Alena Kate Pettitt: la casalinga anni ’50 che si professa femminista

LA CASALINGA ALENA PETTITT INVITA LE DONNE AD ADERIRE ALLA SCUOLA DI PENSIERO "THE DARLING ACADEMY", DOVE RISCOPRIRE LA PROPRIA LA GRAZIA E METTERE IL MARITO AL PRIMO POSTO

Capelli cotonati e vaporosi; gonne a ruota e a vita alta; silhouette a clessidra; scarpe décolleté; bigiotteria appariscente e colorata. Ecco alcuni dei simboli che hanno caratterizzato la moda anni ’50 e il  modo classico di vestire tipico della ‘casalinga americana’. Lo stesso stile che Alena Kate Pettitt cerca di emulare in una foto sulla sua pagina Instagram (con oltre dodici mila followers) che la ritrae sorridente e a suo agio in quegli abiti vintage.

Alena è una donna che ha scelto di abbandonare il settore del marketing dell’industria cosmetica, in cui lavorava, per dedicarsi alla vita familiare e alla conduzione della sua casa, nelle Cotwolds. Per gli estranei alla geografia inglese, si tratta di quelle colline dell’Inghilterra centrale, caratteristiche per i villaggi dai cottages in pietra, le cappelle e i fiumiciattoli. Qui, Alena adora prendersi cura di suo figlio e di suo marito, vivendo una vita d’altri tempi, ma con tanto di smartphone. Come potrebbe, altrimenti, aggiornarci quotidianamente sui social e renderci vicini al suo personaggio? Sì, perchè l’effetto è di star guardando una vita da pubblicità.

The Darling Academy è il nome che Alena ha scelto di dare al suo blog online in cui descrive sé stessa come una casalinga tradizionale (traditional housewife). Sul sito, Alena spiega che il suo ruolo è quello di “incoraggiare e rendere la vita piacevole a coloro che si sentono sottovalutate per quello che fanno in casa. In un mondo che valorizza lo status lavorativo e il potere di guadagno – apprezziamo i sacrifici e lo sforzo continuo che le donne fanno per creare e mantenere una casa incantevole per gli uomini che amano.” Aprendo la home del sito, di un bianco lustro e il cui nome viene risaltato dal carattere corsivo ornato da una coroncina oro, la prima immagine (altrettanto lucente e regale) che ci compare sotto gli occhi è proprio quella del suo matrimonio. 

Accanto a questa scorrono ricette inglesi di marmellata di arance, scones  – tipiche focaccine da accompagnare al tè – e sformati (all’inglese “Pie”) a base di carne e patate. Il tutto risulta un po’ troppo fiabesco. Ed ancora: sul sito compaiono articoli su usi e abitudini tradizionali britannici; articoli sul giardino perfetto; sulla cerimonia all’inglese o sulle regole del bon ton e del galateo, di cui Alena si fa paladina.

Proprio per insegnare come essere donna al mondo d’oggi, Alena ha scritto anche due libri Ladies like Us e English Etiquette: The Motivation Behind the Manners. Il primo è una “guida per ragazze, per ritrovare la fiducia in se stesse e nell’amore” come commenta l’autrice nell’incipit. Il secondo è incentrato sulle buone maniere, sul come essere graziose ed eleganti al giorno d’oggi, su che guardaroba indossare e dove mettere la forchetta. Se di questi temi mi piace che venga richiamata l’attenzione all’aggregazione e alla complicità femminile, non condivido che Alena veda possibile raggiungere quest’aggregazione attraverso un’etichetta. L’etichetta vuole le donne aggraziate, distinte e garbate, ma l’educazione e la gentilezza non devono essere una prerogativa della donna, quanto della persona in generale.

“Sì, io stessa sono una femminista” dichiara Alena al programma televisivo This Morning!, lasciandomi stupita. Ritiene che la società, esercitando pressioni sulle donne affinché lavorino, non gli permetta di fare ciò che veramente vogliono senza sentirsi giudicate. Rimpiange invece la celebrazione della figura della casalinga presente negli anni ’50. Oggi, commenta Alena  “siamo figure sminuite e senza modelli positivi”.

Definisce suo marito come il ‘breadwinner’ della casa. Letteralmente ‘colui porta a casa il pane’ e su cui verte il sostegno economico della famiglia. È dunque il marito ad avere la piena gestione dei soldi e delle loro finanze. Inizialmente il termine anglofono “vincitore della pagnotta” molto simile e intuitivo anche in italiano mi aveva fatto sorridere, ma il sorriso ora è un po’ svanito. Ma dover chiedere il ‘permesso’ al marito per poter comprare un nuovo divano, come Alena stessa ammette, non è proprio la definizione di ‘femminista’ che mi aspettavo. Ci troviamo insomma di fronte ad una donna che alla “capacità di stare accanto all’uomo, stando un passo indietro” risponderebbe fiera: Sì, stanno parlando di me.

