Le vendite in continuo calo, ma è possibile un futuro senza giornali?

NEGLI ULTIMI 15 ANNI CONTINUANO A CALARE LE VENDITE DEI GIORNALI CARTACEI. QUALE FUTURO CI SI ASPETTA?

Negli ultimi 15 anni la lettura dei quotidiani è preoccupantemente diminuita. Se un gran numero di copie viene stampato, composto e inviato a milioni di edicole in giro per l’Italia, alla fine buona parte delle copie rimane invenduta. Sicuramente dietro questo calo c’è l’ormai incontrastata abitudine di leggere le notizie su internet che, anno dopo anno, la fa sempre più da padrone. Ma quante altri motivi bloccano la vendita dei quotidiani? E, soprattutto, la lettura è destinata ad un calo continuo? Quale futuro la attende? Vivremo un giorno senza più giornali?

LE STATISTICHE- La vendita dei quotidiani sta conoscendo un evidente calo che, con il passare del tempo, mette sempre più in dubbio la sua presenza nelle edicole, se non a forte rischio. Sarà perché ormai la televisione, e soprattutto internet, hanno preso il sopravvento avanzando a ritmi sempre più difficili da sostenere per il cartaceo? Internet e la televisione, in pratica, riescono a dare notizie dell’ultima ora quando invece sui giornali cartacei si leggono notizie per forza di cosa meno aggiornate anche se solo di poche ore o un giorno.

Da un’analisi compiuta dai giornalisti Alessio Vernetti e da Andrea Viscardi sui giornali più venduti in Italia, in base ai dati raccolti nel 2018 dall’ADS (Accertamenti Diffusione Stampa), la prima posizione è occupata dal Corriere della Sera con 212 mila vendite giornaliere. Al secondo posto vi è La Repubblica, che vede una diffusione media di 164 mila copie e, sul gradino più basso del podio, la Gazzetta dello Sport con 152 mila, che diventano 158 mila nell’edizione del lunedì.

Subito giù dal podio troviamo La Stampa con 130 mila copie in media ogni giorno, seguito dal giornale cattolico Avvenire (100 mila), il bolognese Resto del Carlino (92 mila),  il Messaggero (quasi 88 mila) e infine il Corriere dello Sport – Stadio (74 mila copie vendute, più di 81 mila nell’edizione del lunedì).

Tuttavia, si trattano di numeri che hanno conosciuto un evidente calo negli ultimi 15 anni, dal 2003 al 2018. Infatti, se oggi il Corriere della Sera vende 212 mila copie, 15 anni fa riusciva ad arrivare addirittura a più di 600 mila, molto più della metà con un calo del 65%. Ma il maggiore calo percentuale lo ha conosciuto La Stampa, con addirittura più del 70% in meno rispetto al 2003. L’unico quotidiano che ha aumentato il numero delle copie vendute è il cattolico Avvenire, arrivato a +4 mila.

QUESTIONE DI ORGANIZZAZIONE E DI…PIRATERIA: “E’ difficile dire quale sia il quotidiano più strutturato, il Corriere della Sera credo sia quello che mostra il maggiore equilibrio tra un’istanza informativa ed un punto sui fatti, mentre la Repubblica ha dimostrato una netta tendenza a seguire le emergenze e le tendenze del momento”. Sono le parole di Alberto Conforti, docente di giornalismo ed editoria presso l’Università di Parma.

Uno dei tanti elementi della crisi dei giornali è che questi ultimi si stanno accodando sempre più ai sistemi di informazione più rapidi, ovvero la televisione ed internet, trascurando quello che dovrebbe essere il loro potenziale, cioè la possibilità di fare un’analisi più ponderata delle cose, un’analisi più profonda che sia internet che la televisione non potrebbero permettersi. Come infatti sostiene Conforti: “La forza dei giornali dovrebbero essere le analisi, gli approfondimenti degli inviati e le riflessioni degli opinionisti. Ormai i fatti viaggiano più veloci della carta stampata, ma non tutti i giornali si accorgono di questo. E’ vero che la generazione di oggi tende sempre più ad avvicinarsi al digitale però, anche solo vedendo i fenomeni di questi giorni, sembra che i giornali siano all’inseguimento di qualcosa che non raggiungeranno mai, cioè le notizie dell’ultima ora, quando dovrebbero inquadrare meglio le situazioni e darne letture più approfondite”.

