Il Poetry Slam italiano raccontato da Alessandro Burbank

POETRY SLAM E UNA COMPETIZIONE MA "IL MIGLIOR POETA NON E QUELLO CHE VINCE". COSÌ LA POESIA SFIDA I SUOI LIMITI

La poesia si studia sui banchi di scuola. La poesia si impara a memoria, la si recita di fronte alla classe, con la bocca asciutta e le eventuali pause di incertezza tra un verso e l’altro. Si discerne ogni aspetto metrico che la compone, distinguendo una rima da un’altra. Ad ogni stile viene attribuita la figura retorica più tipica, il suo ritmo, l’interpretazione più adatta. Esiste tuttavia un volto nuovo della poesia, fatto semplicemente di parole e di chi le dice, che in realtà non rappresenta più una radicale innovazione, ma è piuttosto una realtà artistica consolidata in tutto il mondo.

IL POETRY SLAM – Il poetry slam consiste in una competizione tra poeti, una sfida basata esclusivamente sull’abilità performativa dei concorrenti. Non c’è un sottofondo musicale, niente costumi, solo un microfono e le proprie parole. Il giudice è a tutti gli effetti il pubblico. Cinque spettatori estratti a sorte valutano l’esibizione di ogni poeta, mentre il palco è amministrato dal Maestro di Cerimonia (“MC”). L’aspetto più interessante è l’assenza di una vera e propria competizione, seppur il risultato finale dello Slam risulti essere una classifica, non si gareggia soltanto per aggiudicarsi il primo posto. L’obiettivo ultimo è celebrare la poesia in ogni sua forma, mediante quella che è a tutti gli effetti una gara, ma che è anche e soprattutto un’occasione per condividere la propria arte con gli altri, in una logica che prescinde dalla vittoria e dalla sconfitta.

LE ORIGINI – Negli anni ’80 a Chicago, un capocantiere di nome Marc Smith organizza reading ed eventi di poesia nei caffè della città. Sin dalle origini la poesia di Smith è di origine popolare, ed è dunque rivolta ad un pubblico esteso ed appartenente alle estrazioni culturali più disparate. L’arte della parola non è dunque intesa come un fenomeno elitario, accessibile ai soli intellettuali o ai frequentatori dei centri letterari, bensì a chiunque senta la necessità di condividere qualcosa o semplicemente il bisogno di ascoltare, di ridere ed emozionarsi. La formula ideata da Smith si propaga velocemente in molte metropoli americane ed approda infine in Europa, passando prima dalla Germania e dalla Francia e giungendo infine in Italia nei primi anni 2000. Nel 2013 la Lega Italiana Poetry Slam (“LIPS”) assume un ruolo di coordinamento degli eventi di poesia performativa, anche se sono numerose le realtà regionali e cittadine a contribuire alla crescita del movimento, che è giovane e vivo più che mai complice il ruolo dei social media e del web.

ALESSANDRO BURBANK–  Poeta di professione e originario di Venezia, Alessandro Burbank è anche organizzatore di eventi legati al mondo della cultura. Burbank è uno dei portavoce dello Slam in Italia, ma rispetto ad altri colleghi può vantare diverse esperienze all’estero e una coerente visione di insieme sull’universo della poesia ed i suoi cambiamenti. In un mondo sempre più competitivo, è rivoluzionario il fatto che “il miglior poeta non è quello che vince”, motto della LIPS sin dalle sue origini. Come spiega Burbank, premettere questa frase prima di ogni poetry slam è cura del maestro di cerimonia ed è essenziale, anche qualora ci fosse un giro di premi in denaro o all’improvviso il mercato globale si interessasse alla poesia. O si tiene fede a questo postulato, o si sbriciola il senso del poetry slam, quello che regala un fascino irresistibile all’evento.

UN FENOMENO IN CRESCITA– In veste di organizzatore di eventi legati al mondo della poesia, Burbank e colleghi hanno riscontrato un cambiamento nella percezione del fenomeno negli ultimi anni. In particolare i giovani si sono avvicinati allo Slam, anche grazie al contributo di molte realtà regionali e cittadine coordinate dalla LIPS ma non solo. Si respira un’aria nuova, ed il lavoro di molti negli anni non è stato vano. “Siamo però ancora lontani- prosegue il poeta- da quello che accade in altri paesi“. Lo scopo dovrebbe essere quello di creare un mercato per la poesia, così come accade per i cantanti, i teatranti e le altre arti della parola, di modo che il poeta possa essere un artista a tutti gli effetti e venire pagato per quello che fa. Insomma, un professionista, non solo un appassionato o un professore universitario.

