‘Fleabag’: la serie dell’anno che (forse) non conosci

LA SERIE PREMIATA 4 VOLTE AGLI EMMY. PERCHÉ CHIUNQUE DOVREBBE GUARDARLA?

Letteralmente ‘sacco di pulci’, ma anche ‘persona cattiva, scorretta’. Questo è il nomignolo della protagonista e il titolo di una serie diventata un vero e proprio fenomeno all’estero, ma tuttora poco conosciuta in Italia. ‘Fleabag’ nasce come un monologo scritto e interpretato dalla londinese Phoebe Waller-Bridge, che nel 2013, all’età di 28 anni, vinse con questo il Fringe First Award al Festival di Edimburgo. Dopo varie repliche nei teatri inglesi, nel 2016 lo spettacolo viene sviluppato e adattato per la televisione in una miniserie di 6 puntate da 25 minuti l’una, co-prodotta da BBC e Amazon. Il giudizio della critica è positivo, ma per un vero e proprio successo anche di pubblico bisognerà attendere la seconda stagione (2019) che, durante gli Emmy, gli ‘Oscar’ della tv americana, viene premiata con ben 4 statuette: tra cui Miglior serie tv commedia e Miglior attrice protagonista in una serie tv commedia.

LA STRADA VERSO L’AUTODISTRUZIONE – La prima stagione inizia con colei che si rivelerà essere l’anti-eroina per eccellenza, che si rivolge direttamente a noi spettatori, bucando la ‘quarta parete’, come spesso farà, introducendoci nella sua movimentata esistenza. Fleabag ha 33 anni e gestisce a Londra, non con molto successo, un bar a tema porcellini d’india – avviato in precedenza con la sua migliore amica Boo, ora scomparsa. Tenta di colmare il suo vuoto interiore attraverso vari partner occasionali, e si barcamena in complicati rapporti con i membri della sua famiglia: la nevrotica e stacanovista sorella Claire (Sian Clifford) e il suo viscido marito (Brett Gelman, noto anche come Murray in ‘Stranger Things’), l’alienato padre (Bill Paterson) e la subdola matrigna (interpretata dalla strepitosa Olivia Colman, vincitrice quest’anno del premio Oscar come Migliore attrice protagonista per “La Favorita”). Seguiamo la nostra protagonista nelle sue peripezie quotidiane, in questa dramedy – un misto tra dramma e commedia – dal tono tagliente e spregiudicato, e vediamo come progressivamente ella si spogli del suo sarcasmo e di tutti i suoi meccanismi di difesa, per giungere a un vero e profondo confronto con gli altri, ma soprattutto con se stessa.

LA RINASCITA E UN’ATIPICA LOVE STORY – A 371 giorni, 19 ore e 26 minuti di distanza dal finale della prima stagione, ritroviamo i personaggi a cena in un ristorante. Fleabag racconta a loro (e a noi) che la sua attività procede bene e tutto sembra andare per il meglio. In questa occasione, dovuta all’ormai imminente matrimonio del padre con la matrigna, viene introdotto un nuovo personaggio: il cosiddetto ‘hot priest’. D’altronde, da chi potrebbe essere seriamente attratta la nostra protagonista se non da un giovane e anti-convenzionale prete cattolico (un grandioso Andrew Scott, il Moriarty della serie tv ‘Sherlock’)? La seconda stagione si incentra così sulle dinamiche che si instaurano tra questi due personaggi: la loro ‘chimica’, i loro differenti punti di vista e una spiritualità che trascende la religione, rivelandosi tremendamente umana. Se così la prima stagione si presentava accattivante e provocatoria, la seconda non perde la sua verve dissacrante, ma entra più in profondità e colpisce spudoratamente dritto al cuore dello spettatore.

APPARENTE SEMPLICITÀ E NUOVE FRONTIERE DEL FEMMINISMO Un cast di talento, una sceneggiatura solida e ritmata, una regia ben calcolata: pochi elementi che insieme rendono ‘Fleabag’ un prodotto televisivo unico e di altissima qualità. Il vero ingrediente segreto, però risiede nel talento e nella diabolica genialità della sua creatrice e protagonista: colei che da molti viene semplicemente chiamata PWB, ormai considerata un marchio di qualità ed eccellenza. La sceneggiatrice, produttrice e showrunner, non solo di ‘Fleabag’, ma anche della serie di spionaggio ‘Killing Eve’, dato il successo di queste due, è stata anche ingaggiata tra gli sceneggiatori di ‘No time to die’, venticinquesimo film di James Bond. Il suo modo di rappresentare personaggi, soprattutto femminili, complicati e quanto mai reali, con il suo tipico timbro irriverente e al contempo malinconico, l’hanno trasformata in un’icona femminista contemporanea. Di conseguenza non si può negare che ‘Fleabag’ sia un prodotto profondamente femminista, ma anche politicamente scorretto, anticonvenzionale, provocatorio, e dolceamaro. Inoltre, ogni volta che la protagonista si estrania da ciò che la circonda per rivolgersi direttamente a noi, per dirci ciò che pensa o comunicarcelo anche solo tramite uno sguardo o una buffa smorfia, entriamo in empatia con lei o ci sentiamo in qualche modo coinvolti. Il personaggio di Fleabag, con i pregi e soprattutto i difetti che lo caratterizzano, con le sue insicurezze e le difficoltà nell’affrontare la vita di tutti i giorni è semplicemente un emblema: chi più, chi meno, in fondo siamo tutti un po’ come Fleabag.

di Federica Mastromonaco

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