Secondo il docente, inoltre, capita che i giornali diano troppo peso ad eventi transitori, come ad esempio è
stato il caso dell’ultima edizione del Festival di Sanremo, lasciando poco spazio ai problemi economici, alla disoccupazione e agli scontri politici: “Bisogna dare un peso che sia proporzionale all’oggetto in una dinamica generale, ma se si perde questa capacità di vedere lo sfondo e si scambia la piccola minuzia per l’intero Paese allora vuol dire che c’è qualcosa che non va”.

Citando un articolo di Riccardo Luna sulla diffusione dei nuovi media e su come le notizie girano su internet, Conforti sostiene che il mondo televisivo e “internetiano” abbiano acquisito un’ideologizzazione estrema dei poli, o si sta da una parte o dall’altra: “Se rifiuti di vedere il Festival di Sanremo allora sei uno snob di sinistra, in caso contrario sei un nazional-popolare, un sovranista…… Ma non si scappa da qui. Quello che Riccardo Luna sottolineava è che se si mette a confronto la banalizzazione delle estremizzazioni con l’obiettività dei dati ufficiali dell’ISTAT, da come vanno oggi le cose, si nota che i giornali danno più importanza alla prima”.

Fabrizio Carotti, il Direttore Generale della FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali), individua un altro problema sul calo delle vendita. Un problema ancora più preoccupante di internet e della televisione: “Il problema non è solo rappresentato da Google e Facebook che si cercano di contrastare attraverso la direttiva Ue, ma dalla pirateria sempre più diffusa sui social network e sulle piattaforme di messaggistica istantanea che proviamo a bloccare attraverso la collaborazione con la Polizia Postale e la Guardia di Finanza, e con l’AGCOM per quanto riguarda la tutela del diritto d’autore”. Lo scrittore Vittorio Meloni, nel suo libro “Il crepuscolo dei media” ha infatti evidenziato che buona parte dei giornali cartacei viene letto solo dagli over 65, mentre i lettori giovani si fermano ad un preoccupante 30%, dando così la conferma della loro abitudine di informarsi tramite l’uso dei social.

Alla base di questa diffusione illegale delle notizie c’è Telegram, dove diversi canali con circa 150.000 utenti distribuiscono, fin dalle prime ore del mattino, interi pdf di testate giornalistiche con la possibilità di download gratuito. I danni per i giornali sono infatti molto preoccupanti: 400 mila euro al giorno, 144 milioni l’anno. E buona parte del pubblico che ne fa uso è costituita da professionisti.

Il giornalista, opinionista, provocatore e persona “più libera” del mondo, Vittorio Feltri, così definito dal cantante Fedez, in un’intervista rilasciata a fine gennaio ha dichiarato che non è cambiato tanto il giornalismo, quanto la realtà: “E’ arrivata una tecnologia devastante che non dico che ci ha ammazzati, ma almeno storditi! Anche la tv, ad esempio, ci ha tolto il gusto dei reportage: prima mandavi un giornalista in Siria a raccontare, ora ce lo mandi lo stesso ma parlano le immagini per lui. Inoltre i giornalisti trovano comodo oggi attingere da internet, il quale come è oramai risaputo è abbastanza inattendibile, e non si rendono conto del fatto che è proprio la rete ad averci tarpato le ali (in quanto giornalisti)”.

QUALE FUTURO? Ormai è più che evidente che il calo dei giornali c’è stato, come quello dei libri. Nonostante il momento difficile, però, il professore vede una luce in fondo al tunnel: “Per me i libri e i giornali esisteranno sempre, che siano di carta o meno, ci saranno sempre delle storie racchiuse in un contenitore che la gente vorrà leggere. Allora credo che anche quella dei giornali sarà una funzione che sopravvivrà. Vuol dire che ci sarà sempre il bisogno di qualcuno che guarda il mondo, lo vede, lo legge e riporta i fatti a chi non è stato lì. Quindi ci sarà sempre qualcuno che trasmetterà i fatti. Questo è e sarà sempre il mestiere del giornalista”.

Un fattore rassicurante per i giornali cartacei è che nelle piccole città di provincia si vede una vendita ancora oggi molto alta. Sicuramente in grandi centri come Roma e Milano a fare da padrone è il giornalismo online, ma nelle cittadine il giornale stampato ha ancora una funzione molto significativa, rappresenta un’opinione molto seguita, la voce dei gruppi di potere e degli interessi. Questo, dunque, è la conferma che nonostante l’evidente cambiamento il cartaceo ha ancora un ruolo importante per alcuni lettori. Come infatti dichiara il docente: “La gente vuole sapere cosa succede anche qua di fianco, non sole nelle grandi metropoli’. Ma anche nelle piccole città l’online comincia a fare seria concorrenza al caro e vecchio cartaceo.

di Mattia Celio 

 

 

 

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