Inquinamento e Covid-19: legami e conseguenze

C'E' UN LEGAME TRA IL VIRUS E LO SMOG. SI NOTA UN CALO DOPO LE RESTRIZIONI PER L'EMERGENZA MA FORSE QUESTO NON BASTA. INTANTO LA NATURA SI RIPRENDE LE CITTA'

Le foto satelliateri scattate da Copernico mostrano la diminuzione di inquinamento

Dalle lepri e le anatre nei parchi di Milano, ai delfini nelle baie cagliaritane. In questi giorni circolano foto di animali selvatici che ripopolano le città deserte, approfittando della quarantena e dandoci una prospettiva di come sarebbe il mondo se l’uomo si facesse da parte.

Infatti le misure restrittive messe in atto ormai nella maggior parte degli Stati hanno ridotto notevolmente le attività antropiche maggiormente inquinanti quali le fabbriche e il traffico veicolare e aereo. Grazie ai dati dell’ESA e della NASA, lo abbiamo visto in Cina dove si registra una riduzione delle emissioni di biossido di azoto del 30%. Lo si vede però anche nelle grandi metropoli americane – a New York le emissioni di anidride carbonica sono diminuite in pochi giorni del 10% – e nelle capitali europee.

ITALIA PIU’ PULITA – Anche in Italia si riscontra una riduzione dell’inquinamento. Dagli anni ’60, a causa del boom economico, le attività umane e lo smog sono aumentate in maniera esponenziale in Pianura Padana, tanto che ora è considerata la ‘zona nera’, ossia la più inquinata d’Europa e quarta nel mondo. La causa di tutto ciò è l’alta industrializzazione nella macro-area, in cui sono concentrate la maggior parte delle aziende italiane. Ma anche l’alta densità di popolazione: con un territorio che interessa cinque regioni, si contano circa 20 milioni di abitanti. Infine, va considerato il clima umido e poco ventilato e le attività di allevamento e agricoltura intensiva, che tolgono spazio alle aree boschive naturali.

In questo periodo di lockdown, i maggiori enti per lo studio dell’ambiente – quali ARPA (Agenzia regionale per la protezione ambientale), SNPA (Servizio nazionale di monitoraggio e previsione della qualità dell’aria) e l’AEA (Agenzia Europea per l’Ambiente) hanno dimostrato la diminuzione del biossido d’azoto (NO2) del 50%, con una media del -10% settimanale in zone quali Milano, Bologna, Bergamo e Torino. Il biossido d’azoto è una particella inquinante che viene prodotta da qualsiasi combustione – quindi dalle auto e dalle fonti di energia/calore- e causa problemi di salute per l’uomo ma anche le piogge acide che rovinano il terreno e, inoltre, contribuisce alla formazione di ozono. I valori mediani registrati in quest’area dimostrano che le quantità di NO2 nel mese di febbraio erano comprese tra 26-40 microg/m3, mentre nel mese di marzo sono 10-25 microg/m3.

In particolare, dal 19-25 febbraio al 11-17 marzo: in Lombardia si è passati da 26-45 microg/m3 a 13-28 microg/m3; in Veneto da 25-35 microg/m3 a 9-26 microg/m3; in Piemonte da 26-37 microg/m3 a 11-21 microg/m3; in Emilia Romagna da 20-31 microg/m3 a 7-20 microg/m3; in Friuli Venezia Giulia dal 50-70 microg/m3 al 10-20 microg/m3.

L’acqua pulita dei canali veneziani

Un caso che ha fatto molto scalpore è stato quello dei canali di Venezia dove il mancato moto ondulatorio provocato dalle barche ha permesso alle alghe che puliscono l’acqua di rinascere e agire. Il risultato? L’acqua dei canali veneziani è tornata limpida, tanto da vedere i pesci nuotare.

