La comunicazione politica ai tempi dei social

COM'È CAMBIATA LA COMUNICAZIONE POLITICA NELL'ERA INTERNET? NE HANNO DISCUSSO FRANCESCA SCHIANCHI, DINO AMENDUNI E MARCO DERIU. UNA PANORAMICA SU CRITICITÀ E INNOVAZIONI INTRODOTTE DAI NUOVI MEDIA


“Chi rappresenta le istituzioni deve essere sempre decoroso”. Chissà cosa penserebbe Aldo Moro dell’immagine che oggi la politica italiana dà di sé. Il processo di personalizzazione, iniziato durante la Prima Repubblica e portato all’apice da Silvio Berlusconi, l’avvento dei social media e la sempre maggiore assenza di mediazione e confronto hanno sensibilmente modificato l’identità della comunicazione politica, anche nel nostro Paese.

Questa trasformazione è stata il focus dell’incontro intitolato ‘Comunicazione politica: in che modo sta cambiando?’ organizzato da UDU (Unione degli universitari) martedì 7 Maggio al plesso di via Kennedy. Francesca Schianchi, giornalista de La Stampa e collaboratrice di Propaganda Live, ha moderato il dibattito con Dino Amenduni, socio dell’agenzia di comunicazione Proforma, e con il docente di Sociologia della comunicazione politica e ambientale dell’Università di Parma, Marco Deriu.

SOCIAL, COMUNICAZIONE E CAMBIAMENTO – L’attenzione è stata subito rivolta ai social media,  principale strumento di cambiamento nella comunicazione, non solo politica. Il diverso uso che gli amministratori fanno delle più importanti piattaforme social – Facebook, Twitter, Instagram -, crea un tipo di dialogo in cui se da un lato c’è un rapporto più diretto con il pubblico, dall’altro non si permette alcuna mediazione critica e nessun confronto. Fu Matteo Renzi, ricorda la Schianchi, il primo a eliminare la mediazione giornalistica durante un momento istituzionale: il 21 Febbraio 2014 il segretario del PD salì al Colle per presentare la lista dei ministri e l’incontro si dilungò. “Noi impazzivamo lì fuori – commenta la giornalista – cominciavamo a tormentare il portavoce di Renzi e il portavoce del Quirinale. A un certo punto arriva un tweet direttamente dalle stanze del Quirinale con scritto ‘Arrivo arrivo’. Lui per la prima volta ha desacralizzato un momento che per la Repubblica è sacro e ha saltato tutti noi […] ha parlato direttamente con i follower”.

La mancata mediazione, però, causa anche l’assenza di confronto con figure importanti come quelle degli esperti. Questi sono fondamentali sia per consigliare che per evitare spiacevoli gaffe. Come quella in cui è incappato il vicepremier Di Maio nel Settembre 2018, quando dichiarò in diretta Facebook di aver ridotto le emissioni ILVA del 20%. Affermazione pesantemente smentita dagli ambientalisti e dai fatti e che si sarebbe potuta facilmente evitare grazie al supporto di un giornalista o di un esperto in qualità di mediatore.

“Il social tende ad aiutare il narcisismo di chiunque, figuriamoci di chi per lavoro deve vendersi”: dal jingle ‘Meno male che Silvio c’è’, all’hashtag #cosedilavoro lanciato da Filippo Sensi per mostrare il backstage delle foto ufficiali di Renzi, fino a Matteo Salvini che sui social racconta per filo e per segno anche la sua digestione. Questo continuo mostrarsi rientra nella volontà di eliminare quella differenza tra ‘popolo ed élite politica’ che poco giova al rapporto con gli elettori.

Ma che cosa è davvero cambiato nel rapporto politica-cittadini con l’arrivo dei social? La giornalista sviscera una serie di criticità, tra cui la sempre maggiore presenza di ‘tifoserie’. Se è vero che l’opposizione tra fazioni è sempre storicamente esistita, questa lotta tra schieramenti viene amplificata esponenzialmente in una comunicazione, come quella social, fortemente caratterizzata da un’assenza di problematizzazione e analisi dei fatti: “Si tende, e i politici lo fanno scientemente, a creare amici e nemici. Cosa che nella comunicazione può anche funzionare, nell’avanzamento politico del Paese no”.

