Accoglienza migranti, il Prefetto chiarisce. Paure dei sindaci infondate?

IL PREFETTO GIUSEPPE FORLANI RISPONDE AI TANTI INTERROGATIVI NATI DOPO IL DECRETO SALVINI SULLA GESTIONE DELL'ACCOGLIENZA

Successivamente al caso sollevato da sette sindaci del parmense, che avevano inviato un a lettera al prefetto esprimendo dubbi e timori riguardo il probabile arrivo di 300 richiedenti asilo sul territorio, abbiamo intervistato il Prefetto di Parma, Giuseppe Forlani, per chiarire una volta per tutte la questione. I sindaci si erano mostrati preoccupati, in particolar modo riguardo la riduzione dei fondi per l’accoglienza, per il rischio del ritorno a grandi concentrazioni alberghiere e per la sicurezza del territorio. La situazione poi si risolse con un incontro tra il Prefetto e i sindaci, a cui questi ultimi chiesero di modificare una parte del bando in modo da renderlo più ‘digeribile’. Richiesta che apparentemente ha ricevuto l’assenso del Prefetto, ma la situazione è diversa da quello che sembrava inizialmente, stando alle dichiarazioni del funzionario dello Stato.

“IL BANDO NON E’ MAI STATO MODIFICATO”– Come spiega il prefetto Forlani, “la lettera che abbiamo ricevuto, a cui è seguito un incontro di chiarimento, non ha portato a una modifica del bando da parte nostra poiché quello che noi abbiamo perfezionato era già scritto nell’autorizzazione a contrarre che era stata pubblicata per il bando uno (riguardo centri con unità abitative singole). In quel decreto era già indicata la nostra preferenza per il sistema distribuito di accoglienza”. Nessuna modifica quindi del bando, a differenza di quanto ci avevano dichiarato i sindaci sentiti.  Secondo il Prefetto Forlani, le grandi concentrazioni alberghiere non torneranno e la paura dei primi cittadini è frutto di una sbagliata interpretazione del bando: “E’ stata fatta anche un’erronea identificazione tra centri collettivi e alberghi, che è impropria. Noi abbiamo posto un limite per i centri collettivi che possono andare da un minimo di 12 a un massimo di 40 posti, in questo modo cerchiamo proprio di evitare le grandi concentrazioni e ci impegniamo per mantenere un sistema distributivo e proporzionale nei comuni del territorio. Inoltre, la prefettura quando dà in affidamento un Cas a un’associazione terza, fa dei controlli nella strutture e ascolta preventivamente l’opinione dei sindaci, proprio per evitare situazioni di tensione ed emergenza. Quindi il nostro modo di lavorare vuole essere in completa collaborazione con i primi cittadini del territorio”.

L’INFONDATA PAURA DI NUOVI ARRIVI – Un’altra problematica sollevata dal testo del bando riguardava la disposizione di 1000+300 posti in Cas, che aveva suscitato preoccupazione riguardo all’arrivo di nuovi migranti e la conseguente distribuzione “nei soliti Comuni”. Ma la situazione è diversa: “Non ci sono nuovi arrivi in programma – chiarisce il Prefetto – nel bando è indicato che questo numero è definito in via prudenziale, sulla base dei presenti e di quelli che nel biennio potrebbero eventualmente arrivare”. Dunque il primo bando di mille posti riguarda migranti che sono già presenti sul territorio di Parma, che molto probabilmente rimarranno nelle strutture dove già sono accolti; i restanti 300 nuovi posti sono solo una previsione. “Anzi, il numero degli arrivi si sta progressivamente riducendo, – continua il Prefetto – anche perché alcuni sono stati rimpatriati e altri raggiungendo la piena autonomia e integrazione nella nostra società hanno lascito i centri per trasferirsi in alloggi privati. E’ anche da segnalare che, parallelamente alla diminuzione degli arrivi, c’è anche la diminuzione di risposte positive ai richiedenti asilo da parte delle commissioni. Se prima su 100 domande almeno 60% ricevevano una qualche protezione (umanitaria o internazionale) e il 40% nulla, dal 2017 si è invertita la tendenza, con 40 domande su 100 con risposta positive e 60 con risposta negativa”.

