Coronavirus: l’emergenza è anche psicologica

L'EMERGENZA CORONAVIRUS AFFRONTATA ANCHE DAGLI PSICOLOGI D'EMERGENZA

“Buongiorno, mi chiamo V. ho 22 anni e per me la situazione è drammatica. In famiglia stiamo tutti bene, sono sempre a casa, lontano da una routine solo in apparenza noiosa, lontano da amici con cui non vado particolarmente d’accordo e da una vita che già reputavo poco soddisfacente… ma adesso è il caos, passo le giornate a tormentarmi fermo sul divano, senza nulla da fare perché dopo un po’ anche leggere e studiare stufa, vorrei uscire di casa, vorrei vedere qualcuno, vorrei fare una corsa o anche solo andare a prendermi qualcosa al bar. La situazione fatta di noia è terribilmente fredda, le notizie sui TG sono terribilmente drammatiche e la mia vita fa terribilmente schifo”.

V. è un ragazzo pieno di idee, pieno di amici, pieno di passioni. Non vuole ammettere la bellezza della sua vita. Ma V. è in una situazione che lo fa stare male. Il virus, anche se non lo ha colpito fisicamente, lo riempie di pensieri negativi. E la stessa situazione la stanno vivendo in tantissimi, un’intera popolazione.

Psicologa Anna Punzo

UN TEMA SEMPRE PIU’ ATTUALE – Il virus sta dando a tutti malessere, stati d’animo tra cui tristezza, paura e sconforto. A presentare la situazione è la psicologa Anna Punzo, che in questo periodo ha studiato gli effetti della quarantena: “In un periodo di forte percezione del pericolo, stress e ansia procurano un forte senso di impotenza, non solo a chi sta lavorando in prima linea nella lotta a questo virus, ma anche a tutti coloro che si trovano a soffrire l’isolamento sociale. La letteratura scientifica dimostra che il contatto fisico e il supporto sociale sono aiuti preziosi nel fronteggiare periodi di forte stress – sottolinea la psicologa – scuole e università sono chiuse, no allo sport, no ad hobby come il cinema o il teatro, no ad aspetti molto importanti della propria quotidianità. Una situazione che crea disagio e che fa sì che molte persone si trovino per la prima volta a fronteggiare l’ansia, il panico e la depressione. C’è bisogno di comunicare, c’è bisogno di sentirsi parte di una comunità: il flash mob ne sono la prova”.

Un quadro psicologicamente drammatico. Oltre all’isolamento sociale si aggiungono una diversa e più complicata elaborazione del lutto da parte della popolazione, nonché l’incertezza lavorativa e nel futuro economico. La situazione che si presenta è quanto mai chiara: c’è bisogno di un sostegno psicologico, la salute non è solo fisica e la componente mentale non va sottovalutata. “Noi psicologi ci siamo messi in prima linea. Il benessere psicologico è un bisogno di tutti. La professione dello psicologo non va confusa con ‘una pacca sulla spalla e due parole di conforto’ ma si concretizza in un aiuto prezioso nel focalizzare i problemi dalla giusta prospettiva” conclude Anna.

UNA VERA E PROPRIA SQUADRA DI PSICOLOGI- Marta Viappiani, direttrice di una vera e propria squadra di sostegno, parla invece del suo operato a Parma: “Siamo un team di psicoterapeuti che operano in ambito clinico ma ci occupiamo da diverso tempo anche dell’ambito dell’emergenza. Abbiamo al nostro interno anche una assistente sociale che si è formata proprio per le emergenze. Siamo in 7, anche se molti colleghi ci chiedono di poter entrare nel nostro team, tuttora in fase di riorganizzazione operativa. Operiamo da anni all’interno della Protezione Civile, lavoriamo nella prevenzione dei rischi e nella tutela di volontari e soccorritori. Il nostro lavoro comporta molto impegno, molto tempo a disposizione e molto studio per i continui aggiornamenti, ma anche molta passione da introdurre per quanto concerne l’aiuto all’altro”.

La dottoressa Viappiani, a nome dell’intero team di psicologi, parla dell’emergenza in corso: “È particolare il caso degli adolescenti, che attraversano una fase dello sviluppo in cui è importante alternare la vita famigliare allo studio e al rapporto con i pari. Una telefonata o una videochiamata con gli amici, specialmente in uno spazio ristretto e facilmente accessibile ai genitori, ha tutt’altra valenza rispetto a un incontro con gli amici fuori casa o anche semplicemente nei pressi della scuola prima o dopo le lezioni. Ma anche gli adulti possono non avere vita facile: la crisi di un rapporto con un famigliare può assumere contorni pericolosi se la condivisione della quotidianità è forzata, con derive particolarmente drammatiche nelle situazioni già caratterizzate da maltrattamento”.

“Al momento è ancora difficile fare previsioni su come le persone usciranno dal periodo di emergenza – spiega la dottoressa Viappiani – dal momento che per tutti, noi psicologi dell’emergenza compresi, questa pandemia è una situazione del tutto nuova”. Gli adolescenti ricominceranno a uscire e a tentare di riprendere i fili del loro vissuto, si accorgeranno di essere cambiati, cresciuti, maturati e comunque ‘diversi’ e troveranno un mondo che non sarà più lo stesso di prima.

