Microplastiche: raggiunte le fosse oceaniche

MICROPLASTICHE PRESENTI IN ORGANISMI MARINI A OLTRE 6000 MT DI PROFONDITÀ

Ben Mierement, NOAA NOS

Non esistono più ecosistemi marini in cui non sia accertata la presenza di materiali plastici. Ormai non ci sono più dubbi. La notizia arriva dallo studio riportato sulla rivista Royal Society Open Science, condotto dalla Newcastle University.
Per arrivare a tale conclusione sono stati esaminati anfipodi (piccoli crostacei simili ai gamberetti) appartenenti a sei delle fosse oceaniche più profonde al mondo: quelle delle Marianne, di Izu-Bonin, del Giappone, di Kermadec, delle nuove Ebridi e del Perù-Cile. L’esame degli stomaci di questi organismi marini ha evidenziato la presenza di fibre di lyocell, rayon, ramiè, polivinile e polietilene e di cotone rinforzato con poliestere. Si tratta di materiali non biodegradabili che, provenienti da fiumi e discariche, raggiungono e si sedimentano nelle profondità oceaniche dopo essersi decomposti.
Una delle particolarità di questa situazione è che in base alla profondità dei fondali gli organismi consumano più o meno quantità di plastica. Infatti è stato rilevato che nella fossa delle Marianne, dove il punto più basso misura più di 10000 metri, il 100% dei soggetti analizzati presenta almeno una microparticella di plastica.
Resta da chiarire quali effetti si possano prevedere per la futura esistenza di queste specie, ma gli scienziati prospettano problematiche non dissimili da quelle che affliggono le creature che ingeriscono gli stessi materiali a profondità più normali.
La piaga della plastica presente nelle acque ha raggiunto forse un punto di non ritorno. Se la situazione sembra ormai compromessa, bisognerebbe almeno cercare di non peggiorarla ulteriormente.

di Loris Forti

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