Quando l’Italia ripartì con la maglia rosa

A CAUSA DELL'EMERGENZA COVID-19 SALTA IL GIRO D'ITALIA 2020. L'ITALIA DEVE VINCERE LA GARA PIU' IMPORTANTE: QUELLA DELLA VITA

In questi giorni di sofferenza per il nostro Paese può essere difficile, talvolta imbarazzante, parlare di sport; nonostante ciò le grandi difficoltà che stiamo attraversando ci possono spingere a ricordare quando anche durante la Seconda Guerra Mondiale, il Giro d’Italia si fermò.

Quello del 1940 fu l’ultimo giro a disputarsi prima dell’interruzione bellica. Ai nastri di partenza di Milano tra le fila della Legnano, Gino Bartali: il campione fiorentino già vincitore di Giro – nel 1936 e nel 1937- e di Tour de France nel 1938.  In squadra con lui il giovane quanto sconosciuto Fausto Coppi. Ginetaccio, vincitore atteso, cadde inaspettatamente nella seconda tappa e uscì dalla lotta per i primi posti. Coppi invece grazie ad una prestazione maiuscola nell’undicesima frazione indossò la maglia rosa, simbolo del primato, e la portò fino al traguardo di Milano. Nacque così il mito di Fuasto Coppi: L’airone. Solo il giorno dopo l’arrivo nella città lombarda di Benito Mussolini che dichiarò l’entrata in guerra dell’Italia. Era il 10 Giugno 1940.

Prima della Corsa Rosa 1946 tanti morti e tanta storia, tra cui quella di Gino Bartali. Salvò molte vite umane trasportando in sella sua bicicletta documenti falsi da consegnare poi alle famiglie perseguitate. Solo qualche anno fa è stato dichiarato “Giusto tra le Nazioni”.  L’Italia è devastata dalla Guerra, ancora convalescente, ma la carovana del giro si appresta a ripartire. Un aneddoto testimonia il clima che si viveva in quel momento: nella tappa Rovigo-Trieste alcuni attivisti per l’annessione di Trieste alla Jugoslavia bloccarono il passaggio della carovana con blocchi di cemento,  tirando sassi ai corridori. La tappa fu neutralizzata, ma la corsa continuò a percorrere lo stivale. Al termine della corsa rosa trionfò Gino Bartali; dietro di lui, neanche a dirlo Fausto Coppi.  Il distacco finale tra i due è di soli 46’’. Negli anni successivi insceneranno una delle rivalità più sincere e umane della storia.

Nonostante alcune sommosse fu un edizione da ricordare anche perché dopo anni, gli italiani ritrovarono nel Giro d’Italia  oltre che una meritata forma di svago, anche una rinnovata speranza per il futuro. È così che pensando alle sensazioni che il popolo provò al tempo proviamo ad immaginare quando, finalmente, oltre alle tante piccole belle cose a cui siamo abituati, potremo di nuovo scendere insieme in strada ad assaporare un abbraccio, una birra in compagnia e il fruscio delle biciclette dei nostri beniamini. È infatti notizia di qualche giorno fa che anche il Giro D’Italia 2020 è stato posticipato, a data da destinarsi.

Certo, ora la montagna da scalare è un’altra: è quella che stanno scalando i nostri infermieri, i nostri medici, gli operatori socio sanitari, i nostri poliziotti e la nostra classe politica. Noi facciamo il tifo per loro! Ma è anche quella di chi, ligio al dovere, rimane a casa seduto sul divano o alla scrivania.

È come in una gara di ciclismo. Tra compagni, ma spesso anche tra rivali, ci si aiuta per raggiungere un obiettivo comune, si fa uno sforzo per togliere del lavoro a un amico, per risparmiargli la fatica. In questa gara però non un singolo taglierà il traguardo: lo farà la vita. Ce la faremo, un colpo di pedale alla volta.

 di Paolo Moretti

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