Il volontariato è in crisi: Avis svela la ricerca sulle motivazioni del donatore

IL VOLONTARIATO TUTTO E' IN CRISI. UNA RICERCA DELL'UNIVERSITA' DI PARMA COMMISSIONATA DA AVIS STUDIA LE MOTIVAZIONI CHE PORTANO AL DONO. LA FELICITA' HA UN RUOLO CHIAVE

crisi volontariato

Se la felicità dipendesse dal tempo atmosferico, nessuno avrebbe scelto sabato 30 novembre per portare un messaggio di speranza a Parma. Tra i cinque gradi e la nebbia fitta attorno ai complessi di via La Spezia però, c’era una buona ragione per radunarsi e discuterne. E questo i parmigiani sanno farlo, il dibattito è forse il segreto di una città che non può dirsi certo in crisi, ma che non per questo abbassa la guardia.

Lo tiene ben presente il presidente dell’Avis comunale di Parma Giancarlo Izzi che, salutando la platea di accorsi presso l’auditorium Green Life di Credit Agricòle per il convegno Oggi e domani: quale futuro per il volontariato del dono?, ha lanciato un manifesto: “L’Avis di Parma non raccoglie più il sangue, ma raccoglie le persone che vogliono donare il sangue”.

I DATI – Di fronte al calo delle adesioni e delle donazioni di sangue, il circolo locale della rinomata associazione italiana ha voluto avviare una riflessione. L’Avis di Parma ha allargato il confronto al  Forum Solidarietà guidato da Roberta Colombini, e insieme alle associazioni locali si sono uniti attorno a un tavolo per affrontare le ragioni di un cambiamento sociale profondo che ha ridotto in sofferenza il sistema solidale tutto. I dati restituiscono una ripresa felice, in particolare per l’ Emilia Romagna che risulta la seconda regione in Italia per numero di donazioni e donatori dopo la Lombardia, ma lo scenario degli ultimi anni è in ribasso. Il contesto regionale è caratterizzato dalle diverse province: Parma si dimostra un’eccellenza, è la prima per numero di donatori AVIS su numero di abitanti. Dopo il picco del 2010, il trend è tuttavia in discesa. Lo stesso vale per le donazioni.

DONAZIONE E FELICITA’ VANNO A BRACCETTO – Cosa ha a che fare la felicità con le donazioni del sangue? E cosa spinge oggi un individuo a donare? Quesiti complessi abilmente approcciati da una ricerca di carattere sociologico affidata all’Università di Parma, altro attore fondamentale di una città che mette in sinergia le sue principali risorse. I docenti dell’Università di Parma Giacomo Degli Antoni e Azio Barani, tra i relatori, hanno presentato i risultati dello studio che Avis aveva loro commissionato, ‘La donazione di sangue: motivazioni a donare ed effetti sui donatori’. L’obiettivo era quello di comprendere il calo delle donazioni – pur avendo Parma registrato una crescita favorevole nel 2019 (+4,6% ad ottobre) – ed elaborare possibili azioni in grado di contrastare il trend in atto.

In premessa, studi scientifici hanno empiricamente dimostrato che le persone altruiste sono ampiamente più felici e che chi fa regolarmente volontariato è in genere una persona che si considera felice, e – cosa ancora più interessante – che viene considerato felice dagli altri (Frey e Stutzer 2002; Phelps 2001). Alla luce dei dati analizzati e ragionando su motivazioni intrinseche come l’utilità ed estrinseche come un vantaggio economico, sono stati esposti i risultati: pare che i giovani siano più invogliati a donare se possono anche imparare o fare periodicamente analisi di salute; ciò è più vero oggi che nel recente passato. Sono interessati più a elementi di carattere estrinseco rispetto a chi era giovane 20-30 anni fa. Come emerso nel dibattito in sala, la nuova generazione fa più fatica nel processo di autodeterminazione di sé e di affermazione sociale, per cui il volontariato non è prioritario, né di moda, al più è un palliativo per compensare esperienze professionali mancanti (basti pensare al Servizio Civile Nazionale). 

Il traino motivazionale per i donatori invece, restano le ragioni ideali. Incuriosisce anche scoprire che chi smette di donare corrisponde a chi aveva motivazioni più deboli nel momento in cui aveva iniziato, mentre se l’età media dei donatori è sempre più adulta, la ragione è da attribuire al fatto che chi ha iniziato a donare da giovane era spinto da quelle motivazioni ideali che sono le più forti e durature nel tempo e che appartengono meno – come si è visto – a chi inizia a donare oggi. Avis apprende anche utili segnalazioni a seguito della ricerca: puntare sul passaparola per invogliare nuovi donatori e accrescere la presenza sui social network per veicolare le informazioni più richieste. Lo studio Barani – Degli Antoni è arrivato ad affermare, tra l’altro, che sono i più felici a diventare donatori, e non viceversa; così come risulta veritiero che donare procura una soddisfazione intrinseca elevata, confermando lo stretto legame tra felicità e cultura del dono.

crisi volontariatoIl benessere dell’individuo si associa poi al benessere per la collettività. Questo lega il tema della giornata alla seconda parte della discussione, con l’intervento di Alessandro Bosi, docente di sociologia generale dell’Università di Parma, che sottolinea subito un punto focale: “Il mondo del volontariato è cambiato quando sono migliorate le condizioni economiche della città; per fare volontariato occorrono oggi competenze professionalizzanti, ma non solo, si è trasformato l’oggetto stesso del dono, non è più il tempo ma il denaro”. In effetti, più che l’atto fisico in sé, spesso al giorno d’oggi definiamo volontariato una raccolta fondi o in genere, richieste di versamenti. “Questa modalità snerva la cultura della relazione – continua il professor Bosi – nel passaggio da comunità a società si è allentata la solidarietà a vantaggio della funzionalità”. Ma la questione rimane aperta: lo studio stesso resocontato dimostra quanto la sociologia si imbatta in enigmi profondi che riguardano questioni assolute come la felicità o le relazioni interpersonali. “Il valore della comunità non si può mediare col bancomat, né va considerato separatamente dai valori della società come la democrazia – incalza Bosi – certo è che anche solo raccontare la storia del volontariato della città di Parma sarebbe un punto di partenza enorme per svelare il cambiamento avvenuto e quello in atto”.

E alle narrazioni si fa riferimento in chiusura quando interviene Benedetto Gui, professore di economia politica presso l’istituto universitario Sophia di Loppiano: “Questo tempo esige nuovi linguaggi per far fiorire capacità di dono, creando quelle condizioni favorevoli a beneficio della comunità e intrecciando le capacità delle persone con il contesto. Solo così chi aderisce all’associazione potrà anche rimanervi, facendo esperienza di comunità”.

Il tempo che viviamo ci consegna una varietà formidabile di luoghi e la vita allena a cercarne di più, siamo tutti alloctoni, ma in questa estrema mobilità andrebbe riscoperto quel “mistero del donatore” indefinibile che sa di gratuità.

di Sofia D’Arrigo

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*