Disturbi del Comportamento Alimentare: come risponde Parma

FAMIGLIA E TRATTAMENTO MULTIDISCIPLINARE PER PREVENIRE E CURARE I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE: LA SINERGIA RESTA LA SCELTA MIGLIORE

Il 3 febbraio 2020 a Torino, Lorenzo Seminatore muore di anoressia a soli 20 anni. I suoi genitori, Francesca Lazzari e Fabio Seminatore, ora amareggiati e impotenti, si erano fin da subito attivati per aiutarlo in un percorso fatto di miglioramenti e ricadute durato 6 anni.

All’inizio del Liceo scientifico Lorenzo si ammala, viene portato alla clinica privata di Brusson in Valle d’Aosta dove riesce a riprendersi. Ma è di nuovo la pressione della maturità e della scelta universitaria a riversarsi sulla sua alimentazione. La musica diventa il suo sfogo: pubblica canzoni su Spotify e Youtube con lo pseudonimo di Once the killer. Ma neanche questo lo salva. Per questo i suoi genitori, ora che lui non c’è più, denunciano un altro vuoto: mancano delle strutture pubbliche adeguate a combattere questa malattia. Si ritengono fortunati per essere riusciti a colmare questa lacuna rivolgendosi a strutture private, ma nel momento in cui Lorenzo è diventato maggiorenne i suoi genitori sono diventati impotenti dato che il loro figlio poteva firmare le carte per essere dimesso dall’ospedale dopo i numerosi ricoveri.

Un grido di denuncia quindi, rivolto agli enti pubblici dai genitori di Lorenzo. La famiglia è campanello d’allarme e primo intervento per i pazienti che soffrono di Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), ma questo caso racconta della necessità di maggior sostegno e organizzazione tra le strutture pubbliche e private.

SITUAZIONE E MARGINI DI INTERVENTO – Secondo i dati ANSA, in Italia soffrono di disturbi alimentari circa 3 milioni di persone. Colpisce solitamente tra i 12 e i 25 anni, in una percentuale maggiore per le ragazze (95,9%) e minore per gli uomini (4,1%). Il malessere fisico deriva dalla sofferenza psicologica collegata a determinate predisposizioni, come individuato dall’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con la AUSL Umbria 2: la familiarità con i disturbi come depressione, episodi traumatici o malattie croniche dell’infanzia, pressioni sociali dovute dal gruppo sociale d’appartenenza, ideale di magrezza o insoddisfazione del proprio corpo, scarsa autostima e perfezionismo.

Da Sullealidellementi FB

“L’impegno della famiglia, il suo saper sostare nel dolore, la sua capacità di non arrendersi e dare prova di coraggio è la risorsa più grande che tutti gli specialisti hanno a disposizione per aiutare i pazienti a credere nel cambiamento, perché sono le loro famiglie che, per prime, dimostrano con l’esempio che ci si può incamminare per una strada sconosciuta senza aver paura“. Così viene indicato nella pubblicazione del 26 marzo 2018 del Ministero della Salute, dove sono indicate le raccomandazioni per i familiari dei pazienti.

Proprio nell’ambito familiare possono essere colti i primi sintomi: diete troppo ristrette, pasti saltati, esercizio fisico eccessivo, episodi di abbuffata fino ad arrivare al vomito autoindotto, all’estrema ossessione per la propria immagine estetica e ai disturbi psicologici come depressione, rabbia incontrollata, ossessioni. Ma la famiglia fino a che punto può essere coinvolta? Riflettendo sul caso di Lorenzo, l’intervento dei genitori è risultato vano una volta raggiunta la maggiore età del ragazzo. Rimane da chiedersi se l’autonomia lasciata ai pazienti nelle prime fasi del trattamento ambulatoriale giovi agli stessi, o se vi sia la necessità di poter applicare il TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) anche in situazioni apparentemente controllate.

Sarebbe necessario e opportuno declinare appositamente il TSO per i DCA secondo Giuseppina Poletti, dirigente dell’associazione di volontariato sulleALIdelleMENTI di Parma. La responsabile sottolinea l’impotenza e il senso di colpa di cui soffre la famiglia stessa del paziente: una situazione critica in cui la libertà personale si scontra con il volere della famiglia. “Occorrerebbe aver ben chiaro fino a che punto uno è in grado di intendere e volere in una situazione così critica da un punto di vista fisico. Fino a che punto il cervello è in grado di funzionare con un fisico debilitato?” si chiede la Poletti.

