la mia carriera di traduttrice”.

HARUKI MURAKAMI – Da molti considerato il più grande scrittore vivente giapponese, nasce a Kyoto il 12 gennaio 1949. Fino agli anni ’70 coltiva le passioni per la musica e per la letteratura, concentrandosi in prevalenza sulla prima, poichè convinto di non avere le capacità adatte per scrivere un libro. Tutto cambia nell’aprile 1978 quando scopre la sua vocazione letteraria, iniziando così la stesura del suo primo romanzo, ‘Ascolta la canzone del vento’, pubblicato l’anno dopo e che lo porterà addirittura a vincere il Premio Gunzo come miglior esordiente. Questo riconoscimento sarà il primo di una lunga serie di successi: nel 1982 gli viene assegnato il Premio Noma per scrittore emergenti grazie al romanzo ‘Sotto il segno della pecora’, mentre nel 1985 vince il Premio Tanizaki, uno tra i più importanti riconoscimenti letterari in Giappone, con il libro ‘La fine del mondo e il paese delle meraviglie’. 

Nel 1986 parte per un viaggio tra l’Italia e la Grecia, in particolare in Sicilia e a Roma, che sarà fonte di ispirazione per la redazione di Norwegian wood’, un successo mondiale: in meno di un anno vengono vendute oltre 2 milioni di copie. Il 1995 fu un anno particolare sia per lo scrittore che per l’intero Giappone: il 20 marzo nella metropolitana di Tokyo avviene un attentato terroristico commesso con l’impiego di sarin che provoca 13 morti e più di 6000 intossicati. Questa tragedia porterà Murakami a scrivere ‘Underground‘, dove sono raccolte le interviste ai sopravvissuti e agli adepti del culto religioso Aum Shinrikyō, autori dell’attentato.

Il 2006, invece, si rivelò l’anno dei riconoscimenti internazionali: gli viene consegnato il Frank O’Connor International Short Story Award per la raccolta di racconti brevi ‘I salici ciechi e la donna addormentata’, assieme al World Fantasy Award e il Premio Franz Kafka con il romanzo ‘Kafka sulla spiaggia’.

“MEGLIO UNA TRADUZIONE SBAGLIATA MA CHE TRADUCE LO SPIRITO GIUSTO, ANZICHÉ IL CONTRARIO” –  Secondo Pastore, quando si lavora alla traduzione di un libro non è tanto importante scriverla bene, quanto trasmettere quello che l’autore vuole dire: bisogna innanzitutto conoscere la cultura del paese d’origine per capire il significato della parola, anche se la si traduce diversamente dal testo originale: “Quando si traduce, in questo caso, dalla lingua di un paese molto lontano diventa un aspetto fondamentale l’aver vissuto nel Paese per capire il significato di una parola o di un gesto e saperla rendere, magari con una traduzione letteralmente diversa ma che incarna il senso del testo originale“.

Il vero ‘protagonista’ è il lettore, perché il successo di un romanzo è dovuto soprattutto alla capacità di chi lo legge di andare oltre le righe e capire la descrizione della realtà profonda, il messaggio dello scrittore. Come specifica la traduttrice: “Alcuni accusano Murakami di non essere giapponese a causa dei suoi personaggi stratificati e complessi, ma non è così. Il fatto è che la gente non conosce il Giappone: i giapponesi attuali fanno le stesse cose che facciamo noi italiani. I suoi personaggi sono giapponesi e al tempo stesso concreti, finché ad un certo punto si sconfinano in una dimensione diversa, succede qualcosa che porta il personaggio al di là del mondo. Non si tratta di una fuga, ma di un vero e proprio viaggio nell’inconscio. Questo è il significato profondo nei libri di Murakami”.

Antonietta Pastore, inoltre, non è conosciuta solo come traduttrice ma anche come autrice. Tra i suoi libri spiccano Nel Giappone delle donne’ e ‘Leggero il passo del tatami’, dove Pastore presenta racconta del processo di adattamento a una cultura diversa da quella di origine: “Non è per niente vero che i giapponesi sono il contrario degli italiani perchè ho notato che sono molto riservati, ma anche molto sentimentali. Esprimono i loro sentimenti in maniera diversa rispetto a noi, sta a noi capirli: noi diamo per scontato che il nostro punto di vista sia il buon senso, ma non è così. Non è quindi un libro – continua – che parla solo di Giappone, ma di come possiamo superare le barriere che portiamo dentro di noi inconsapevolmente, sfida che richiede un notevole sforzo perché c’è sempre qualcosa che ti sfugge. Anch’io ho sbagliato e l’ho capito nei minimi gesti della vita quotidiana”.

di Mattia Celio

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