L’ultima battaglia per il trono

IL 14 APRILE ARRIVA L'ATTESISSIMA STAGIONE FINALE DE "IL TRONO DI SPADE", LA SERIE-TV EVENTO CHE HA RIVOLUZIONATO IL MONDO DEL FANTASY DIVENENDONE IL NUOVO PUNTO DI RIFERIMENTO ASSOLUTO


Otto anni sono passati da quando facemmo la conoscenza di Stark, Lannister Targaryen e Baratheon, le famiglie allora sedotte dal potere dell’unico trono e lusingate dall’idea di governare indisturbate sui sette regni. Sono cambiati moltissimi personaggi, tra chi è emerso come nuovo e chi ci ha lasciato con più o meno dispiacere. Trame e sotto-trame si sono susseguite di stagione in stagione incalzandoci a tal punto da desiderarne di più, sempre di più. Sarebbe tuttavia inutile e fin deleterio mettersi qui a riassumere i 67 episodi precedenti ai restanti sei del season finale. Anche perché Il trono di spade oggi lo conoscono più o meno tutti, quantomeno hanno visto qualcosa su Sky o sentito parlare delle Cronache del ghiaccio e del fuoco di George R.R. Martin, la serie di romanzi alla quale è ispirato.

Eccoci dunque arrivati all’ottavo e ultimo grande ballo della serie fantasy targata HBO, la pay-tv statunitense che con la sua produzione ha trovato la gallina dalle uova d’oro. GoT (l’acronimo dell’inglese “Game of Thrones”) non è un programma qualunque, non tanto per il fatto di essere la serie più premiata e al contempo più piratata al mondo. GoT è un prodotto rivoluzionario, che tuona nel mondo del fantasy come solo un altro grande campione prima di lui, Il Signore degli Anelli, aveva fatto. La trilogia tolkeniana era il punto di riferimento del genere fantastico nei primi anni duemila, elogiata per le ambientazioni, la storia e soprattutto per le tematiche che era riuscita a portare sul grande schermo. Il rapporto tra l’uomo e la natura, l’eterno conflitto tra bene e male, i valori del coraggio, della lealtà e amicizia ma anche quelli della cupidigia, della brama di potere e delle debolezze umane. Un enorme contenitore di micro-temi ancora oggi attualissimi (non a caso quello di Tolkien è un classico della letteratura).

Il trono di spade non può essere equiparato alla grandezza degli eventi nella Terra di Mezzo, eppure li ha spodestati dal loro ruolo di punti di riferimento. Vuoi per la sua attualità, vuoi per le sue innovazioni. GoT si è evoluto ed ha evoluto come pochi si aspettavano: ha portato sul piccolo schermo scene e tematiche che non si erano mai viste. Eravamo partiti dall’incesto, ma ci siamo ben presto assuefatti al sesso ed alla violenza, desiderandone di più di anno in anno. All’inizio sembrava che il mondo medievale della serie fosse troppo povero e spoglio per far da sfondo a qualcosa di ricco e appetibile per l’intelletto. Eppure ci siamo trovati ad assistere allo sfoggio della retorica, dei dialoghi taglienti e del ben parlare, a fare i conti con quanto di più vicino all’ambito della politica possa offrire un mondo solo immaginato. È perciò appagante poter districarsi nell’intreccio, conoscere i risvolti e i secondi fini di ogni vicenda: ci fa sentire coinvolti, fa emergere l’animale politico che c’è in ognuno di noi e ci rende partecipi della lotta per il trono. GoT è il nuovo punto di riferimento del genere perché indaga sulle ombre del genere umano, tra le pieghe di quanto più spietato, violento, subdolo possiamo partorire. Non è un caso che il prodotto HBO manifesti fin troppo spesso un tono cupo, minaccioso, quasi crudele nelle storie che racconta: è quello di cui oggi l’uomo forse ha bisogno, per poter riflettere sulla propria indole e trovare di conseguenza un faro, una guida che lo aiuti a capire e superare le sue più infime debolezze. E poi Il trono di spade è un prodotto assolutamente dandy, che rimanda all’estetismo decadentista e alla ricerca del bello, dell’eleganza sopra ogni cosa. Funziona perciò maledettamente bene in una società come la nostra che si fonda sull’aspetto esteriore, sull’apparire. Mai come prima, in tv, una serie fantasy aveva raggiunto tali vette di qualità nelle immagini e nella spettacolarizzazione del girato. Ed è questo, forse soprattutto questo, che polarizza l’attenzione e calamita l’occhio dello spettatore, ammaliato dai dettagli dei draghi, dei non-morti e conquistato dalle credibili presenze fisiche on set. Un connubio, una commistione di ricerca profonda e spettacolo immediato andato via via perfezionandosi, diventando nuovo canone per un prodotto di successo: elegante ma severo, complesso eppur godibile al tempo stesso.

Valar Morghulis in valyriano, una delle lingue parlate nei sette regni, significa “Tutti gli uomini devono morire”. Qualcuno avrebbe risposto: “Sì, ma noi non siamo uomini.” E così vale per GoT, che si avvicina alla sua fine, ammesso che sia davvero la sua fine. Il 14 aprile non è mai stato così lontano.

di Rolando Dazzi

 

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