Studiare la pace, Unipr sposa il Progetto Jean Monnet

DA QUEST'ANNO UN CORSO FINANZIATO DALL'UNIONE EUROPEA PER PARLARE DI PIU' EUROPA E PACE

 

L’Università di Parma ancora una volta si dimostra sensibile alla ‘terza missione’ e porta a casa un altro successo che innalza il proprio prestigio a livello internazionale: l’Unione Europea ha approvato e finanzierà il progetto ‘Jean Monnet B4 peace’ stilato dal docente di Scienze Politiche dell’ateneo, Emanuele Castelli. Il team dell’Università si dimostra sensibile al tema della pace, dell’innovazione e integrazione in Europa in un periodo storico cruciale come questo, e ampliando l’offerta formativa degli studenti.

“Elaborare un progetto Jean Monnet richiede tempo e pazienza, – spiega il professor Castelli – ma è sicuramente fattibile se si lavora con le persone giuste. Grazie alla collaborazione di tutti i docenti coinvolti, e al sostegno fondamentale della U.O. Internazionalizzazione dell’Ateneo, diretta dal Dott. Bernazzoli, siamo riusciti a scrivere il progetto in meno di un mese”.

L’approvazione del progetto è di per sé un elemento positivo, anche nella prospettiva dell’internazionalizzazione delle attività. Come infatti ha affermato il professor Giacomo Degli Antoni, presidente dei corsi di laurea di Scienze Politiche: “Già al termine di questo anno accademico si potrà trarre un primo bilancio in termini di partecipazione da parte degli studenti e di successo delle iniziative che saranno realizzate parallelamente alle lezioni, quali conferenze e incontri rivolti alla cittadinanza. Mi sembra, tuttavia – continua Degli Antoni – che si possa dire che le attività proposte rappresentano una preziosa opportunità offerta agli studenti per arricchire il loro percorso formativo e per essere guidati da esperti nell’analizzare un tema complesso e multidisciplinare come quello della pace”.

IL PROGETTO JEAN MONNET – Il progetto prevede l’istituzione di un insegnamento sull’approccio europeo alla pace, sia nella sua accezione interna – il welfare state come strumento di attenuazione dei conflitti sociali – sia nella sua dimensione esterna, ossia la promozione di pace e democrazia come obiettivo di politica estera dell’UE: in questi due ambiti verranno anche affrontati temi di attualità per l’Europa, come quello delle migrazioni e del rispetto dei Diritti Umani.

Una così ampia offerta deve essere gestita da un team altrettanto esperto ed eclettico: dieci docenti si occuperanno della formazione degli studenti in campo politologico, giuridico, economico e sociologico. “L’insegnamento coinvolge, oltre al sottoscritto, – spiega Castelli –  quattro docenti del Dipartimento (Laura Pineschi, Vincenza Pellegrino, Elena Carpanelli e Giacomo Degli Antoni) e cinque di altri atenei (Chiara Marchetti e Elena Fontanari, che insegnano Sociologia all’Università di Milano; Marco Faillo, che è Professore Associato di Economia all’Università di Trento; Enrico Fassi, Ricercatore in Scienza Politica all’Università Cattolica di Milano e Andrea Spagnolo, Ricercatore in Diritto Internazionale all’Università di Torino). In quanto responsabile del Progetto, sarà mia cura gestire l’organizzazione di tutte le attività e la verifica finale delle competenze acquisite”, specifica Castelli.

Il progetto è composto da una parte introduttiva teorica, una di laboratorio e una di approfondimento con seminari provenienti da persone di altri atenei. Proprio per la sua multidisciplinarità è stato inserito come materia a scelta (da 8 cfu) nell’offerta formativa del corso di scienze politiche e partirà nel secondo semestre, per gli studenti di qualsiasi anno accademico. Sono inoltre previsti seminari, workshop e conferenze sul tema della pace in Europa

LA PACE IN UE –  Nonostante la fondazione di un’Europa unita ci abbia fruttato sessant’anni di pace e di benessere, spesso ce ne dimentichiamo, mossi dalle parole di movimenti populisti e separatisti. Secondo il docente Castelli, la strada per essere più europeisti è solo una: “Investire più sui giovani e sulla conoscenza. Informazione, educazione e conoscenza giocano un ruolo chiave in un momento storico in cui le sfide che dobbiamo affrontare (gestione delle migrazioni, tutela dell’ambiente, barriere al commercio internazionale) hanno una dimensione globale. Nessuno Stato riuscirebbe a risolvere questi problemi da solo. Ecco perché serve un’Europa sempre più unita. Ecco perché gli italiani dovrebbero essere maggiormente informati sui numerosi privilegi che ci garantisce il fatto di essere cittadini europei”.

