Caso doping: 4 anni di squalifica per Re Magno

FILIPPO MAGNINI, CONDANNATO IN SECONDO GRADO PER TENTATO USO DI SOSTANZE DOPANTI, RACCONTA FINALMENTE LA SUA VERITA’.

“Non sono un pedofilo né un delinquente, ma mi hanno trattato come tale”. L’ex capitano della nazionale di nuoto, Filippo Magnini, è stato condannato il 14 Maggio a 4 anni di squalifica dalle competizioni dal Tribunale nazionale Antidoping 2, confermando la sentenza in primo grado dello scorso 6 novembre della giustizia sportiva.

Il procedimento inizia nel maggio del 2017 e coinvolge il due volte campione del mondo nei 100 stile libero in un processo che lo ritiene responsabile del tentato uso di sostanze dopanti, assieme al collega di vasca Michele Santucci, condannato anche lui in primo grado, ma assolto in appello.

Assolti dalla giustizia ordinaria, il Tna ha invece ritenuto responsabile Magnini, chiedendo una squalifica di 8 anni, dimezzati poi in sede di giudizio, che recentemente ha rilasciato le prime dichiarazioni affermando di chiedersi ancora oggi, dopo due anni, il perché di un tale accanimento nei suoi confronti: “La procura ordinaria di Pesaro in sede penale ha aperto un procedimento, senza ravvisare da parte mia alcuna violazione – dice Magnini – i pubblici ministeri hanno ascoltato quello che dicevo e mi hanno pedinato per otto mesi, concludendo che non avevo fatto niente di niente. Non si capisce come la giustizia sportiva, partendo dagli stessi dati, possa essere arrivata a conclusioni tanto diverse”.

Queste le prime dichiarazioni del ‘Re Magno’ d’Italia, soprannome che lo ha reso uno dei più grandi atleti del mondo natatorio: promotore e immagine del movimento I AM DOPING FREE, 27 anni di totale dedizione al nuoto, 15 lunghi anni di brillante carriera in nazionale, emblema ed esempio nello sport, si oppone ancora una volta alla sentenza, dichiarando ti voler fare ricorso al Tas, il Tribunale Arbitrale internazionale dello sport.

La vicenda nasce dal coinvolgimento del nuotatore nell’inchiesta giudiziaria che vede protagonisti il medico pesarese ed ex nutrizionista dell’atleta, Guido Porcellini, condannato dalla giustizia sportiva a 30 anni di squalifica, e l’amico e collaboratore Antonio De Grandis, nel mirino dei Nas per presunto traffico di sostanze dopanti provenienti dall’estero, sostanze destinate secondo la Procura a diversi atleti, tra i quali figurava anche il nome di Magnini. Dopo otto mesi di intercettazioni e pedinamenti, i pm ritengono estraneo ai fatti l’atleta, come anche il collega Santucci, assolvendoli dall’accusa e ribadendo che non vi fosse alcuna prova di una loro assunzione di sostanze dopanti.

Caso chiuso dalla giustizia ordinaria, ma non per quella sportiva, che ha ritenuto sufficiente il materiale per mettere sotto accusa per doping Magnini e Santucci. Materiale che l’atleta spiega bene essere basato solo su supposizioni e congetture e ribadisce, fedele alla sua versione dei fatti, di non aver mai preso sostanze dopanti da Porcellini, né tanto meno di averne ricevute, ma di aver fatto uso di integratori, normali e plus. La contestazione del pm parte però dalle intercettazioni in cui si ritiene che l’atleta stesse utilizzando parole in codice; la risposta di Magnini sostiene chiaramente che “quando si parla di funghi, sono funghi per davvero, così come gli integratori sono davvero quelli e anche gli esercizi alla spalla sono esercizi alla spalla”. Aggiunge poi che l’accusa ha preso in considerazione solo una parte delle intercettazioni, eliminando quelle in cui è evidente che di illecito non ci fosse nulla.

