Circoncisione rituale: abuso su minori o libertà religiosa?

DOPO I RECENTI DECESSI DI NEONATI IN SEGUITO A CIRCONCISIONI RITUALI CLANDESTINE, HA ANCORA SENSO PERMETTERE QUESTA PRATICA SU NON CONSENZIENTI?

Sarò breve e circonciso“, così esordiva il deputato Davide Tripiedi (M5S) durante un suo passato intervento alla Camera, citando senza volerlo una pratica apparentemente innocua sulla quale persiste ancora oggi parecchia disinformazione: la circoncisione. Lo dimostrano i recenti casi di Genova, Reggio Emilia e Roma, dove sono morti dei neonati in seguito all’esecuzione rituale di questa pratica in casa, senza il rispetto di adeguate condizioni igienico-sanitarie. Ma anche qualora la circoncisione venga effettuata in sala chirurgica per mano di specialisti, è davvero lecito imporre un intervento simile a bambini di pochi mesi, che ovviamente non possono esprimere il loro consenso, senza che ci siano concrete ed impellenti necessità mediche? Tra chi pretende di esercitare la propria ‘libertà religiosa‘ sul corpo dei  figli e chi invece cerca di affrontare la questione da un punto di vista laico, cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.

CIRCONCISIONE: COS’E’ E QUANDO VIENE EFFETTUATA – Come si legge sul sito della Fondazione Umberto Veronesi, “La circoncisione è una metodica chirurgica che consiste nella rimozione totale o parziale del prepuzio, il lembo di pelle scorrevole che riveste il glande“.  Si tratta di una pratica dalle origini antichissime, oggi effettuata soprattutto per ragioni religiose, come rituale di passaggio ed appartenenza alla comunità, così accade ad esempio tra ebrei e musulmani. In Europa invece la circoncisione viene eseguita principalmente come trattamento chirurgico nel caso di particolari esigenze mediche, prima tra tutte la fimosi, ovvero un restringimento del prepuzio che non permette la fuoriuscita del glande. Possono esserci poi ragioni culturali, che vedono in questa pratica un modo per favorire igiene e pulizia intima, come accade negli Stati Uniti. Ma che cosa dice la scienza? Ancora non c’è una risposta univoca e la questione è dibattuta. Uno studio dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha evidenziato come la circoncisione permetta di diminuire il rischio di trasmissione del virus dell’HIV durante i rapporti sessuali, pur consigliando comunque il preservativo come mezzo di prevenzione primario. In generale si tende a pensare anche che l’assenza del prepuzio possa agevolare la pulizia intima, riducendo così il rischio di infezioni. Questo è valido soprattutto per quei paesi in cui ancora oggi persistono scarse condizioni igieniche e sanitarie, mentre sembrerebbe meno rilevante nella maggior parte dei paesi occidentali, in cui basterebbe semplicemente lavarsi con cura. In questo caso non sussistono dunque motivazioni mediche sufficienti per imporre un intervento del genere ad un neonato o ad un bambino sano, che dovrebbe invece avere la possibilità di scegliere in autonomia se circoncidersi o meno una volta raggiunta l‘età del consenso. Eppure la circoncisione rituale nei bambini, purché effettuata con i dovuti metodi, è permessa dalla legge italiana, a differenza di analoghe pratiche di mutilazione genitale effettuate sulle femmine, che in quanto più gravi nelle conseguenze psico-fisiche sono espressamente proibite. Il confine tra queste pratiche però, appare certamente sottile: Se la circoncisione rituale sui neonati è legale, fino a dove ci si può spingere nell’intervenire sul corpo di un bambino semplicemente per credenze personali? Quando si può parlare di abuso? La verità è che i presupposti per vietare l’imposizione di questa pratica sui minori ci sarebbero tutti, dalla sua irreversibilità fino ai non giustificati rischi a cui il bambino va incontro.

 