Nonostante questi dati è però ancora presto per definire questo fenomeno, perchè l’inquinamento dipende anche dagli agenti meteorologici. Inoltre, si potrebbe riscontrare un aumento delle emissioni generato dalle maggiori attività domestiche e da quelle industrie che, non solo continuano a lavorare per produrre beni di necessità, ma hanno implementato il loro regime.

Infatti è da notare come in questo ultimo weekend, dopo un trend in ribasso, il livello delle polveri sottili in Emilia Romagna sia tornato a salire, superando la soglia consentita di 50 microg/m3. A Parma – sabato 28 marzo – erano 109 microg/m3; a Bologna 136 microg/m3; addirittura a Rimini erano 140 microg/m3. Le cause di questo innalzamento sono dovute- spiega l’Arpae – al trasporto merci che rimane attivo in larga scala e alle correnti d’aria provenienti dal Mar Caspio.

EFFETTI SUL VIRUS? – L’OMS da anni afferma l‘enorme impatto che l’inquinamento ha sulla salute dell’uomo, lanciando un allarme. Il già citato biossido d’azoto, che si trova in alta concentrazione nell’aria che respiriamo, causa problemi respiratori e cardiovascolari, tumori ai polmoni e uccide ogni anno in Italia 14.600 persone. A ciò si aggiungono le vittime da ozono che ogni anno, in Italia sono circa 3.000, e le 58.600 vittime causate dal particolato fine. Il totale è di 76 mila morti annuali in Italia. Numeri da epidemia, che però ricevono poca attenzione.

Proprio i particolati fini sono stati oggetto di un rapporto che affermava la correlazione tra inquinamento e diffusione del contagio e considerava i particolati fini  fattori di circolazione del virus. Il rapporto è stato realizzato dalla SIMA (Società italiana di medicina ambientale), in collaborazione con l’Università di Bologna e quella di Bari.“Il particolato atmosferico funziona da vettore di trasporto per i virus. I virus sarebbero cioè in grado di attaccarsi con un processo di coagulazione al particolato, riuscendo così a rimanere in atmosfera per lungo tempo (ore, giorni, settimane). E a viaggiare anche per distanze relativamente lunghe. Il particolato atmosferico, oltre a trasportare i virus, potrebbe inoltre costituire un substrato capace di permettere al virus di rimanere nell’aria in condizioni vitali per un certo tempo, nell’ordine di ore o giorni” commenta sul suo blog Fabio Orecchini, professore universitario ed esperto di sistemi per l’energia e l’ambiente, riprendendo le considerazioni del rapporto SIMA. 

Lepri in un parco a Milano

Orecchini si dimostra però cauto: “Partendo da queste considerazioni, la SIMA evidenzia una relazione tra il superamento dei limiti di legge delle concentrazioni di PM10, registrati nel periodo 10-29 febbraio e il numero di casi infetti da COVID-19 aggiornati al 3 marzo”. L’esperto chiarisce però che il documento della SIMA è solo una presa di posizione e non una pubblicazione scientifica. Si tratta infatti di un’analisi che si fonda sulla letteratura scientifica relativa ad altri virus.

Dallo stesso studio della SIMA traspariva la  posizione secondo cui il clima umido e freddo del Nord d’Italia in questo periodo, trattenendo e incrementando il particolato, avrebbe favorito la diffusione del virus. Ne derivava la considerazione che, con l’aumento delle temperature, la situazione sarebbe migliorata.

Come detto in precedenza, però, le emissioni di agenti inquinanti dipendono da troppi fattori per stabilire ora un nesso di causa-effetto fra la diffusione del covid-19 e l’inquinamento. Questo studio è sicuramente un ottimo punto di partenza che infonde molta speranza, ma data la scarsa conoscenza che si ha del virus, resta prematuro trarre leggi scientifiche.

Ciò non toglie però che una proroga delle misure contenitive gioverebbe sicuramente all’ambiente, forse sensibilizzando la popolazione sull’impatto che smog ed emissioni hanno sulla salute umana.

di Laura Storchi

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