Sulla scia di Francesco Sole e Gio Evan, come accade con youtubers o altre forme di successo, c’è chi imita. Secondo Burbank personaggi come Sole fanno dei video motivazionali chiamandoli poesie, Evan adopera invece le tecniche del copywriting chiamandole poesia. È un loro diritto, ma non è poesia destinata a durare quella che vuole essere di moda, autoproclamandosi tale, ed è dunque necessario distinguere la poesia da altri fenomeni letterari o mediatici. Bisogna creare comunità sane, critiche, interessanti. “C’è dunque differenza-prosegue l’autore- tra quello che faccio io e altri slammer più noti, come Simone Savogin di Italia’s Got Talent, e quello che fanno personaggi come Evan e Sole. Loro usano il nome della poesia, ma fanno altro, noi no. Cerchiamo di portare la poesia a sfidare i suoi limiti, la portiamo oltre“.

Ma quanto è importante per la poesia “arrivare a tutti quanti”? Può darsi che la popolarità di questo stile sia frenata da una cultura tradizionale “snob” e diffidente verso lo Slam? Di certo questa diffidenza è molto nota e ogni tanto il dibattito ritorna in auge, ma la verità è che esistono bravi poeti e pessimi poeti, tutto qui, com’è in ogni ambito. Il parere di Burbank è che, coi dovuti distinguo, l’obiettivo sia fare qualcosa di interessante, bello o brutto poco importa. “Non credo-continua- che il mondo della cultura letteraria sia snob, credo che sia poco coraggioso e ripongo il mio interesse in altri ambiti, come l’arte contemporanea, la musica d’autore o la saggistica, specie del passato o estera”.

LA POESIA NON VIVE SOLO SUI LIBRI- Il libro di Alessandro Burbank, sua prima pubblicazione dal titolo “Salutarsi dagli aerei”, è uscito nel 2018 per InternoPoesia. Ci si chiede se in un panorama dominato dai social media, scrivere un libro sia ancora uno step fondamentale per uno scrittore, quesito che sembra paradossale, ma non lo è  se si considera l’esistenza di mezzi più moderni ed inediti per diffondere le proprie opere. La poesia stessa può presentarsi nelle forme più disparate, oltre che in quella classica.

Il libro non è più l’unico veicolo per la poesia. Oltre ai social, ci sono moltissime possibilità. Burbank spiega come spesso si ritrovi a suggerire ai giovani e ai giovanissimi di non pubblicare prima di avere in mano un libro del quale sono sicuri. Per fare questo è necessario arricchirsi di esperienze alternative, come pubblicare su riviste, creare dei pamphlet, andare e partecipare ai poetry slam, ai workshop e così via. Soprattutto è importante per chi scrive condividere con gli altri, leggere gli altri, Nel suo spettacolo “Canti del Caos” Burbank sottopone la poesia a varie sfide assurde, dimostrando come la scrittura possa fare a meno del libro, presentandosi con eguale forza ed efficacia al pubblico. “Oggi si può immaginare- e dobbiamo ancora arrivarci- una poesia anche avvincente, oltre che interessante dal punto di vista letterario. Una forma capace di creare attorno a sé una comunità di lettori desiderosi di immedesimarsi nell’avventura poetica. La strada da percorrere è ancora lunga”.

RESTITUIRE LA POESIA AI GIOVANI– Troppo spesso la poesia, e la cultura in generale, è limitata da muri di formalità e pregiudizio, specie se tenta di rispondere alle necessità di lettori nuovi, figli del proprio tempo. Lo Slam ed altre forme d’arte della parola propongono un paradigma diverso, un dialogo aperto col pubblico che spoglia la poesia della sua austerità senza svilirla o snaturarla. Grazie ad autori come Burbank, la poesia sta tornando ad essere divertente e fruibile senza diventare volgare o pressapochista. L’arte nasce per essere goduta ed apprezzata, e in un’epoca in cui tutto è intrattenimento, c’è forse bisogno che la cultura si apra a nuovi orizzonti.

di Giacomo Checchin

 

 

 

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