Chiamata alle urne: 5 profili dell’elettore italiano

QUANDO LE ELEZIONI ELETTORALI CHIAMANO, IL CITTADINO RISPONDE. MA COSA SIGNIFICA VOTARE OGGI? ECCO ALCUNI MODELLI TIPO DELL'ELETTORE ITALIANO.

Foto di riccardo f.m. / Flickr

Rieccoci: il 26 maggio, in occasione delle elezioni europee, gli italiani voteranno i propri rappresentanti al Parlamento europeo. Detto in altre parole, milioni di cittadini dovranno spremersi il cervello per capire quale partito è meritevole del proprio voto. Si, perché quando la qualità e la credibilità dei candidati è mediocre, se non scarsa, votare può implicare qualche difficoltà per gli elettori. Certo, non per tutti è così. Alcuni disegnano quella croce sul simbolo di partito con convinta fermezza. Per altri, tuttavia, la stessa decisione implica un impegnato calcolo costi-benefici, un’accurata ponderazione delle variabili, una soppesata valutazione delle alternative. Ecco allora che, in base alla strategia di voto, si possono identificare alcuni diversi profili dell’elettore italiano:

1- Il sostenitore incallito: crede di avere con il proprio leader un rapporto simmetrico, basato su una presunta vicinanza social-culturale. Non è un semplice elettore, ma un amico, un fan, il seguace numero uno. Ne appoggia incondizionatamente le scelte politiche, ubriacandosi di ogni sua parola.

2- Il fin che morte non ci separi: solitamente rappresentato dai più anziani, questo tipo di elettore ha giurato fedeltà al partito della propria gioventù, di cui rimpiange i giorni gloriosi, ma al quale non nega un voto nostalgico.

3- Il supporter dei perdenti: è l’elettore più coraggioso. Pur consapevole che il proprio voto sarà inutile e che il partito da lui designato non avrà alcuna possibilità di vincere, egli segue comunque il suo cuore. Questo elettore crede che, con il proprio voto, contribuirà – quantomeno – a superare la soglia di sbarramento. Rifiuta, dunque, qualunque scelta opportunista verso candidanti con possibilità ben più ottimistiche.

4- L’uomo del cambiamento: ex elettore deluso dagli impegni mancati dei partiti tradizionali. Chiede aria fresca, un rinnovato linguaggio politico ed è pronto a sostenere con grande ottimismo nascenti esperienze partitiche.

5- Il cittadino rassegnato: è l’elettore del ‘meno peggio’, arreso alla decadenza della politica. È l’elettore che non si sente rappresentato da alcuna formazione politica, ma non volendo rinunciare al proprio status di elettore, vota per ‘il male minore’.

Quest’ultima categoria è forse quella dal volto più allarmista perchè fa presagire una sconfitta del sistema democratico. In realtà, in un articolo del Post, Roberto Tallarita sostiene che il ‘meno peggio’ sia “l’unica scelta possibile”. Secondo il giornalista, infatti, ogni voto dovrebbe tendere alla scelta del migliore, ma ciò che si manifesta all’elettore come the best choice, automaticamente costituisce anche l’opzione ‘meno peggio’. Ad esempio, partendo dal presupposto che qualcuno sarà eletto in ogni caso, il ‘cittadino rassegnato’ non vota per convinzione, ma nella speranza di evitare che il peggiore vinca. Allo stesso modo fa ogni altro cittadino.

«Quando scegliete l’astensione o il voto simbolico, esattamente come quando scegliete un candidato che può vincere, c’è una sola cosa di cui volete assicurarvi: che si tratti del meno peggio». Pur condividendo la posizione di Tallarita, credo però che i cittadini, nel perseguire la logica del ‘meno peggio’, non siano realmente consapevoli di star votando il ‘migliore’, quanto piuttosto ‘il migliore tra i peggiori’. Il sentimento comune è quindi uno spirito di rassegnazione ad una classe politica deludente.

La politica ha perso il contatto con il reale e non è più riuscita a parlare con il proprio elettorato, lasciando libero il campo. Proprio a partire dal quel vuoto, nuove forze politiche hanno cominciato a guadagnare consenso inventando un nuovo linguaggio della politica. Questo è stato svuotato della sua istituzionalità, per essere semplice, istantaneo e d’impatto. Lo scopo non è solo più quello di comunicare, ma anche e soprattutto di guadagnare consensi attraverso discordi costruiti e slogan. «Oggi la democrazia non è più naturale, ma è diventata un talent elettorale in cui uno vince e l’altro si gratta» ha commentato Enrico Mentana, ospite al Festival Internazionale di Giornalismo 2019.

Di fronte a questi cambiamenti, votare il ‘meno peggio’è l’unica alternativa per buona parte dell’elettorato che tuttavia non vuole rinunciare al proprio status di elettore. Ovviamente, vanno citati anche quei cittadini che, per disinteresse o sfiducia, hanno deciso di mettere via la tessera elettorale. Su questi non intendo avanzare alcun giudizio. Credo, tuttavia, che disinteressarsi  alla vita pubblica del proprio Paese implichi anche perdere il diritto a lamentarsene.

di Martina Santi

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