“Sono stati i due anni più brutti della mia vita” dichiara Filippo durante la conferenza stampa da lui stesso indetta per poter finalmente raccontare la sua verità: accanimento e forzatura dei fatti, rammarico e delusione nei confronti del Coni e del suo presidente, Giovanni Malagò, che non sembrano aver speso alcun interesse nei confronti di una colonna portante del mondo del nuoto come Magnini; “arrabbiato”, come lui stesso afferma, per l’impreparazione della procura sportiva, per “l’incompetenza delle persone che indagano sugli sportivi e che non sanno nulla di sport professionistico”. Aggiunge, riferendosi al Procuratore anti-doping di Nado Italia, Pierfilippo Laviani, che “il procuratore Laviani mi ha detto a processo sbattendo i pugni sul tavolo: ‘Basta, ormai è una questione personale’ – e continua dichiarando – “Non ci sono prove, anzi le prove dimostrano il contrario. Faremo sicuramente ricorso. Pensare che un procuratore, al quale è stato dato pieno potere, possa agire con queste parole senza alcuna ripercussione, fossi il Coni mi arrabbierei parecchio”. E ancora: “Una sentenza già scritta – assicura ai giornalisti Magnini – Ho pensato di tutto, che il mio movimento I AM DOPING FREE possa aver dato fastidio a qualcuno, che io potessi essere una pedina per colpire qualcuno più importante”.

Non ci sono risposte chiare, solo supposizioni, domande a cui non sa dare una vera risposta, come quale fosse la sostanza incriminante che avrebbero pensato di assumere lui e Santucci. “Noi, procura, pensiamo che voi avete pensato di fare ma non lo avete fatto’ e non si parla di nessuna sostanza specifica”, afferma il pesarese. “Noi ad oggi non sappiamo per quale tentativo di uso di sostanza siamo accusati. Sarei stato arrabbiato anche per un giorno, figuriamoci per quattro anni. Ci sono atleti che hanno preso due anni dopo essere stati trovati positivi”.

Dunque nessuna certezza in proposito. Ancora una volta, solo ipotesi.

Determinante il sostegno avuto della famiglia e dalla fidanzata, la showgirl Giorgia Palmas, ma anche dagli amici e colleghi del nuoto italiano, schieratisi pubblicamente al fianco dell’ex campione, nomi come Dotto, Paltrinieri, Detti, Martinenghi, come anche da atleti internazionali, e dalla Federazione Italiana Nuoto: “la federazione a dir la verità ha fatto subito un comunicato stampa e dopo il primo grado più volte ha ribadito di essere totalmente al fianco dei ragazzi che conosce e comunque sanno determinati meccanismi. Poi però si è limitato a questo”.

Continuare a lottare per non render vano un progetto al quale ha dato tutto il suo impegno e la sua anima, ma dichiara che ricorrere al Tas sarebbe un ulteriore ed ingente impegno economico, considerata l’incertezza che la vicenda comporta.

La prossima udienza avrà luogo il 3 luglio per ascoltare l’ultimo testimone citato dalla difesa, il fisioterapista di Perugia Emilio Farnetani, nel cui laboratorio Magnini avrebbe dovuto testare i suddetti prodotti illeciti di Porcellini, integratori secondo le dichiarazioni di Magnini. Seguirà poi la sentenza.

“Ti ho insegnato che fino all’ultima bracciata non si è sconfitti. E che nessun avversario e così lontano da non poter essere preso. Non continui perché costa? Hai guadagnato, non tanto quanto meritavi forse, ma hai guadagnato abbastanza per continuare. Perché io ti conosco e so che se non lo farai, ogni giorno che vedrai la tua faccia sullo specchio ti girerai dall’altra parte. I soldi vanno e vengono, l’onore è uno solo. Se li avessi te li darei io. Ma non mollare, ragazzo mio, non te lo perdoneresti mai”.

(Claudio Rossetto, primo allenatore di Filippo Magnini e tecnico federale, settore velocisti della FIN, sul suo profilo Instagram).

di Giulia Palazzo

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