“Il tema della pace sembra meritare più attenzione di quella che oggi talvolta riceve – continua Giacomo Degli Antoni – In particolare, è importante che la pace non sia data per scontata dai cittadini UE. Le attività previste nel progetto mirano a spiegare (storicamente e teoricamente) le cause della pace in Europa, a esplorare in modo analitico i modi in cui può essere mantenuta e migliorata; ad ampliare il dibattito sulla pace europea e sull’applicabilità del modello dell’Unione Europea ad altre regioni, soprattutto se caratterizzate da tensioni e conflitti”.

PERCHÉ UN CORSO UNIVERSITARIO? – Il progetto Jean Monnet nel suo piccolo punta a questo: arricchire l’offerta formativa con un insegnamento che possa risultare innovativo, nei temi e nei metodi didattici. Ma perché un corso universitario? “Nell’Università italiana, molto spesso, sia la ricerca che la didattica avvengono all’interno di campi disciplinari separati, e gli studiosi che operano in questi campi sono impegnati ad analizzare magari proprio lo stesso tema con il proprio metodo e le proprie categorie analitiche. Se, da una parte, questo consente l’approfondimento e la crescita della conoscenza specialistica, dall’altro può impedire lo scambio e la collaborazione tra discipline diverse, soprattutto in ambiti multidisciplinari” spiega Castelli. “È per questo che abbiamo scelto di istituire questo insegnamento proprio a Scienze Politiche, un corso per sua natura multidisciplinare: per discutere del tema della pace coinvolgendo studiosi di ambiti diversi. A sua volta, la collaborazione di docenti afferenti a diversi settori scientifico-disciplinari sulla didattica potrà generare un impatto anche sulla ricerca nel campo degli Studi sulla pace. Il Centro Studi in Affari Europei e Internazionali (CSEIA), che la Prof. Pineschi dirige all’interno dell’Ateneo, rappresenta lo sbocco naturale per tali attività di ricerca”.

L’EACEA (l’Agenzia UE che si occupa di istruzione e cultura) ha valutato positivamente la proposta proprio per la formazione bidirezionale – sulla coesione sociale e sulla missione di politica estera – che darà agli studenti. Settori nei quali l’UE è all’avanguardia rispetto ad altri Paesi, ma su cui comunque deve lavorare in funzione delle classi dirigenti future. Tuttavia non è la prima volta che Parma si dimostra sensibile a questi temi internazionali. Come ricorda il professor Castelli, “esiste già una Scuola Europea e, in collaborazione con l’Ateneo, il Collegio Europeo di Parma che offre sia un Diploma Avanzato che un Master Universitario in Studi Europei per chi è interessato a una possibile carriera all’interno dell’Unione. Come abbiamo scritto nella proposta, il modulo Jean Monnet intende proprio fare da trait d’union tra queste due realtà interessanti già presenti sul territorio”.

MA QUALE FUTURO PER L’EUROPA? – “Il futuro dell’Europa – sostiene il professor Castelli – è oggi più incerto che mai. Ma gli stessi padri fondatori dell’Europa (tra cui Robert Schuman, Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer e, appunto, Jean Monnet) erano del resto consapevoli che l’Europa non sarebbe diventata unita tutta in una volta. L’Europa oggi va riformata, questo è certo; ma non distrutta, né svuotata dei suoi poteri. L’orizzonte su cui ci dobbiamo muovere è sempre più quello europeo. Non tutti oggi condividono questa posizione ma, dato che per natura sono ottimista, penso che prima o poi chi pensa che sia necessario un ritorno agli Stati nazionali dovrà ricredersi”.

Negli ultimi anni Brexit e terrorismo hanno creato una crisi di fiducia nei confronti delle istituzioni europee. E’ necessario, pertanto, mantenere saldo il legame tra gli Stati. Ma come fare? “Esistono innumerevoli aspetti da considerare: le possibili politiche da mettere in atto, gli scenari mutevoli e variabili, l’atteggiamento dei paesi del gruppo di Visegrad, le elezioni politiche nei paesi membri, per non considerare il contesto internazionale. – commenta Castelli – Sicuramente puntare sul Welfare State e sulle politiche di inclusione è una strategia promettente, ma purtroppo si tratta di due aree che, ad oggi, sono principalmente gestite dagli Stati membri (e non dall’Unione Europea). Quindi, ci vorrebbe da parte di questi la volontà politica e lo spirito di coesione per farlo”.

di Laura Storchi e Mattia Celio

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