Achille Lauro ‘se ne frega’: inno contro la mascolinità tossica

DA VIRGINIA WOOLF AD ACHILLE LAURO: QUANDO IL GENDER FLUID FATICA A FARSI SPAZIO

 

“Maschi omofobi, aria densa di finto testosterone, linguaggi tribali costruiti […]”. Sono le parole di Lauro de Marinis, alias Achille Lauro, indubbiamente uno dei protagonisti della settantesima edizione del festival della musica italiana. Sin dalla prima puntata, la premessa dell’artista romano è chiara: un concentrato di provocazione, protesta e novità.

Il cantante si è esibito sul paco dell’Ariston omaggiando quattro eccentriche personalità alle quali dice di essersi ispirato: da San Francesco ‘spogliato dagli abiti per votare la vita alla religione’ come spiegato dall’artista, passando per la chioma rossa di Ziggy Stardust, uno degli alter ego di David Bowie, all’eccentrica mecenate e marchesa Luisa Casati, definita da lui stesso ‘musa inarrivabile e decadente’ e infine, per concludere la serie di performance, nelle vesti della regina Elisabetta I descritta da Lauro ‘vergine sposa della patria, del popolo, dell’arte e difensore della libertà’. Il filo conduttore delle interpretazioni è chiaro essere il rifiuto delle etichette oltre che la protesta contro la monocultura sessuale dominante.

Con l’espressione mascolinità tossica si intende un’ostentazione della virilità, l’uomo che non deve chiedere mai, il fattore dominante. Definita tossica poiché regge strutture patriarcali arcaiche, imponendo un modello di uomo che non possa esprimere liberamente le proprie emozioni e il timore di mostrare tratti femminili stereotipati, tra cui essere emotivamente vulnerabili. La potenza fisica è la metafora della forza interiore, e viceversa. È la pretesa di avere il controllo su persone e cose, senza mai farsi sopraffare dai sentimenti e dalle incertezze, altrimenti hai fallito, e sei un uomo di serie B.

FLUIDO PER DEFINIZIONE – Il cantante si dichiara genderfluid. Lo ha fatto mostrando pubblicamente un manoscritto in cui parla delle sue scelte non solo artistiche. Il testo in questione è tratto dal suo libro “Sono io Amleto”. Pubblicato nel gennaio 2019, racconta il suo mondo non convenzionale e le sue personalità contraddittorie, ma così coerentemente vissute senza porvi resistenza, accogliendo in questo modo la fluidità del suo essere. L’individuo genderqueer (genere non binario) si può identificare come maschio e femmina contemporaneamente, ma anche con nessuno dei due; tale percezione di sé può cambiare tra diverse rappresentazioni e identificazioni. Questa visione rifiuta il concetto binario, secondo il quale il genere corrisponda al sesso.

“[…] Io voglio essere mortalmente contagiato dalla femminilità, che per me significa delicatezza, eleganza, candore. Ogni tanto qualcuno mi dice: ma che ti è successo? Io rispondo:“Sono diventato una signorina”. ”

Il concetto apparentemente recente di gender fluid, viene evocato già da quando Virginia Woolf ci ha proposto il personaggio ibrido per eccellenza: Orlando. L’uomo elisabettiano che diventa transgender. La peculiarità dell’individuo gender fluid è la mente androgina, nella quale femminilità e mascolinità coincidono. Il gender, a differenza del sesso biologico, è una categoria fluida, varia a seconda del contesto e della cultura. L’autrice sostiene che lei stessa abbia radici, ma volteggia – “I am rooted but I flow”.

L’UOMO GUCCI – Il messaggio di Lauro trova il veicolo perfetto nell’abbigliamento di scena accuratamente creato da Gucci. La casa di moda in passato ha già mostrato di essersi schierata a favore dell’immagine androgina e contro le barriere di genere, proponendosi di debellare alcune convenzioni tra moda e società. Alessandro Michele, direttore creativo e designer della nota casa di moda fiorentina, è stato colpito dalla personalità, ma soprattutto dalla sensibilità, del cantante. La convinzione con cui lo stilista sostiene la concezione di gender fluid gli ha permesso di mettere in campo la sua totale creatività per realizzare abiti iconici seguendo le linee del corpo di Achille Lauro.

Il cantante ha dimostrato con audacia di saper dominare il palcoscenico, ma attirando inevitabilmente a sé gli attacchi discriminatori e colmi di bigottismo tipici del fenomeno della mascolinità tossica. Accanto alle critiche più feroci, Lauro è stato inoltre accusato di non possedere un adeguato talento canoro e musicale degno del palco dell’Ariston, motivo per cui, per alcuni, abbia dovuto compensare con un’esagerata performance scenica. In questo caso, l’ormai noto ritornello “Me ne frego” allude all’intenzione del cantante di far prevalere il suo messaggio sulle doti canore, diventato il suo inno alla libertà che ha fatto sì che gli venisse assegnato il titolo di vincitore morale del festival.

PRESE DI POSIZIONE – È rilevante il tentativo delle grandi aziende, come nel caso di Gillette, di sensibilizzare e creare consapevolezza riguardo i rischi della mascolinità tossica. In una famosa campagna pubblicitaria, la stessa lancia lo slogan “Il meglio di un uomo”, attraverso il quale propone di uscire dagli stereotipi culturali che vengono tramandati con estrema leggerezza e superficialità, ignorando le possibili conseguenze. L’uomo al barbeque, ragazzini in uno scontro fisico con i relativi padri che scuotono il capo pronunciando la frase emblematica “boys will be boys”, in segno di un sentimento di consapevole rassegnazione.

Il marchio in questione, con questa presa di posizione, ha indicato quale sia la direzione giusta riguardo la questione secondo loro. Questa proposta di cambiamento non è stata però ben accolta: l’ondata di disapprovazione dello spot pubblicitario è stata enorme, in particolare da parte di coloro che si sono sentiti destabilizzati riguardo le loro convinzioni e immagini stereotipate riguardo l’essere uomo. La marca Gillette, che è stata per anni il simbolo della mascolinità, ha ribaltato i vecchi stereotipi di virilità e attrattività del maschio Alfa, scuotendo così i sentimenti di coloro che erano consumatori fedeli del marchio, anche in termini di condivisione dei valori dello stesso. Questa direzione innovativa ha messo coraggiosamente e rischiosamente in discussione un solido modello sociale nocivo.

CONTRASTARE IL FENOMENO – È necessario dunque proporre un nuovo concetto di forza che non debba necessariamente misurarsi con quella fisica e con il desiderio di predominio. Gli stereotipi culturali sono i responsabili. Vengono pericolosamente inculcati sin da bambini e consistono in piccoli atteggiamenti e pratiche quotidiane, che si insidiano progressivamente costruendo solide fondamenta per tramandare il fenomeno della mascolinità tossica. Affinché i semi di questa mascolinità non vengano piantati sul terreno fertile della giovane età, l’educazione rimane la soluzione. Occorre diffondere tra i ragazzi la concezione che non serve conformarsi agli stereotipi arcaici e della mascolinità per essere definiti uomini veri, affinché l’espressione ‘uomini sensibili’ non venga più considerata un ossimoro.

di Greta Contardi

 

 

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