Anche contro una comunicazione che tende sempre più all’esclusività del web, la rivendicazione del ruolo che il giornale cartaceo può ancora avere oggi è forte. Informarsi solo sui social può lasciare importanti lacune, soprattutto perché ogni utente tende a costruirsi una bolla nella quale difficilmente c’è spazio per persone con opinioni in contrasto con le sue. Ancora una volta, quindi, il problema è l’assenza di un confronto critico. Questo, invece, si svolge ancora sulle pagine dei quotidiani generalisti, dove è possibile leggere anche opinioni discordanti. Francesca Schianchi avvisa: “Questo è quello che serve per formarsi un’opinione propria, sentirsi dar sempre ragione difficilmente aiuta”.

LE PIATTAFORME DELLE CAMPAGNE ELETTORALI 2.0 – Comunicazione politica e campagne elettorali rappresentano un sodalizio inscindibile. E se l’informazione e il rapporto tra politica e media è cambiato, anche le campagne elettorali hanno cambiato approccio. Dino Amenduni, racconta l’evoluzione del suo lavoro partendo della campagna elettorale di Nichi Vendola del 2005 per le regionali in Puglia. Candidato in una regione storicamente di destra, Nichi Vendola era dichiaratamente comunista e omosessuale e attirò su di sé molte critiche che vennero sfruttate e ribaltate negli slogan ideati da Proforma. Oggi, invece, la strategia è cambiata: se un tempo l’attività centrale era la campagna affissioni e la creazione di slogan, oggi il lavoro principale è quello di “spezzettare l’opinione pubblica e ricomporla dando a ogni mini pubblico il proprio messaggio, il proprio canale preferito […] all’interno di una strategia che sia il più coerente possibile”, afferma Amenduni.

Uso dei dati, un gruppo di lavoro reperibile 24 ore su 24 e capacità di fornire sempre più risposte nel minor tempo sono gli ingredienti di una campagna elettorale vincente: “Una scoperta abbastanza recente – spiega Amenduni –  è che la componente di rasserenamento psicologico è forse la prima cosa che viene chiesta oggi a un comunicatore politico”. Il rapporto di fiducia che si deve instaurare tra agenzia e candidato è basilare, ma soprattutto individuare quella figura capace di sollevare il candidato dalla costante pressione mediatica data dai social network.

Da non trascurare è la televisione, spesso sottovalutata in favore dei social. La TV è ancora un canale d’informazione fondamentale, che va adeguatamente seguito in una campagna elettorale che voglia rivelarsi vincente. Il dibattito televisivo, un tempo centrale, sembra aver subito un’evoluzione: Amenduni pone l’accento sull’importanza che oggi ha assunto il “minuto perfetto”, l’elemento più vincente dei dibattiti contemporanei. Ne è un esempio lo scontro avvenuto tra la Cècile Kyenge e Matteo Salvini nel 2014: quest’ultima lanciò una provocazione all’attuale ministro dell’Interno offrendogli in dono una banana e riuscendo così a risultare la vincitrice mediatica del dibattito. Non secondaria è la scelta del programma televisivo: non importa quanto, ma dove si va in TV. Il prestigio di un programma e di un conduttore potrebbero investire favorevolmente anche il candidato. Va da sé che più notorietà possiede il politico, meno ci sarà bisogno di andare in televisione.

FAKE NEWS FANTASTICHE E COME COMBATTERLE – Non può mancare nel dibattito una riflessione sul tema ‘fake news’. A questo proposito, Francesca Schianchi, rappresentante di ‘media tradizionali’, interroga Amenduni riguardo la diffusione delle fake news sui social network. L’esempio che porta è quello delle accuse all’allora presidente della Camera Laura Boldrini, che fu accusata di aver assunto sua sorella e di averle assegnato uno stipendio spropositato. La bufala si diffuse a tal punto che la diretta interessata fu costretta a smentire portando alla luce il prematuro decesso della sorella. La smentita, tuttavia, non sempre è sufficiente quando si parla di fake news sui social.