Durante lo show arrivano dei commenti da casa. Uno di questi tiene a precisare che nel 1950 l’essere casalinga non era tanto una scelta quanto piuttosto un’imposizione del marito. Molte donne, come mia nonna, accettavano questa situazione silenziose, senza credere che ci fosse nulla di sbagliato. La realtà pero è che quelle stesse donne hanno vissuto all’ombra di un uomo, senza lavorare e quindi senza nessuna indipendenza nè economica nè di giudizio. La realtà è che lavoro significa emancipazione e questo Alena sembra dimenticarlo o non dargli troppa importanza.

Se però fin adesso le tesi di Alena sembrano moderate e solo un po’ antiquate, spulciando nel suo sito mi sono imbattuta in un articolo che ha attirato la mia attenzione. Nell’insieme di cartoline d’epoca e tradizionalismo britannico, compare il titolo Your husband should always come first! (I vostri mariti dovrebbero sempre venire prima). Già spaventata da questa frase, noto che l’immagine che la accompagna ritrae una ragazza servire la birra al proprio coniuge. 

Cercando di ignorarla, attacco con la lettura. Alena incomincia parlando del “brainwash” (lavaggio del cervello) che è stato fatte alle donne moderne insegnando loro che gli uomini sono del tutto sostituibili. Con i tutorial fai-da-te, con gli oggetti sessuali, con l’inseminazione artificiale. Alena però non ci sta ed evidenzia che ci sono ancora donne che vogliono un uomo. Ciò che, però, fa storcere il naso è la sensazione che il desiderio di un uomo accanto non sembra voler essere per se stesse ma piuttosto per elevare gli uomini e far sentire loro apprezzati. Quando parla di romanticismo, ciò su cui si sofferma è l’importanza di corteggiarli, dargli attenzioni e farli sentire amati. Sostenendo fortemente che neanche i figli dovrebbe venire prima dei mariti o permettersi di separare la coppia, citando la Genesi nel passo di Adamo ed Eva. Nel pezzo finale, perdendo la razionalità, conclude così: “Una delle più grandi bugie del femminismo è che le donne dovrebbero sempre venire prima. Se vuoi un marito felice, e quindi un matrimonio felice, mettilo prima di chiunque altro. Relegandolo all’ultimo della lista renderesti giusto il fatto che lui scappi al pub ogni sera.”

Se è vero che il femminismo, in alcuni casi ha toccato picchi esagerati e legittimato battaglie un po’ assurde come il manspreading (che vieterebbe agli uomini di sedersi a gambe larghe nei mezzi pubblici), Alena ne ha comunque sbagliato l’interpretazione. Il femminismo è stato ed è tutt’ora un movimento di rivendicazione delle donne per ottenere uguaglianza e parità economica, giuridica e politica. Le nonne che, al contrario della mia, hanno lottato per dare una voce a queste battaglie non l’hanno fatto per scavalcare qualcuno ma per avere gli stessi diritti degli uomini. Diritti che sulla Carta attualmente sono riconosciuti ma che nella vita reale molto spesso vengono calpestati. Femminismo non è pretesa di un diritto che ancora non si possiede, ma il suo riconoscimento nella vita di tutti i giorni.

Dato che problemi come il tasso occupazionale, le retribuzioni e le pensioni non eque a scapito della donna esistono ancora, c’è  la necessità che se ne parli. Specie di fronte a figure, come quella di Alena, che invece di guardare avanti vorrebbero tornare indietro, avendo una visione altamente anti-progressista. Non è, infatti, il genere che determina il compito. Ciò significa che semmai Alena scegliesse di mettere il lavoro di fronte a suo figlio non dovrebbe essere giudicata in quanto donna, ma piuttosto in quanto genitore. Alena non va additata perchè ha scelto di condurre una vita casalinga. Per le donne, così come per gli uomini, la scelta è libera. Così come dovrebbe essere concesso il diritto a entrambi di occupare ruoli lavorativi prestigiosi, di essere a capo di un’azienda, di un ospedale o al governo. L’unica cosa che realmente si dovrebbe rincorrere è la parità dei sessi: nessuno un passo avanti; nessuno indietro. Semplicemente l’uno affianco all’altro.

 

di Arianna Banti

 

1 Commento su Alena Kate Pettitt: la casalinga anni ’50 che si professa femminista

  1. Completamente d’accordo con la signora Alena di cui si parla. Davvero coraggioso e ammirevole il suo parlare di temi quasi dimenticati e ormai contro-corrente rispetto al pensiero unico che dilaga ai giorni nostri.

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