‘Parasite’: Chi è il parassita? Il film di Bong Joon-ho al Parma Film Festival

DURANTE LA VENTIDUESIMA EDIZIONE DEL PARMA FILM FESTIVAL-INVENZIONI DAL VERO, È STATO PRESENTATO IL PLURIPREMIATO PARASITE, IL FILM DEL REGISTA SUD COREANO BONG JOON-HO

Parasite‘, film sudcoreano del regista Bong Joon-ho non necessita di molte presentazioni: vincitore della Palma d’oro del Festival di Cannes e selezionato per rappresentare la Corea del Sud nella categoria per il miglior film in lingua straniera ai premi Oscar 2020, ‘Parasite’ è stato presentato al Cinema d’Azeglio durante la settimana del Parma Film Festival martedì 5 novembre alle 21. È stato l’ennesimo sold out della ventiduesima edizione del festival parmigiano, per una proiezione in ligua originale sottotitolata. Un segnale forte, che mostra come il cinema, anche quello più sperimentale e proveniente da contesti culturali differenti, stia prendendo sempre più spazio nel cuore e nell’interesse del pubblico.

IL REGISTA
– Bong Joon-ho, appassionato di cinema sin dall’adolescenza, viene acclamato nel 2003 dalla critica coreana e internazionale con il film ‘Memories of Murder‘, che ottiene un grande successo di pubblico e critica, vincendo premi in diversi festival di tutto il mondo, tra cui il Torino Film Festival. Il 2006 è la volta di ‘The Host presentato al Festival di Cannes, mentre nel 2013 Joon-ho gira ‘Snowpiercer, che rappresenta il suo debutto in lingua inglese. Tra i lavori più recenti si può ricordare Okja’, distribuito da Netflix nel 2017. Bong Joon-ho viene poi scelto come presidente di giuria al Festival di Cannes nel 2011, nella sezione Camèra d’Or.

LA TRAMA – La famiglia Kim, composta da padre (Ki-taek), madre (Chung-sook), figlia (Ki-jung) e figlio (Ki-woo), sopravvive, grazie al sussidio di disoccupazione, in un seminterrato di un quartiere poverissimo, rifugio del degrado della società. I Kim rubano le reti wi-fi della zona per trovare piccoli lavoretti, come imballaggio di cartoni di pizza, e tengono aperte le finestre del loro scantinato durante le disinfestazioni in strada, così da potersi sbarazzare dei numerosi scarafaggi presenti nell’appartemento, anche a costo di rischiare a loro volta un’intossicazione da gas. Un giorno, un amico del figlio va a trovare i Kim e propone un lavoro a Ki-woo, offrendogli il proprio posto come insegnante privato di inglese per la figlia di un ricco imprenditore, impegnata a superare gli esami di ammissione al college. Lui accetta e si trova catapultato in un mondo completamente diverso dal suo, apparentemente perfetto e dove tutti sono felici: i suoi datori di lavoro sono i Park e vivono in una villa all’insegna del lusso. La paga è molto buona tanto che, dopo che Ki-woo è stato assunto e ha conquistato la fiducia dei Park, l’intera famiglia Kim si adopera per essere assoldata presso la lussuosa villa: il giovane Ki-woo trova presto il modo di far assumere la sorella Ki-jung, presentata come un’esperta di arteterapia in grado di seguire lo sviluppo del presunto talento artistico del figlio più piccolo dei Park, mentre la madre e il padre prendono il posto della governante e dell’autista, messi in cattiva luce attraverso una serie di geniali macchinazioni.