“Non penso che internet sia di per sé un luogo dove ci sono fake news più probabili che altrove. Sicuramente è più facile costruire le reti sociali: chi diffonde ha probabilmente un’idea chiara di come inocula il virus, chi subisce la disinformazione ha meno chiaro qual è la rete in cui quella disinformazione si è sviluppata”, risponde Amenduni.  Riguardo a questo tema, inoltre, ritiene che ci sia una scarsa analisi del come il destinatario elabori le bufale e del perchè il verosimile possa, in casi come questo, diventare vero. Secondo lui, esistono processi mentali, molto più emotivi che razionali e utilizzati in presenza di poche informazioni e poco tempo, che favoriscono l’assimilazione di notizie false. Basarsi sulle nozioni immediatamente a disposizione e credere a un tipo di realtà continuamente rappresentato sono meccanismi inconsapevoli che portano il singolo ad assimilare o scartare una determinata notizia falsa. L’ignoranza, spesso incolpata quando si parla di fake, sarebbe quindi meno rilevante della componente inconscia di ogni individuo. Amenduni rimarca l’aspetto dell’irrazionalità per confutare la convinzione che basti smascherare una bufala per far sì che le persone la ritengano effettivamente falsa. Il lavoro da fare sarà, in quest’ottica, molto più ‘umano’ che di fact checking: l’unica soluzione vincente sarà creare una contro-narrazione che vada ad affiancarsi in tutto e per tutto a quella falsa per costringere il lettore a compiere una scelta obbligata tra le due proposte.

LA COMUNICAZIONE: INCIAMPI E MANIPOLAZIONI – Per aumentare la credibilità di ogni racconto, poi, non va mai commesso l’errore di utilizzare il campo semantico dell’avversario. Questo, insieme al tema delle fake news, apre una finestra sul funzionamento della comunicazione dal punto di vista tematico. Il professor Deriu, intervenendo a riguardo, si sofferma sulle principali preoccupazioni che affliggono i cittadini: “Ci sono inquietudini, che stanno nascendo o si stanno sviluppando nel cuore della società, che sono molto difficili da trattare perché sono complesse, globali […] alcune di queste sono poco trattabili politicamente, sono difficili da risolvere e allora alcune di queste problematiche sono sostituite con altre più gestibili: incolumità personale, paura dell’altro, immigrazione”. Questo è possibile, continua il professore, anche a causa del rafforzamento dei soggetti che si occupano della comunicazione in contrasto con un indebolimento dei soggetti pubblici (partiti, sindacati).

Nella comunicazione politica, il rapporto tra istituzioni, mass media e cittadini può essere visto come un circolo. Il flusso comunicativo di questi tre elementi può essere positivo come negativo e influenzare quindi lo scopo principale della democrazia che, secondo Deriu, è quello di formare le menti. “Dentro questa dinamica, lo spazio pubblico si è polverizzato” perché manca non solo di dibattito pubblico tra i politici, ma anche tra le persone. La democrazia sembra essere ormai un fatto privato da godere e condividere solo negli spazi social autopersonalizzati. Anche il tempo pubblico, non solo lo spazio, risulta modificato. I tempi sono accelerati, le tecnologie comunicative obbligano a una onnipresenza frenetica che non produce un bene pubblico, ma logora e crea distrazione tramite il costante aumento di stimoli.

La comunicazione politica tende anche a esporre problemi senza analizzarne il contesto, creando così una sorta di manipolazione. Una delle principali tematiche oggetto di manipolazione è quella climatica. Sono da poco stati pubblicati i dati riguardanti la componente migratoria legata al cambiamento climatico: la Banca mondiale ha stimato che entro il 2050 potrebbero essere 143 milioni le persone che emigrano a causa dei problemi legati al clima. Il ministro dell’Interno, in merito alla questione, ha dimostrato di poter ignorare il problema e di poter leggere la notizia a suo piacimento.

Qualcosa di simile è avvenuto anche con Greta Thunberg in visita da Papa Francesco. Definita come ‘rompiballe’ dal quotidiano Libero, l’esempio dell’attivista svedese dimostra come le trasformazioni di linguaggio e di attitudine vadano al di là della semplice comunicazione politica. Non tutto è perduto, però, e un’àncora, se non di salvezza almeno di speranza, viene lanciata proprio dal professor Deriu: “Ho la sensazione che questa politica spettrale, questa politica della paura non possa durare all’infinito”.

di Bianca Trombelli

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