Decalogo della sostenibilità: spassosi consigli per diventarne campioni

L'ULTIMO DEI 4 APPROFONDIMENTI A TEMA CAMBIAMENTO CLIMATICO: LA SOSTENIBILITA' E' UNA SCELTA

Se la più grande battaglia del nostro tempo è quella climatica, l’unico modo per vincerla è diventare dei veri “soldati della sostenibilità”. E se da una parte, protestare e fare richieste alla politica può portare a svolte storiche come l’attuale stato di emergenza climatica dichiarato da Gran Bretagna e Irlanda dopo le proteste del movimento Extinction Rebellion, dall’altra è nelle scelte personali che sta la vera rivoluzione.

Ecco perché, qui di seguito, sono elencati una serie di punti, suggerimenti e consigli per nulla scontati, da mettere in atto per essere dei veri “campioni della sostenibilità”.

  1. Usa il sapone solido. Quando da bambini andavamo a casa della nonna e in bagno non ci trovavamo il flacone in plastica col sapone ma la saponetta che ci scivolava via dalle mani, ci chiedevamo il perché di quella scelta così poco comoda. Ora quel flacone in plastica probabilmente è disperso in chissà quale delle isole di plastica negli oceani, ma la saponetta della nonna è ancora lì, eterna. Volete davvero essere meno sostenibili della nonna?
  2. e le bottiglie in vetro. Dopo esserci lavati le mani imprecando per la saponetta ballerina, ci sedevamo a tavola e l’acqua dovevamo versarla da quelle pesantissime bottiglie in vetro che richiedevano uno sforzo immane per essere utilizzate. Oggi, quella leggerissima plastica non sappiamo più dove metterla, mentre quelle bottiglie di vetro continuano a spassarsela in frigorifero.
  3. o una caraffa per depurare. La nonna probabilmente andava a riempire le sue bottiglie alla fontana del quartiere, o molto più probabilmente utilizzava l’acqua del rubinetto. I nostri viziati tempi ci hanno portato a pensare – sbagliando – che quest’acqua non sia sana, che anzi non faccia bene. Si tratta di una convinzione errata, ma anche per i più scettici la soluzione c’è: ormai da qualche tempo è in commercio una caraffa a filtri per l’acqua del rubinetto che consente di evitare comodamente l’acquisto di enormi e pesantissime casse d’acqua. Si tratta di un investimento davvero redditizio, del quale vi ringrazierà non solo il vostro portafogli ma anche la vostra schiena. Provare per credere.
  4. Non tutta la plastica è plastica. Uno dei maggiori problemi del differenziare la plastica è che, proprio come nel caso delle bottiglie, questa richiede tantissimo spazio. Eppure, in pochi sanno che le alternative alla plastica ci sono e sono tante. Da qualche anno, ormai, quando parliamo di plastica, che si tratti di contenitori o anche semplici (ma dannatamente eterne) buste, possiamo anche non parlare di plastica. Se la plastica può essere polietilene, polistirene, PET, PVC, la non plastica (anche detta bioplastica) può derivare da materie prime rinnovabili o può essere biodegradabile o avere entrambe le caratteristiche. Ad esempio la Mater-bi, la plastica che nei super mercati è utilizzata per i sacchetti per la frutta. Si tratta di bioplastica derivante dall’amido di mais, ricavata partendo dal granoturco che, diversamente dai normali sacchetti ha un tempo di biodegradazione pari a 80 giorni. Un’inezia se si pensa ai 100/400 anni richiesti per la degradazione di quella comune. È interessante sottolineare che queste risultano essere degli ottimi concimi e che, alcune fra le case di produzione hanno creato delle Bio—bottle, delle bottiglie in bioplastica che si biodegrada in pochissimo tempo, così come dei bio-contenitori. Un’alternativa per tantissimi usi.
  5. Etichette compostabili. I più attenti a differenziare, si trovano spesso a notare che nonostante si utilizzi i sacchetti biodegradabili per la frutta nei supermercati, ci si deve poi appiccicare l’etichetta in carta chimica che ne impedisce il corretto riciclo. Alcuni grandi marchi di supermercato, quindi, hanno ben pensato di utilizzare la carta compostabile per le loro etichette, se non addirittura la scelta di pesare direttamente in cassa il prodotto. E se è vero com’è vero che per salvare il mondo si deve cominciare dalla spesa, noi stessi possiamo scegliere di farlo andando a rifornirci in quei centri dove la dicitura “etichetta compostabile” e ben evidente appena stampata dalla bilancia.
  6. Spazzolini in bambù. E a proposito di compostabile, la nuova frontiera della sostenibilità è rappresentata dagli spazzolini in bambù, totalmente biodegradabili (da gettare quindi nel sacchetto dell’umido) fatta eccezione per le setole da indifferenziata. Oltre a non produrre più plastica con degli spazzolini a cui si cerca di conferire la vita eterna utilizzandoli per un tempo infinito, potrete dilettarvi nel divertente passatempo di rimozione delle setole. Un antistress fortemente consigliato mentre si cerca di rimanere calmi leggendo i titoli di Libero.
  7. L’etichetta del dentifricio. Risolto il problema dello spazzolino, ora, occupiamoci del dentifricio. La più parte di quelli in commercio, sul retro reca l’indicazione dell’indifferenziata. Facendo attenzione, però, ci si potrebbe facilmente imbattere in alcuni brand che hanno deciso di investire in tubetti totalmente in plastica riciclabile che, se non elimina il problema, quantomeno lo riduce. Eppure, la possibilità di eliminare il tubetto del dentifricio c’è. Sempre per la rubrica “forse non tutti sanno che”, il dentifricio potrebbe essere prodotto molto facilmente nell’industria del fai da te. Bicarbonato di sodio, argilla verde o bianca, sale, gel d’aloe ed erbe aromatiche. Bastano pochissimi ingredienti per realizzare in casa un dentifricio ecologico e non inquinante.