Tutto è stato conseguito tramite raccomandazione e, ovviamente, è stato tralasciato il fatto che fossero parenti. A questo punto i membri della famiglia povera si trovano tutti impiegati con un qualche ruolo nella villa. Sembra andare tutto liscio per la famiglia Kim, finché la vecchia governante torna alla residenza dei Park durante una notte di intensa pioggia. Questo innescherà una serie di eventi che cambierà la vita dei Kim per sempre, costretti a fuggire nel cuore della notte dalla villa per tornare a casa. Proprio in questo momento tuttavia, la violenta tempesta ha allagato il loro quartiere. Metaforicamente, l’acqua che scorre nelle strade, portandosi via ogni cosa che incontra, sembra ripulire anche il destino dei Kim: la famiglia parassita che ha vissuto alle dipendenze dei Park ora non potrà più essere la stessa. Da questo momento in poi, il film cambia completamente nei toni, diventando sempre più cupo, mostrando le preoccupazioni dei Kim, che ormai hanno ben altri problemi che pensare al loro lavoro e a tenere nascosta la truffa che hanno architettato. In un climax che culmina con un gesto inaspettato nel finale, ‘Parasitefinisce con una lettera di Ki-woo al padre che porta la riflessione su piani di interpretazione complessi.

IL TITOLO – I Park e i Kim sono specularmente composti da una madre, un padre, un figlio e una figlia: il titolo del film quindi risulta essere ambiguo – chi sono i parassiti? I poveri che vivono alla dipendenza dei ricchi, guadagnando da loro molti soldi, oppure i ricchi, che hanno bisogno di delegare a delle persone in difficoltà qualsiasi mansione? Intervistato da Hollywood Reporter, il regista sudcoreano ha rivelato che il primo titolo a cui aveva pensato per questo film era ‘The Décalcomanie: “Quando vedi il risultato di una decalcomania, o decalco, entrambi i lati a prima vista sembrano uguali. Ma se guardi con più attenzione, non sono esattamente identici. In un certo senso questo dice qualcosa sulle due famiglie. Possono sembrare simili, o persino uguali, ma non lo sono”.

IL NUCLEO TEMATICO – ‘Parasite’ è un apologo sulla lotta di classe. Ma non è una delle solite black comedies che affrontano questa tematica: il film coreano, infatti, all’inizio risulta essere molto ironico e pungente, “poi drammatico ed infine amarissimo”, come scrive Filiberto Molossi sull’inserto della Gazzetta di Parma dedicato al Parma Film Festival. Gli spettatori ridono con i protagonisti, ma mai di loro, come invece fanno i membri della famiglia ricca. Il fetore dello snobismo risulta essere più maleodorante della puzza della povertà, e questo porterà ad una resa dei conti finale.

“In Parasite le differenze emergono più nettamente attraverso le immagini. Le persone potranno pure somigliarsi, sembra suggerire il film, ma la condizione economica va poi a determinare divergenze enormi in merito a possibilità, motivazioni e soprattutto decisioni. Grazie a un lavoro di messa in scena di prim’ordine gli ambienti iniziano così a raccontare una storia più universale rispetto a quella dei protagonisti. Come sempre accade nel grande cinema, e nonostante l’originalità dell’intreccio narrativo, la forza e la valenza simbolica delle immagini prendono il sopravvento”, scrive il cinefilo Gilles Nicoli sul blog minima&moralia.

IL FESTIVAL – Il Parma Film Festival dal 2018 reca anche la targa ‘Invenzioni dal vero‘, rinnovando decisamente la manifestazione  giunta quest’anno alla 22°edizione. Il programma è articolato in masterclass universitarie, anteprime cinematografiche accompagnate dagli autori, retrospettive e presentazioni di libri. Questi eventi si svolgono nell’arco di ogni giornata per la durata dell’intera settimana della manifestazione con l’obiettivo di coinvolgere un pubblico di ogni età.

Vi è poi un concorso per progetti audiovisivi (documentari, animazione o fiction) riservati agli studenti di corsi realizzati all’interno delle università italiane, proiezioni per le scuole medie e superiori, alla scoperta di un cinema che sa raccontare la realtà, ma anche reinventarla. Parma film festival-Invenzioni dal vero ha quindi una doppia veste: guarda sia al cinema affermato che a quello emergente, ai giovani spettatori, agli appassionati e agli studiosi. Tante sono le istituzioni coinvolte e le sedi del Festival, non solo cinema (Edison, Astra e D’Azeglio), ma anche scuole, università, librerie. Il Parma Film Festival è organizzato da: Comune di Parma, Circolo Stanley Kubrick, Università di Parma, Fondazione Solares delle Arti, Officine Arti Audiovisive e dal Liceo Artistico Statale Paolo Toschi.

di Virginia Barilli

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