L’immigrazione ai tempi delle fake news

GLI STUDENTI UNIPR ORGANIZZANO UN WORKSHOP SU FAKE NEWS E FENOMENO MIGRATORIO

“Siamo sempre lo straniero di qualcun altro. Imparare a vivere insieme è lottare contro il razzismo”

Riprendendo le parole dello scrittore marocchino, Tahar Ben Jelloun, questo è il motto che dà carattere al progetto  Fake news, real people. L’idea nasce quest’anno da un gruppo di studenti UNIPR di comunicazione. Preoccupati dai danni arrecati dalla disinformazione nel dibattito pubblico, gli studenti combattono una battaglia civile  lungimirante che ha lo scopo di sostenere una sana divulgazione in materia di immigrazione. Questo obiettivo si concretizza nell’organizzazione di conferenze con esperti in materia, street game – giochi a tappe realizzati in un contesto urbano –  e momenti di aggregazione.

Il 24 ottobre gli studenti del progetto Fake news, real people hanno tenuto in via Kennedy un workshop sulle fake e il fenomeno migratorio. A moderare l’evento è stato Giancarlo Anello, docente di Intercultura e pluralismo istituzionale. Tra i relatori alla conferenza: Fabio Landini, docente di Economia della globalizzazione; Alex Orlowski, Digital Strategist; Simone Baldetti, dottorando in Diritto all’Università di Pisa; Marcello Volta, giornalista e responsabile della comunicazione presso l’onlus CIAC e Davide Rossi operatore della cooperativa sociale Svoltare. L’evento si è concluso con la testimonianza di Gospel Ozioma, migrate nigeriano giunto in Italia nel 2016.

FAKE NEWS NELLA DIETA MEDIATICA – A cosa ci si riferisce quando si parla di fake news? In questi ultimi anni i media italiani non sono riusciti a fare chiarezza. Spesso vengono associate alle bufale o più in generale alla disinformazione tradizionale, ignorando l’attuale contesto socioculturale. Le notizie false infatti nascono in un universo comunicativo noto come post-verità, dove la tendenza degli individui a credere in tutto ciò che rientra nella sfera delle proprie convinzioni, è più forte della stessa verità.

A partire dagli anni ’80, lo storytelling ha trovato nella  televisione il mezzo principe per confondere verità e finzione, privatizzando e moltiplicando al contempo le agenzie mediatiche incaricate di informare i cittadini. Con l’avvento di internet, invece, è nata la speranza di una democraticizzazione dei media, di una disintermediazione della notizia. Oggi possiamo sicuramente affermare che questo non si è avverato e che, al crollo dei vecchi media, sono emerse aziende quali Google e Facebook.

Secondo Giuseppe Riva, le fake news hanno preso piede nel 2015, durante la campagna elettorale USA e hanno la capacità di toccare la dimensione emotiva del proprio lettore. La loro natura mimetica e capziosa le rende dei parassiti particolarmente pericolosi per la dieta mediatica di chi naviga il web.

Alex Orlowski

Ma perché è così comune ritrovarle oggi, soprattutto sui social? A rispondere è Alex Orlowski. Se si è infatti alla ricerca di un colpevole, non bisogna fare altro che puntarsi il dito contro. Si è tutti in minima parte responsabili, perché nel voler vedere confermate le proprie tesi di partenza, le persone attivano un bias cognitivo che porta alla temporanea sospensione del loro giudizio.

Esistono fondamentalmente tre tipologie di fake news: il clickbait, ovvero un contenuto finalizzato unicamente a ottenere più interazioni possibili così da generare ricavi pubblicitari; le fake industriali, prodotte per danneggiare l’immagine e le vendite delle aziende concorrenti e le fake governative, diffuse dagli Stati per scopi politici. Di quest’ultime ne sono esempi Sputnik News, agenzia stampa del governo russo, e Gloria TV: un sito che crea disinformazione su Papa Francesco.

Inoltre, quando il giornalista manipola intenzionalmente una notizia, si ha la disinformazione. Questa è diversa dalla misinformazione, che sfrutta opinioni e pregiudizi per creare deliberatamente una falsa narrazione dei fatti. Va infine citata la cattiva informazione, che rivela un lavoro mediocre da parte del giornalista nella divulgazione di un contenuto.

Alex Orlowski cerca anche le possibili soluzioni per uno scenario tutt’altro che positivo. Le istituzioni statali stanno rivelando la loro inadeguatezza nell’affrontare l’argomento, lasciando ad aziende private quali i social network l’amministrazione della giustizia. Simone Baldetti illustra l’evoluzione che ha avuto Facebook nella gestione dei suoi contenuti partendo dai moderatori: continuando tutt’ora con l’aiuto di algoritmi rivelatisi non sempre efficienti e pensando a un prossimo futuro in cui sarà necessario delegare questa mansione a un organo indipendente.

