I cibi della globalizzazione e la ristoceutica

SE FEUERBACH AVEVA RAGIONE, E NOI SIAMO DAVVERO QUELLO CHE MANGIAMO, QUESTA NOVITÀ CONFERMEREBBE UN CAMBIAMENTO DELL'INDIVIDUO NELLA SOCIETÀ

Scott Warman / Unsplash

I dati del Paniere ISTAT 2019 lo confermano: la dieta della popolazione italiana sta radicalmente cambiando negli ultimi anni. Non è più la famigerata mela, consumata quotidianamente, in testa agli alimenti alleati della salute, ma una serie di prodotti introdotti sulle nostre tavole per effetto della globalizzazione.

Al primo posto nei consumi, secondo i dati pubblicati il 4 febbraio 2019 e relativi all’anno precedente, ci sarebbero zenzero e frutti di bosco. Il primo, pianta dalle mille e una proprietà benefiche, importante per combattere nausea, artrite e, in associazione con miele e limone, per la cura dei malanni stagionali, e more, ribes, mirtilli alleati della circolazione sanguigna, della buona efficienza visiva e, secondo i più recenti studi scientifici, anche della prevenzione alle malattie acute, croniche e degenerative.
Ad aumentare, secondo le stime, sarebbe anche il consumo di soia, elemento base dell’alimentazione asiatica da secoli, e, in particolare, della tipologia edamame, un vero e proprio concentrato di salute per l’apporto di vitamine C-E, magnesio, potassio e fosforo, proteine, folati, aminoacidi, fibre di buona qualità e lipidi insaturi. Aumentano anche le vendite di legumi, sostituti essenziali delle proteine nobili della carne, del cavolo kale (o riccio), nuovo superfood di tendenza per l’alto contenuto di proteine e per le proprietà antidepressive, e il tofu, formaggio di latte di soia, privo di colesterolo e ricco di vitamine.

La lista potrebbe continuare a lungo con scoperte eclatanti che riguardano prodotti portentosi per la salute dell’individuo, quelle stesse merci che appaiono poco alla volta sugli scaffali dei supermercati e nei nostri piatti, per mode collettive o scelte individuali.
Per questa ragione si moltiplicano anche gli studi sulle diverse interazioni tra i vari cibi e tra cibi e farmaci. Ad attrarre l’attenzione è la ristoceutica: il recente studio della giusta associazione fra cibi e principi farmaceutici che potrebbe metterci al riparo dai disturbi cardiovascolari. Il pasto, secondo le ricerche del professor Lionetti, diventerebbe funzionale, ovvero una coniugazione di alimenti sinergici che, grazie ai composti biologicamente attivi andrebbero ad agire direttamente sulla nostra componente genica, preservando la salute dell’uomo. La loro azione, nello specifico, andrebbe a combattere il rischio di malattie cardiovascolari, con un’azione mirata contro stress ossidativo e infiammazione cronica: due delle principali cause dei disturbi al cuore. Da sottolineare che ogni individuo possiede un DNA unico e perciò sarà difficile, se non impossibile, proprio come lo è per le cure prodotte in laboratorio, creare una ricetta unica che possa funzionare per tutte le persone.

“Le reazioni che possono alterare l’espressione genica sembrano essere modulate anche dall’ambiente edibile, cioè il cibo”, afferma Vincenzo Lionetti, ed aggiunge che per questo un piatto di orzo al dente,con cavolo cotto al vapore e olio extravergine d’oliva è un esempio di piatto funzionale, che ottempera perfettamente al compito protettivo del cuore. Per una ragione non differente la Food and Drug administration, l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ha di recente inserito l’olio extravergine d’oliva nella lista dei medicinali, per le qualità antinfiammatorie e per la scarsa concentrazione di grassi saturi, responsabili dell’aumento dei livelli di colesterolo.

Come spesso ci sentiamo ripetere, e leggiamo sulle confezioni, la corretta alimentazione va associata ad uno stile di vita sano e ad un utilizzo consapevole dei farmaci. Ma stando a questi nuovi risultati scientifici, la scelta del cibo potrebbe addirittura arrivare a sostituire, almeno in parte, l’assunzione di prodotti chimici provenienti da laboratori, escludendo così il rischio di fastidiosi effetti collaterali, a lungo o a breve termine, e migliorando ulteriormente la qualità della vita con un ritorno ai principi di madre natura.

di Giulia Scuderi

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