Una masterclass “innovativa”: Matteo Rovere al Parma Film Festival

CINEMA E SERIALITÀ: COME MIGLIORARE IL PANORAMA ITALIANO?

Venerdì 8 novembre, in occasione del Parma Film Festival, presso il Cinema D’Azeglio, si è tenuta una Masterclass di Matteo Rovere, regista e produttore cinematografico, seguita dalla proiezione del suo film ‘Il primo re’. Il regista ha guidato così il pubblico, in compagnia del critico cinematografico Enrico Magrelli, in un excursus della sua carriera: dagli studi di Storia e critica del cinema alla Sapienza di Roma, fino ad oggi, con uno sguardo rivolto ai progetti passati e futuri.

LE DUE ANIME DI UNA DISCIPLINA – “Quando spesso i ragazzi mi chiedono: ‘Come faccio a diventare un regista?’ Io consiglio sempre di vedere tanti film. Essi contengono già tutte le risposte che cerchiamo alle motivazioni che dobbiamo darci per fare un lavoro molto complesso, ma anche tanti insegnamenti e spiegazioni rispetto a come le cose devono essere fatte”, così Matteo Rovere, regista romano, classe 1982, si approccia alla sua platea, soprattutto ai numerosi giovani presenti in sala. Egli sostiene che vedere film sia importante anche per comprendere il contesto in cui un movimento cinematografico si è sviluppato e in cui un regista ha operato. Oltre a questa parte più teorica, c’è anche quella da lui definita ‘manifatturiera’. Rovere incita i giovani a uscire da casa e iniziare a strutturare un prodotto audiovisivo in compagnia del proprio gruppo di amici, precisando che esiste anche una cinematografia di alto livello basata su un magro budget. “Mettete in pratica questo vostro sogno, perché in fondo non ve lo nega nessuno. Non potete usare la scusa che non ci riuscite. Io credo in un cinema di alto profilo economico, strutturato, fatto con la post-produzione, spettacolare, ma all’inizio ho fatto dei cortometraggi: il primo non aveva nessun budget.”

UNA PARTENZA COMPLICATA E UN TATUAGGIO MENTALE – Dopo qualche altro corto, Matteo Rovere venne notato da dei produttori e i primi due film gli furono offerti. Per lui si trattò di “un inizio un po’ come sono io: burrascoso, difficile”. ‘Un gioco da ragazze’ fu l’unico film di Rai Cinema vietato ai minori di 18 anni, poi derubricato e ora vietato ai minori di 14. “C’è una frase di Mark Twain, sorta di mio tatuaggio mentale, che dice: ‘Non abbiate paura di fare le cose perché fra vent’anni vi guarderete indietro e penserete solo alle cose che non avete fatto.’ Motivo per cui nella vita quando mi sono arrivate le occasioni, le ho prese.” Questa ‘filosofia’ del regista si può adattare anche al suo secondo progetto: ‘Gli Sfiorati’, tratto dall’omonimo romanzo di Sandro Veronesi, che però non ebbe successo. A proposito di questa esperienza, egli dichiara: “Un grande produttore mi chiese di adattare un grande romanzo e lo feci, buttandomiAvevo 26/27 anni, un’età in cui ci si può permettere di farlo.” Inoltre, l’esito della pellicola non lo demoralizzò, viceversa, a suo dire, egli in quell’occasione pensò: “I produttori continuano a propormi idee da fare, ma forse dovrei provare, per una volta, a vedere io che cosa potrei fare. E ho fatto ‘Veloce come il vento’.”