IL PERCORSO – I dati sui casi sono pochi e non dettagliati, indice di una realtà che necessita di maggior approfondimento. Secondo i dati del 2017 presentati dalla dottoressa Marinella Distani durante la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla 2019 (15 marzo, dedicata ai DCA), in Emilia Romagna la percentuale di ragazze affette da disturbi alimentati è del 89%, minore quella dei ragazzi (11%). Su un totale di 1697 pazienti, risulta più colpita la fascia d’età 18-30 anni (con ben il 36% dei casi totali) rispetto, ad esempio, a quella tra i 14-17 anni (20%).

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“I cambiamenti significativi sono dati dall’aumento dei casi, dall’età di insorgenza sempre più bassa, da un aumento per il genere maschile, ma anche dal fatto che per fortuna se ne parla sempre di più, che si sta cominciando a capire che queste sono malattie e non capricci.” Spiega Giuseppina Poletti che, lavorando dal 1999 per l’associazione di volontariato sulleALIdelleMENTI, ha potuto constatare i cambiamenti nel corso del tempo. Il gruppo focalizza i suoi interventi soprattutto nella fase di conoscenza e di prevenzione di anoressia, bulimia e obesità. Si occupa dell’organizzazione di incontri pubblici o interventi educativi negli istituti scolastici della città e della provincia e gestisce i gruppi di auto-mutuo-aiuto per familiari e pazienti. Tra le iniziative dei volontari vi è stata l’attivazione della linea telefonica “Filo diretto A-B” (Anoressia – Bulimia): alcuni volontari, che hanno vissuto in prima persona il problema dei disturbi alimentari, si offrono in ascolto agli altri e informano sui servizi offerti nel territorio (numero 0521.231149, mercoledì dalle 18 alle 20 e sabato dalle 10 alle 12).

Non solo. A Parma esiste una rete di servizi strutturata per il programma “Disturbi del Comportamento Alimentare” (DCA), istituito dall’AUSL. L’azienda sanitaria collabora con le altre strutture del territorio al fine di mettere in pratica un programma a più livelli in base alla problematicità della situazione, offrendo un aiuto dal punto di vista fisico – con nutrizionisti – o psicologico. Il primo contatto dei pazienti avviene con le strutture dell’AUSL, quindi si tratta di un trattamento ambulatoriale che rappresenta il primo livello di intervento, eseguito in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera.

Per situazioni più complesse, nel momento in cui il paziente non riesce a mantenere un peso minimo, si attua un trattamento ospedaliero in urgenza organico-metabolica, che prevede il ricovero nel Dipartimento Area Medica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria che collabora con i Servizi Psichiatrici Ospedalieri. A Parma, per esempio, successivamente il trattamento riabilitativo intensivo e sociale viene svolto rispettivamente nel reparto DCA dell’Ospedale privato “Maria Luigia” a Monticelli Terme e presso la residenza In Volo a Parma.

In Volo è un centro specializzato socio-riabilitativo regionale, gestito dalla Fondazione CEIS ONLUS, che si occupa della cura di pazienti di ambo i sessi, minori e adulti. L’intervento è multidisciplinare: nutrizionisti, dietisti, psichiatri, psicologi ed educatori operano seguendo la mission della fondazione “la persona al centro”, ossia risaltando le potenzialità di ogni paziente al fine di andare oltre la sua patologia. Il tutto in costante cooperazione con i familiari.

Per le prospettive future la parola chiave è ‘prevenzione’. Come spiega Poletti, “sarebbe utile oltreché necessario che i Medici di Medicina Generale (MMG) e i Pediatri di Libera Scelta (PLS) fossero ulteriormente formati ed informati affinché possano riconoscere precocemente i sintomi ed indirizzare i propri pazienti presso il Programma DCA”. Secondo la dirigente Poletti è necessario organizzare maggiori attività nelle scuole, percorsi di formazione specifici per gli Operatori Sanitari e prestare uno sguardo anche ai social media per impedire la diffusioni di messaggi fuorvianti sul corretto comportamento alimentare.

 

di Michela Dalla Benetta

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