COME SI AFFRONTA IL PROBLEMA – La dottoressa Viappiani prosegue nell’affrontare il problema: “L’aspetto positivo è sicuramente quello nel quale, in questo momento di isolamento, tutti dovranno fare i conti con sé stessi: ovvero, occorrerà affinare la propria resilienza e scoprire quali capacità e quali abilità coabitano ‘dentro di noi’ e usarle in questo momento al meglio per fronteggiare positivamente questo evento. Sicuramente si scopriranno interessi, hobby e passioni assolutamente nuove che prima d’ora mai si sarebbe pensato di coltivare avendo del tempo a disposizione. Ma sarà anche occasione per avere più confronti e condivisioni in famiglia, maggior tempo e spazio per conoscerci meglio”.

Ci sono anche dei rischi: “Quello maggiore è quello di cambiare le proprie abitudini e i propri atteggiamenti nel senso di una maggiore chiusura all’incontro, al contatto fisico e alle nuove esperienze. Per questo l’indicazione principale per affrontare lo stress da quarantena è quello di mantenere, per quanto possibile, alcune delle proprie abitudini quotidiane, come l’attività fisica in casa o nel giardino, letture e altre attività simili. Ridefinire temporaneamente le modalità di incontro con le persone significative potrà garantire una continuità della vita sociale, ma anche dedicare tempo ai propri interessi, solitamente più sacrificati nella mole di impegni. Naturalmente usciremo da questo isolamento “differenti” e “cambiati””.

Poi una domanda che sorge spontanea: c’è bisogno di sostegno psicologico in questo periodo di emergenza e come si può avere? “Necessario e indispensabile il sostegno psicologico, che parta dall’ascolto immediato di qualsiasi esperienza personale di disagio; l’espressione del bisogno di essere ascoltati è il primo passo per limitare il danno psicologico del malessere emotivo. Parlando si condivide, si interagisce, si contestualizza e si percepisce la realtà con più ordine, scoprendo l’utilità di risorse prima trascurate o ignorate. Molti sportelli d’ascolto sono stati aperti sul nostro territorio e il primo è stato proprio quello dell’Equipe Psicosociale per le Emergenze del NIP di Protezione Civile. Successivamente altri sono stati aperti tra i quali lo sportello dell’AUSL con ben 8 psicologi che rispondono al personale sanitario e ai familiari dei ricoverati: penso un ottimo servizio”.

“Sono molto felice e gratificata per quello che svolgo per la mia Comunità, per i soccorritori volontari e per le Istituzioni. – conclude la dottoressa Viappiani – Tuttavia, un po’ di tristezza non la posso nascondere perché, ancor oggi, lo psicologo è visto come colui che cura i ‘matti’ e di conseguenza viene spesso erroneamente visto come uno specialista dal quale si può venire giudicati. Anche nelle scuole l’impiego della nostra figura è molto limitato, la strada è ancora lunga. Noi non siamo i dottori dei ‘matti’, siamo in ascolto di tutti e non diamo etichette. Conosciamo le differenze tra psicologi, psichiatri e altre figure di aiuto? Chiediamocelo”.

DUE VOCI SUL CAMPO – Emanuela e Maddalena sono invece altre due psicologhe “di emergenza”. Emanuela, psicoterapeuta EPE-NIP, cita Bernarno Bertolucci: “La solitudine può essere una tremenda condanna o una meravigliosa conquista”. “Alcuni degli ospiti del Centro Diurno per Tossicodipendenti, – continua Emanuela – che non vediamo al momento in presenza ma solo online, mi stanno dicendo che, seppur con fatica, stanno riscoprendo risorse che forse avevano accantonato o non credevano di avere proprio. Stanno riscoprendo una maggiore capacità d’introspezione e i limiti imposti, in alcuni casi, li stanno aiutando a mantenere maggiormente la sobrietà. Certo non è così per tutti, ma per alcuni di loro sì. In più è una cosa che sto riscontrando anche in alcuni pazienti privati, per fortuna”.

Maddalena, anche lei psicoterapeuta EPE-NIP, con la sua testimonianza sul campo riferisce che “le telefonate ci catapultano in un incubo e un’angoscia della quale io mi sento spaventata e miracolata ogni giorno per non doverla vivere personalmente. In questi giorni, osservando me stessa, ascoltando la paura, la disperazione di chi sta male o ha i propri cari in ospedale, il coraggio di chi non si ferma rischiando la propria salute per il bene della comunità, la solitudine a cui tutti siamo un po’ costretti davanti al dolore, all’imprevedibilità della vita, alla morte, mi rendo conto di quanto siamo impreparati perché riempiamo con ogni cosa le nostre vite fuggendo al minimo accenno di dolore, di paura, di imprevedibilità, di impotenza. Credo che quello che stiamo sperimentando tutti ora in modo violento, improvviso e presuntuoso, è il senso di impotenza. Ci sentiamo piccoli, in pericolo, vulnerabili, soli”.

“Abbiamo paura e non possiamo più fuggire – conclude Maddalena -Stiamo vivendo un dolore collettivo ma paradossalmente nella solitudine. Mi piace però guardare cosa di buono sta nascendo. La rete di solidarietà che si è mossa è forte tanto quanto questa paura. L’unione che vedo nascere tra sconosciuti, è forte tanto quanto è violento lo tsunami. Non possiamo parlare con la vicinanza corporea come per noi era naturale, ma stiamo imparando il valore della comunicazione di uno sguardo, anche di chi non conosciamo”.

di Nicolò Bertolini

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