Alessandro Pedrazzi, la kick boxing ha un nuovo campione

IMPRENDITORE AGRICOLO, COACH E CAMPIONE MONDIALE, ALESSANDRO PEDRAZZI È LA NUOVA STELLA DELLA KICK BOXING

Chi non ha sempre sognato di poter prendere a calci e a pugni quel ragazzino, o ragazzina, che ci prendeva sempre in giro alle medie, o quello che ci ha rubato il fidanzato? Forse alcuni, o forse nessuno, ma una cosa è certa: davanti ai film d’azione pieni di combattimenti e di mosse ‘fighissime’, ci siamo divertiti tutti.

Ed è proprio grazie a questi film, in particolare quelli di Jean-Claude Van Damme, che Alessandro Pedrazzi, giovane maestro di Kick Boxing e neoeletto vice campione mondiale, si è appassionato al mondo delle arti marziali.

Alessandro, classe ’82, è un atleta nostrano, nato a Fidenza, risiede a Pellegrino Parmense. Il suo amore per questo sport sboccia in tenera età, ma abitando in un comune così piccolo e lontano dai centri importanti, ha dovuto aspettare la maggiore età per poterlo praticare: “Ho iniziato nel ’99/2000, in pratica quando ho preso la patente. Appena, appunto, patentato, sono corso subito in una palestra, a Fidenza. Io e altri due ragazzi, sempre di Pellegrino, abbiamo iniziato da lì.”.

Nonostante la kick boxing non fosse ancora un’arte marziale del tutto riconosciuta, Alessandro non ha avuto dubbi nel momento decisivo: “Se avessi iniziato da piccolo forse avrei iniziato col Karate, perché era più conosciuto. Invece, quando ho compiuto i 18 la kick era quella che stava spopolando ai tempi, e poi era un po’ più spettacolare”.

Oggi però questa disciplina ha fatto grandi passi in avanti e ha cominciato a segnare importanti traguardi: “Quest’anno la kick boxing è stata riconosciuta dal C.I.O (Comitato internazionale olimpico), quindi ha buone possibilità nel corso degli anni di entrare come disciplina olimpica”.

Ma questo sport è davvero così diverso dalle altre arti? Per Pedrazzi no: “Dal karate a dir la verità non è che cambi tantissimo, è un po’ una modernizzazione del karate. Infatti i vecchi maestri di quando io ho iniziato venivano tutti dal karate”.

I maestri, quelle figure misteriose che ami e odi allo stesso tempo, che ti fanno ‘mettere la cera e togliere la cera’, o che ti incitano ad essere veloce e velenoso come un cobra. Anche se il destino lo ha portato comunque a intraprendere questo percorso, il vice campione mondiale il maestro l’ha voluto sempre fare: “Il mio rammarico forse più grosso, è che negli anni buoni, per vari motivi, non ho potuto praticare l’agonismo come avrei voluto, un po’ per il lavoro, un po’ per la famiglia, allora ho preso un altro tipo di percorso, che era quello dell’insegnamento. Ma al di là di quello è un percorso che avrei fatto comunque perché secondo me è una cosa che hai dentro. Era una mia ambizione quella di arrivare un giorno ad essere maestro ed avere un corso mio”.

Ciò che però, alla fine, distingue un maestro dall’altro, sono gli obiettivi, quello che vuole lasciare ai suoi allievi: “A parte quelli fisici, che sono quelli più evidenti, l’obiettivo principale è quello del gruppo, di creare un gruppo e di cercare di far sentire a suo agio anche l’ultimo arrivato, farlo sentire inserito in un gruppo”. Nonostante non sia lui l’allenatore dei piccoli, il maestro riflette anche sul tipo di insegnamento che vorrebbe che i bambini ricevessero: “Il discorso si amplifica sui ragazzini più giovani, a cui magari puoi dare qualche base in più sull’educazione, sull’essere all’interno di una palestra che ha delle regole, il saluto all’inizio e a alla fine”.

E forse è proprio grazie a questi precetti, oltre alla preparazione tecnica, che è riuscito a costruirsi un piccolo impero di calcianti seguaci. La sua avventura è cominciata a Pellegrino, realtà piccola in cui si è dovuto creare una credibilità in mezzo a tante persone che conosceva fin da bambino, ma passo dopo passo ci è riuscito. Spostatosi successivamente a Salso, per sostituire il maestro di un altro corso, è andato incontro ad una nuova sfida, quella di insegnare a ragazzi che prima erano suoi compagni alla pari; ma anche in questo caso, il riscontro è stato più che positivo.

Due anni fa arriva però la svolta: Alessandro decide di staccarsi dalla società che egli stesso aveva fondato insieme ad altri 9 creatori, e con l’aiuto di Roberto Sorbi, socio di Alessandro e altra star di questo sport (arbitro mondiale), crea Kick Boxing 2.0. La soddisfazione più grande per Pedrazzi è stata però che “tutti i ragazzi del corso precedente mi hanno seguito”.

E come non seguire colui che sarebbe diventato il secondo miglior kick boxer al mondo? Il trentasettenne, infatti, tra il 31 ottobre e il 4 novembre dello scorso anno, a 10 anni dal suo ultimo combattimento a livello agonistico, ha disputato i campionati mondiali di Kick Boxing Wtka a Carrara: “È stato il coronamento di un sogno che ho sempre avuto sin dai primi anni, quello di arrivare in nazionale, vestire la maglia della nazionale e fare una competizione a livello mondiale”.

La finale, disputata contro un avversario ucraino, è stata piuttosto combattuta: si è giocata su di un punto, quel punto che purtroppo Alessandro non è riuscito a conquistare forse a causa di quell’influenza che lo ha colpito poche settimane prima. Tuttavia è stato un grande orgoglio per tutti, poiché è riuscito a superare i suoi limiti e a mantenere alta la bandiera italiana.

Le emozioni ovviamente sono state forti, anche lui riesce con fatica ad esprimerle: “Descriverlo non è facile…è stata una bella sensazione. È stato bello perché poi vieni catapultato in un evento che dura quattro/cinque giorni, a partire dalla sfilata delle nazionali con tutti gli inni. Poi hai tutta la suspanse dei sorteggi, contro chi andrai… poi arriva la sera prima della finale che non dormi”.

Insomma, che sia kick boxing, karate, judo o tae-kwondo, l’importante è avere grinta, forza di volontà e tanta tanta passione, ed è proprio quella che Alessandro Pedrazzi ha avuto in tutti questi anni e che lo ha portato dove è oggi.

di Beatrice Nardella

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