Fabio Landini

IMMIGRAZIONE: TRA STORYTELLING E FATTUALITA’ – In tema di migrazione, l’abile diffondersi delle fake news è coinciso con il formarsi di una percezione sociale lontana dalla verità. Il professor Landini ha condotto un sondaggio, interrogando il pubblico presente e , precedentemente una classe delle scuole superiori. I risultati sono stati per lo più positivi, rivelando un buon grado di consapevolezza da parte dei presenti. Mentre ha messo in luce una evidente disinformazione dei ragazzi minorenni. Il docente ha infine concluso presentando il progetto Migration Facts, il cui obiettivo è quello di coinvolgere gli studenti universitari nella creazione di contenuti sul fenomeno migratorio.

Simone Baldetti

Anche Simone Baldetti interviene sulla questione fake news. Secondo la sua opinione, queste “nascono dall’evolversi del web alla versione 2.0“. Quando si unisce il fenomeno della fake alle tematiche migratorie, l’elemento religioso vede il maggior numero di episodi discriminatori. Questo perché, come dimostrato dal sondaggio del professor Landini, le differenze di culto tendono a polarizzare la discussione. Normalmente le piattaforme social si adoperano per arrestare queste pratiche, ma il numero di messaggi e la loro natura spesso interpretativa rende difficile l’applicazione di queste politiche. Baldetti ha ricordato la persecuzione dei Rohingya, un’etnia mussulmana vittima di soprusi da parte delle forze di sicurezza birmane. Gli episodi d’intolleranza nei loro confronti sono aumentati dopo che un gruppo organizzato ha iniziato a diffondere su Facebook fake news sul loro conto.

Gospel Ozioma

UN ESEMPIO DI CONTRONARRAZIONE: GOSPEL OZIMA –  Quanti hanno preso parte all’incontro hanno potuto ascoltare la storia di Gospel Ozima, un ragazzo nigeriano di ventitré anni, fuggito all’inizio del 2016 dal suo paese a causa della guerra civile. Amnesty International stima che il conflitto in Nigeria abbia comportato fino a 4000 morti nel triennio 2016-2018. Dopo aver lasciato il paese, Gospel ha raggiunto la Libia dov’è stato incarcerato per diversi mesi. A novembre è riuscito a raggiungere l’Italia, per poi essere portato a Baganzola, frazione di Parma. Grazie alla cooperativa sociale Svoltare, Gospel ha appreso l’italiano, dopo soli quattro mesi, e ha potuto proseguire gli studi universitari in informatica. Inoltre, grazie a Claudio Zinelli, regista, attore e volontario presso Svoltare, Gospel ha recitato come co-protagonista nell’opera teatrale Il canto del cigno presso l’Europa Teatri. L’arte diventa così un ponte che fa comunicare la comunità con i richiedenti asilo.

Marcello Volta

LA MIGRAZIONE COME FENOMENO ARTICOLATO – Per comprendere la gestione delle dinamiche di accoglienza è intervenuto Marcello Volta. Il giornalista ci ha illustrato la sua esperienza biennale in CIAC, una onlus parmigiana nata nel gennaio del 2001 che conta sul territorio di Parma due SPRAR, il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiatiche. Ciascuna SPRAR ospita 250 perone in 50 appartamenti. L’associazione si occupa dei servizi legali, come il permesso di soggiorno; garantisce la formazione scolastica e lavorativa delle persone accolte e i servizi sociosanitari. La struttura viene finanziata in parte dal Ministero degli interni, in parte dall’Europa.

Nell’ultimo anno, l’introduzione  di politiche miopi alla salvaguardia del diritto d’asilo ha reso incerto il futuro di queste strutture: unico modello funzionante di integrazione. Secondo Wired, i richiedenti asilo finiranno per le strade e si svilupperanno fenomeni di ghettizzazione nei grandi centri urbani. Lo scorso settembre, CIAC ha così avviato  la campagna nazionale Io Accolgo – Prima le persone. Questa consiste nel “accogliere gli esclusi dai servizi di accoglienza istituzionale; offrire tutela legale gratuita e sostengo all’accesso ai servizi sanitari e sociali, all’orientamento lavorativo e formativo ai richiedenti asilo; contrastare e denunciare ogni forma di razzismo e discriminazione”. Ancora più in concreto si richiede l’abrogazione dei due decreti sicurezza e di cancellare gli accordi con la Libia.

 

di Francesco Scomazzon

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