7 bis. Le etichette. La questione delle etichette merita un approfondimento a sé stante. Tanti dei prodotti che utilizziamo quotidianamente e che crediamo possano essere gettati nella plastica o nella carta al termine del loro utilizzo, in realtà non dovrebbero finire lì. Due esempi su tutti: il formaggio grattugiato o i crostini da tavola. Tanti dei marchi capitalizzano la loro convenienza sul fatto che il pakaging di questi prodotti sia fatto di materiale non riciclabile, destinato quindi alla raccolta indifferenziata. Ce ne sono alcuni però, che a un costo leggermente superiore utilizzano contenitori fatti totalmente in plastica o, ancora meglio, in carta. Leggere la destinazione finale del prodotto che stiamo acquistando, può essere spesso una buona pista da seguire nel tentativo di fare una “spesa sostenibile”.

  1. Friend of the sea. Nella dieta di un buon studente, probabilmente c’è un solo alimento che in dispensa non dovrebbe mai mancare: il tonno. Se, come detto in precedenza, la sostenibilità non è tale se non sposa anche la questione etica, comprando il tonno dovremmo metterci alla ricerca del bollino recante la scritta “Friend of the sea”. Si tratta di un progetto per la certificazione e promozione di prodotti ittici da pescherie sostenibili e acquacoltura sostenibile che solo alcuni tra i marchi italiani di grandi catene hanno sposato. Questo, ed è un dettaglio importante, non inficia direttamente sui costi del prodotto, ma ne certifica la qualità.
  2. Guppy friend. Il messaggio che quasi mai arriva quando si parla di acquacoltura sostenibile è che questa è diventata una necessità dettata dall’immensa quantità di plastica che nel corso degli anni l’uomo ha riversato nei mari e negli oceani. E oltre che a causa della non differenziazione dei rifiuti, quella plastica che ha radicalmente cambiato gli equilibri della fauna marina ci è arrivata anche dalle nostre lavatrici. Già, perché per quanto questo collegamento possa apparire indiretto, nei fatti non lo è. Quando laviamo i nostri indumenti, specialmente quelli legati alla fastfashion, non ci rendiamo conto della quantità di microplastiche che con quel gesto abbiamo regalato agli oceani, destinati per ironia della sorte a finire poi nel pesce che mangiamo. La soluzione a tutto questo si chiama “Guppy friend”. Si tratta di un sacchetto per lavatrice diventato la prima soluzione pragmatica a livello mondiale per il filtraggio di microframmenti di fibre sintetiche che si staccano durante il normale lavaggio in lavatrice da ogni indumento con percentuali di materiale plastico. Il suo funzionamento è tanto semplice quanto proficuo. Semplicemente, appena prima del lavaggio, gli indumenti vanno posti nel sacchetto e infilati con questo nella lavatrice, e durante l’operazione le mircoplastiche contenute negli abiti si depositeranno nei sacchetti. Anche in questo caso, si tratta di un investimento, una spesa che però ci permette davvero di essere concretamente più sostenibili.
  3. Conscious fashion. In ultimo, è necessario tornare a parlare di moda. Alcuni brand molto famosi hanno creato delle linee ad hoc per quei consumatori che vogliono cercare di essere il più sostenibili ed etici possibili nella loro spesa. Facendo una banale ricerca online se ne trovano i maggiori, ma approfondendola ci si potrebbe tranquillamente imbattere in marchi che sono nati proprio con l’intento di essere sostenibili, utilizzare materiale riciclato ma sempre nel massimo rispetto dell’etica. O, in ultimo, ci sono i mercatini dell’usato, la vera caccia al tesoro del consumatore sostenibile che, tornando nella casa della nonna da cui è partito questo list article potrebbe non difficilmente imbattersi nel maglione anni ’90 che lo zio aveva dimenticato nel cassetto.

Ps. Tutte le informazioni presenti in questo articolo sono state ricercato per mezzo di “Ecosia”, il browser sostenibile. Si tratta di un gemello dei più comuni motori di ricerca che però ha la particolarità di consentire di piantare un albero circa ogni 45 ricerche fatte. Non ha controindicazioni, se non la mancanza dei link sponsorizzati da google ad ogni ricerca fatta.

 

di Pasquale Ancona

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