Noi e i cani: un problema di empatia

COME MAI PREFERIAMO I CANI ALLE PERSONE? CESARE CREMONINI CANTA UN PROBLEMA, PAUL WATZLAWICK DA' UNA POSSIBILE RISPOSTA

A novembre 2017 uscì un album di Cesare Cremonini ‘Possibili scenari’ che ha come tema principale l’empatia, lo scambio di affetto. Uno scambio che secondo Cremonini le persone tendono in questi ultimi anni ad evitare.

Parlando con un giornalista della tendenza ad affezionarsi agli animali, prima che alle persone, il cantautore gli consegnò una risposta spassosissima: “A parte che io adoro i cani, ma non è questo il problema, sopratutto il problema della canzone; non è che i cani sono visti come divinità. Io ho utilizzato in questa canzone il cane come quello che oggi vedo essere, in certi casi, cioè quasi un collante fra le persone, in alcuni casi anche il sostituto stesso delle persone. Cioè secondo me i cani ogni tanto si trovano nel difficile ruolo, secondo me anche inconsapevole, non voluto, di essere il perno di famiglie, o persino di rappresentare la possibilità per alcune persone di dirti:’ No, io con te stasera non dormo perché devo dormire col cane’. Cioè i cani hanno un ruolo, secondo me non richiesto, a volte li vedi coperti con delle cuffie, delle sciarpe, dei guantini, e ti guardano come per dire:’Ma non è colpa mia, ti giuro che è stata lei'”.

Se in questa società i rapporti tra gli umani sono ridotti forse questo è dovuto a un equivoco. Perché i possessori di animali affermano che, per esempio, i cani sono migliori delle persone perché danno più affetto?
Uno studioso di comunicazione, Paul Watzlawick, scrisse anni fa un libro ‘La realtà della realtà’ che è stato da poco ripubblicato dalla Astrolabio di Roma. In esso si analizza la straordinaria capacità percettiva degli animali, che sono in grado di percepire e interpretare correttamente piccoli movimenti muscolari (in particolare di mimica) fino a 1/5 mm, inoltre noi esseri umani emettiamo costantemente segnali di cui siamo inconsapevoli e su cui non abbiamo nessuno controllo”.
E come mai ci succede di mandare questi segnali incontrollati che gli animali percepiscono così bene? L’autore parla proprio delle questioni affettive, che “spingono noi esseri umani a scartare alcuni dei nostri atteggiamenti intellettuali, rendendoci così comprensibili all’animale”.

Dunque gli animali non sono più affettuosi degli umani, semplicemente sembrano più affettuosi di noi perché sanno leggere dalle nostre facce i nostri desideri, le nostre aspettative di affetto, che per sfortuna degli altri umani scordiamo di comunicare verbalmente. Così si spiega anche quel tragicomico sguardo canino verso Cremonini, una richiesta di pietà che il padrone non sa leggere nel suo cane: se noi abbiamo bisogno dei cani allora vuol dire che non sappiamo di avere bisogno di affetto, perché se ne fossimo consapevoli preferiremmo esprimere questo desiderio in un linguaggio di cui abbiamo padronanza, vale a dire quello verbale, non quello mimico in cui i cani sono certamente migliori di noi. E questo certamente ci spingerebbe a preferire le persone ai cani, ai gatti, a qualunque animale.

Ma a quanto pare solo nelle situazioni di pericolo ci rendiamo conto della nostra capacità di comunicare empaticamente: nel tenerissimo racconto ‘The Bear That Came For Supper’ l’autore, Robert Franklin Leslie, pescava nella regione selvaggia del Canada occidentale, quando gli si avvicinò un grande orso nero. Osserva Watzlawick: “Dal momento che Leslie è solo e disarmato, ha ogni ragione per cercare di convincere l’orso dei suoi buoni sentimenti amichevoli, sperando di ricevere in cambio un po’ di simpatia, sufficiente a salvargli la vita. Leslie si trova chiaramente in un vicolo cieco, la ragione e l’intelletto non possono aiutarlo, poiché non esiste alcuna esperienza passata che possa fornirgli una linea di condotta. In questo esempio classico di confusione creativa, libero da pensieri inutili, Leslie dà all’orso ogni trota che pesca e questi, diventato alquanto amichevole, finisce per appoggiarsi lievemente a Leslie mentre siedono insieme sulla riva del fiume. Nel giro di alcuni giorni si sviluppa gradualmente un rapporto simbiotico straordinario, che si basa per la maggior parte sui bisogni e i capricci dell’orso e sulla crescente fiducia che l’uomo possa soddisfare i suoi desideri”.

di Fabiano Naressi

1 Commento su Noi e i cani: un problema di empatia

  1. Molto interessante e la domanda successiva è: come siamo arrivati in così poco tempo a sostituire gli umani con gli animali?

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