Sete di verità: nuove indagini sul caso Pecorelli

A QUARANT’ANNI DI DISTANZA SI TORNA A INDAGARE SULLA MORTE DI MINO PECORELLI

Giulio Andreotti, Claudio Vitalone, Cosa Nostra, la banda della Magliana, Licio Gelli: tutti coinvolti, ma nessuno colpevole. A quarant’anni dal suo omicidio, non si conosce ancora la verità su chi abbia davvero ucciso Carmine Pecorelli, direttore del settimanale romano OP – Osservatore Politico.

Lo scorso gennaio Rosita Pecorelli, sorella di Mino (così era chiamato da tutti il giornalista) ha chiesto di riaprire il caso per arrivare alla verità, determinata a continuare la sua lotta per scoprire il vero assassino di suo fratello.
La richiesta, a cui ha fatto seguito un’istanza depositata alla procura di Roma dall’avvocato Valter Biscotti, si basa su una vecchia deposizione fatta nel 1992 da Vincenzo Vinciguerra, un ex estremista di destra. La dichiarazione, raccolta dal giudice Guido Salvini, verteva sulla conoscenza da parte di Vinciguerra della persona che avrebbe avuto in custodia la pistola utilizzata per uccidere Pecorelli. A questo, inoltre, l’avvocato Biscotti ha aggiunto anche l’acquisizione di nuovi elementi.

La procura ha accolto la richiesta di Rosita Pecorelli, riaprendo le indagini e affidandole alla Digos. Punto centrale delle nuove operazioni è una Beretta 765, sequestrata nel 1995 a Monza a un esponente di Avanguardia Nazionale, Domenico Magnetta. Gli accertamenti sono volti a scoprire se si tratti effettivamente della stessa arma che uccise Mino.
Pecorelli fu assassinato il 20 marzo del 1979 a Roma, nei pressi della redazione del suo settimanale OP. La grande rete di rapporti che aveva stretto nella sua carriera lo aveva portato a essere strumento di comunicazione per esponenti della politica, della finanza e dei servizi segreti, che in quegli anni infiammavano l’oscuro panorama italiano.

Il ruolo di Mino però non fu solo di quello di farsi usare dalle forze politiche ma anche, e soprattutto, quello di sfruttare la sua posizione per portare alla luce scandali e intrighi di palazzo. Così, quando la sua presenza cominciò a essere ingombrante, pericolosa e scomoda, qualcuno decise di toglierlo di mezzo. Ma chi?
A questa domanda non si è ancora saputo (e forse non si saprà mai) rispondere, e la speranza è che le nuove indagini possano portare alla verità. Ma oltre a questo è importante che la figura e la vicenda di Mino Pecorelli, come quella di tutte le vittime dei complotti politico-mafiosi del nostro Paese, non venga mai dimenticata.

di Loris Forti

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