MERITO DEL DECRETO SICUREZZA? – Se questa diminuzione sia o meno riflesso dell’entrata in vigore del Decreto Salvini, il Prefetto risponde “no, il decreto sicurezza è dell’ottobre 2018 e dunque è ancora molto presto per vedere dei risultati. Le norme contenute nel decreto saranno attuate a partire dai richiedenti asilo arrivati dopo il 4 ottobre 2018 . Il cambio di tendenza nell’accettazione delle domande è avvenuto a partire dal 2017, ed è frutto di una sentenza della Cassazione che aveva cambiato dei criteri, rendendo di fatto più rigida l’applicazione delle norme in materia di concessione di protezione umanitaria e speciale”. Se già la situazione era quella di una progressiva diminuzione delle domande accettate viene da chiedersi se l’attuazione prossima del decreto sicurezza possa far crollare ancora di più le concessioni ai richiedenti asilo. “Non penso che questo decreto faccia diminuire le risposte positive. Come sappiamo i tempi delle commissioni sono lunghissimi, ad esempio adesso stanno esaminando le domande di quelli che sono arrivati nella seconda parte del 2017. Quindi è ancora tutto da vedere.

CHE FINE FARA’ LO SPRAR E LA PROTEZIONE UMANITARIA? – Alcuni cambiamenti del Decreto sicurezza avranno già effetto a partire da questo bando, si tratta dell’abolizione della protezione umanitaria e dello Sprar. Riguardo la protezione umanitaria, che veniva applicato nel caso in cui il richiedente asilo non avesse diritto allo status di rifugiato ma vi fossero comunque “seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello stato italiano”, non ci sarà più modo di dare protezione a chi rientravano in questa categoria  a meno che non sia, come le vittime di tratta o minori non accompagnati, in particolari categorie definite dal nuovo decreto, “speciali”. Lo Sprar è diventato invece Siproimi, a cui potranno accedervi soltanto coloro che hanno ricevuto protezione internazionale o speciale, a differenza dello Sprar che poteva accettare anche una quota di richiedenti asilo. Su questo il Prefetto commenta: “Noi abbiamo sempre visto in positivo il valore degli Sprar e incoraggiavamo la loro apertura sul territorio, anche perché nei comuni dove si riescono ad aprire non viene neppure richiesta l’apertura dei Cas, in quanto la domanda è già coperta. Inoltre, nella stesura dei capitolati per dare in gestione i Cas alle associazioni, cerchiamo sempre di avvicinarci  il più possibile al metodo Sprar, applicando le stesse regole, soprattutto per quanto riguarda i servizi e la rendicontazione”.

IL CALO DEI FONDI PER LE ASSOCIAZIONI – Il decreto prevede anche correzioni dal punto di vista economico, in particolare ridurrà i fondi dedicati alle associazioni che si occupano di accoglienza sul territorio. Il bando, infatti, prevede il passaggio da 35 € al giorno a 18 € per i Cas 1, centri con unità abitative singole, mentre si passa da 35 € a 23 € per i Cas 2, cioè per i centri collettivi. Si tratta di una riduzione importante, al limite del dimezzamento, quindi è lecito chiedersi se si potrà mantenere lo stesso tenore di servizi per il futuro. “Il bando non prevede gli stessi servizi, garantisce solamente i servizi alla persona – risponde il Prefetto – Non sono più previsti l’insegnamento della lingua italiana e le attività per l’integrazione. Bisogna tenere conto però del fatto che i richiedenti asilo che sono attualmente in provincia di Parma, sono qui da almeno due anni, con l’elevato livello di servizi che noi avevamo imposto precedentemente. Quindi parliamo di persone che hanno già frequentato i corsi di lingua italiana e che hanno già svolto varie attività di integrazione, di cui si presume che abbiano già una conoscenza elementare della nostra lingua e della società”. Queste persone, secondo il Prefetto, non dovrebbero quindi affrontare problemi in questo senso.  Eventualmente – aggiunge il Prefetto – gli enti locali di Parma potrebbero avvalersi, come fanno altri comuni e regioni, dei fondi europei FAMI (fondo asilo migrazione e integrazione) per rafforzare la rete dei servizi a tutti gli stranieri, e non solamente per i richiedenti asilo, principalmente per l’insegnamento della lingua e per l’inserimento lavorativo”. Detto questo, però, rimane comunque il dubbio che questo rigoroso calo di fondi possa pregiudicare l’ottimo andamento del sistema di accoglienza della provincia di Parma, che negli ultimi anni ha rappresentato un’eccellenza italiana. Su questo il Prefetto ci tiene a specificare: “Non penso che si possano creare dei problemi in seguito alla riduzione dei fondi per le associazioni, anche perché si è lavorato molto bene in questi anni per garantire a queste persone una buona accoglienza e integrazione, oltre che a una buona collaborazione con le associazioni. D’ora in poi ci si dovrà occupare, più che altro, di migliorare i servizi per tutti gli stranieri presenti a Parma”. Ma ne valeva proprio la pena di risparmiare sull’accoglienza, dato che si tratta di un settore fondamentale? “La decisione su come risparmiare o investire i fondi è decisione del legislatore. .- risponde Forlano – Comunque io penso che si possa assicurare una prestazione dignitosa per i richiedenti asilo, nonostante questa riduzione. Il corrispettivo di per sé non determina la bontà del servizio, la bontà del servizio è determinata anche dalla bravura degli operatori“.