RISCHI E CASI DI CRONACA RECENTI – Anche quando effettuata in sala chirurgica da un personale medico competente, la circoncisione non è mai del tutto esente da possibili complicazioni; come in tutte le operazioni chirurgiche infatti, è bene ricordarlo, esiste un margine di rischio che non può essere ignorato. Tale rischio aumenta esponenzialmente in tutti quei casi, purtroppo frequenti, in cui la rimozione del prepuzio viene effettuata in casa e a basso costo, da individui come santoni o sedicenti medici che non hanno alcuna competenza in materia. E’ molto facile infatti che in questi casi  possano svilupparsi infezioni, dato anche il sistema immunitario tendenzialmente debole dei neonati sui quali queste pratiche vengono effettuate. Altrettanto serio il rischio di emorragie potenzialmente mortali, essendo il prepuzio una zona particolarmente irrorata di sangue, in cui la cicatrizzazione non è così immediata. I dati forniti da Amsi (Associazione Medici di Origine Straniera in Italia) e Co-mai (Comunità del Mondo Arabo in Italia) parlano di circa 11 mila circoncisioni all’anno svolte da residenti in Italia o senza permesso di soggiorno, di cui 5.000 in Italia e 6.000 nei paesi di origine. Tra quelle svolte nel nostro Paese, il 35% sarebbero clandestine, svolte a domicilio per pochi soldi. Numeri preoccupanti, che evidenziano come non si tratti semplicemente di eccezioni o casi isolati. Lo dimostrano anche i recenti casi verificatisi a poca distanza gli uni dagli altri in diverse città italiane. A Monterotondo per esempio, in Provincia di Roma, in seguito alla circoncisione clandestina di due gemellini nigeriani, uno di questi è morto mentre l’altro è stato ricoverato in condizioni gravissime; un altro bimbo di origini ghanesi è morto a Scandiano, in provincia di Reggio Emilia, per gli stessi motivi. L’ultimo caso si è verificato solo pochi giorni fa, a Genova, dove un altro neonato nigeriano di appena un mese e mezzo di vita è morto dissanguato. Preso atto di questo preoccupante fenomeno, risulta chiaro che sia necessario intervenire in un qualche modo, ma come? Anche in questo caso le opinioni in merito sono discordanti.

SENSIBILIZZAZIONE O INTERVENTO DEL SSN? – Tra le soluzioni proposte spicca quella portata avanti da Amsi, già citata in precedenza e Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri): inserire la circoncisione nei Lea (livelli essenziali di assistenza) o creare leggi specifiche che la rendano accessibile in strutture pubbliche o private a costi ridotti rispetto a quelli attuali. L’idea alla base di tale proposta è infatti che molte famiglie ricorrano alla circoncisione clandestina perché non possono permettersi di pagare le cifre richieste attualmente per eseguire tale pratica in sicurezza. Le spese della circoncisione sono infatti coperte dal sistema sanitario nazionale solamente in quei casi in cui tale pratica sia necessaria a scopi terapeutici, e non quando si tratta di motivazioni puramente ideologiche o religiose. E’ evidente in effetti che interventi chirurgici assolutamente non necessari da un punto di vista clinico, a maggior ragione se effettuati su soggetti che non possono esprimere il loro consenso, non possano e non debbano essere prerogativa del sistema sanitario pubblico, a maggior ragione in uno Stato laico come dovrebbe essere l’Italia. La priorità da perseguire è certamente quella della salute e della sicurezza dei bambini, ma bisogna chiedersi se davvero l’inserimento della circoncisione rituale nei livelli essenziali di assistenza costituisca la soluzione che tuteli maggiormente gli interessi di questi minori. Tale proposta sembrerebbe essere in effetti la più immediata per disincentivare le pericolose pratiche clandestine a favore di quelle estremamente più sicure effettuate in sala chirurgica, ma è necessario pensare anche agli effetti sul lungo termine. Se una famiglia, pur conoscendo i rischi legati a pratiche chirurgiche clandestine, decide ugualmente di mettere a rischio la vita del proprio bambino solo per risparmiare, senza che ci siano reali necessità di intervento, come si può pensare di tutelare il minore lasciandolo nelle mani di persone simili, addirittura assecondandole nel loro delirio creando, con i soldi pubbliciagevolazioni su misura che non avrebbero alcun motivo di esistere?

Nei casi invece in cui i genitori ricorrano a pratiche clandestine perché disinformati sul tema, la via da percorrere diventa quella della sensibilizzazione, evidentemente ancora non abbastanza efficace e capillare come dovrebbe essere. Nelle poche regioni in cui la circoncisione rituale è già accessibile tramite strutture pubbliche inoltre, secondo i dati UAAR (Unione Atei e Agnostici Razionalisti), questo non sembrerebbe aver diminuito in modo rilevante il fenomeno delle circoncisioni clandestine; da un lato per la presenza di ticket ancora troppo alti rispetto alle più economiche alternative domestiche e dall’altro perché alcune asl esigono di aspettare che il bambino abbia compiuto qualche anno prima di procedere con l’intervento, mentre nella maggior parte dei casi la religione impone che la circoncisione sia effettuata dopo pochi mesi dalla nascita del bambino. In ogni caso, al di là di tutte le considerazioni precedenti, bisognerebbe sempre tenere ben presente che nessun intervento di modificazione del corpo, per quanto innocuo possa sembrare, dovrebbe mai essere imposto su chi non ha la possibilità di esprimersi a riguardo. E su questo, non c’è libertà religiosa che tenga.

 

di Gabriele Sani

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