AUTO DA CORSA E PROTOLATINO – Il film, caratterizzato da un soggetto, da lui stesso definito, ‘atipico’, fu un grande successo. La trama è incentrata sul rapporto tra una giovane pilota da corsa, che si ritrova a fronteggiare i debiti del padre scomparso, e il ritrovato fratellastro, grande pilota di rally negli anni ’90, ma ora tossicodipendente. Un film innovativo perché tratta di relazioni famigliari, ma è ‘travestito’ da film di genere ambientato nel mondo delle corse. Lo stesso accade anche con ‘Il primo re’, che racconta il mito fondativo di Roma. I due film, inoltre, condividono un elemento significativo per il regista: “Il realismo è una chiave drammaturgica importante perché è emotiva”. Per quanto riguarda ‘Veloce come il vento’, l’automobile dei protagonisti è stata iscritta al vero campionato GT ed è stato ingaggiato un pilota che ha gareggiato con la tuta e il casco della protagonista. Alcune riprese sono state effettuate a parte, altre durante le gare. Tutto pur di rientrare nel budget senza togliere l’elemento spettacolare. Ne ‘Il primo re’ gli attori si sono allenati con le armi, sono stati quasi completamente nudi e sporchi di fango in determinate condizioni atmosferiche. Inoltre, i personaggi parlano in protolatino. A tal proposito, il regista racconta: “Due università, Sapienza e Marconi di Roma, hanno messo assieme quattro ragazzi che hanno composto questa lingua. Dico composto perché per me è anche un elemento musicale fortissimo. Il film, comunque, non è tanto dialogato ed è più di combattimento, spettacolare. Cerco di fare qualcosa di complesso, che abbia una stratificazione di significati, ma in maniera fruibile. Anche il mio lavoro di produttore è accompagnato dall’obiettivo dell’intrattenimento.”

QUALITÀ, INNOVAZIONE E ORGOGLIO ITALIANO – Prima di ‘Veloce come il vento’, Rovere aveva già prodotto tramite Ascent Film, società di produzione sua e di altri soci, “Smetto quando voglio” di Sydney Sibilia. Inoltre, i due registi insieme ne hanno creata un’altra: Grøenlandia. Esplicando l’operato di questa loro ‘avventura’ produttiva, egli dice di fare “tanti tentativi di toccare i generi per vedere se piano piano il cinema italiano può avere anche linguaggi nuovi. Quello che sta succedendo è incredibile perché arrivano anche adesso capitali dall’estero che ci aiutano. Dovete sempre ricordarvi che l’Italia è un’eccellenza. Dico sempre che l’italianità se si potesse inscatolare, se la comprerebbero tutti.” Matteo Rovere sostiene che sia fondamentale, per chi scrive, prendere tutto quello che c’è di buono in ciò che abbiamo e provare a ottimizzarlo, rendendolo una sceneggiatura. L’obiettivo è cercare di fare qualcosa di nuovo. “Non abbiate paura di farvi venire un’idea che non vi sembra assomigliare a niente rispetto al mercato che avete intorno perché il cinema, soprattutto oggi considerando il livello raggiunto dalla televisione, deve aumentare ulteriormente la propria qualità, ma diventare anche terreno di sperimentazione linguistica sui generi.” A proposito di questo, racconta che a breve inizieranno le riprese de “La Belva”: un film di Ludovico Di Martino, giovane regista ventisettenne, creatore, tra le altre cose, della teen serie di grande successo Skam Italia. Inoltre, la sua prossima produzione sarà “L’incredibile storia dell’isola delle rose”, diretto da Sydney Sibilia, che Rovere descrive come “una storia vera, l’unica guerra di occupazione dell’Italia repubblicana, con l’occhio della commedia”.
I tentativi di innovazione, però, non riguardano solo il cinema. Il regista / produttore dichiara: “Cerchiamo di contaminare i gruppi di lavoro, così da godere di quella sperimentazione di cui i film sono portatori: ‘Romulus’ non sarebbe esistita senza ‘Il primo re’“. Si tratta di una nuova serie, creata da Matteo Rovere e prodotta da Sky, Cattleya, ITV (un canale televisivo inglese che la distribuirà in tutto il mondo) e Grøenlandia. Il tentativo del regista è di raccontare nuovamente la storia di Romolo e Remo, ma in maniera completamente diversa dal film. La serie andrà in onda nel settembre 2020 e, al momento, le riprese stanno per terminare.

Dopo le domande del pubblico, il regista si congeda, le luci si spengono e inizia la proiezione, mentre alcune parole rimangono particolarmente impresse nella mente: “Quando entriamo in sala facciamo una scelta, per questo essa è un luogo difficile e, al contempo, affascinante”.

di Federica Mastromonaco

 

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