IL QUADRO DELL’ACCOGLIENZA A PARMA – “Noi, come ufficio territoriale del governo, – spiega ancora Forlani – stiamo gestendo, tramite associazioni terze, Cas aperti in oltre 30 comuni del parmense e in questi anni abbiamo costruito un sistema che ci viene riconosciuto come un buon modello. Il confronto coi sindaci è stato soprattutto all’inizio, tra 2015 il 2016, durante la grande emergenza migranti, ma poi dall’agosto 2017 questo arrivo è andato in calando. Il picco massimo è stato a luglio 2017 dove abbiamo toccato il massimo di 1600 migranti nel territorio di Parma. Da allora il numero di richiedenti asilo è in riduzione, adesso ce ne sono mille e probabilmente nei prossimi anni ce ne saranno ancora di meno”. In questo quadro, apparentemente tranquillo, non rientrano quei casi dove i sindaci o i cittadini si sono opposti all’apertura di centri di accoglienza, ma come sono andate le cose in quelle situazioni? Il prefetto risponde che “se non c’è un Cas in un certo comune, non è perche l’amministrazione comunale non l’ha voluto, ma è perché in quel comune nessuna associazione s’è fatta avanti. Spiego brevemente: mentre lo Sprar è di iniziativa delle amministrazioni comunali, nella provincia di Parma ce ne sono una decina; per quanto riguarda i Cas, invece, sono gli operatori che partecipando a un bando prefettizio e si prendono carico dell’accoglienza, scavalcando il sindaco”. “In ogni caso – chiarisce il prefetto – in provincia di Parma non abbiamo mai avuto esperienza di Cas che non abbiamo aperto perché il comune si è opposto, siamo sempre riusciti a trovare un accordo. A volte ci può essere solamente della preoccupazione, a volte però può capitare che si decida di non aprire un centro per via di questioni tecniche, come ad esempio per carenze nelle strutture o insufficienze gestionali nelle associazioni terze. Comunque, ribadisco, noi come ufficio territoriale del governo vogliamo operare per un’ottima convivenza tra istituzioni, associazioni e cittadini.”

Attualmente quindi non è ancora chiaro se le associazioni riusciranno a mantenere l’accoglienza su un ottimo livello. Le stesse associazioni sono a sostenere la criticità, come visto nel nostro articolo, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti di inclusione e preparazione dei migranti, ma solo il tempo ci darà le risposte. Il Prefetto, interpellato riguardo ad eventuali nuovi arrivi e a possibili problemi che potrebbero sorgere con coloro che di sicuro arriveranno ma non potranno godere di un percorso di integrazione sul territorio, non dà rassicurazioni: “Affrontiamo un problema alla volta”.

di Davide Sereni

 

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