Gli ebrei a Parma, tra integrazione e persecuzioni

PARMA HA AVUTO UN RUOLO IMPORTANTE NELLA STORIA DELL'EBRAISMO ITALIANO, E ANCHE NEL SUO PRESENTE

Manoscritto ebraico alla Biblioteca Palatina. Foto di Mosaico-cem

Entrando nella sinagoga di vicolo Cervì a Parma, la sera di Yom Kippur, il giorno più importante nel calendario ebraico che l’anno scorso era il 9 ottobre, si percepisce molta quiete. La sinagoga è piccola, nulla a che vedere con quelle maggiori di Roma, Milano o Firenze, e pur essendo piena non ospita più di una ventina di persone. Ma forse proprio per questo si respira un’aria più familiare, di maggiore vicinanza tra le persone. Al termine delle preghiere, ci si riunisce in una stanzetta per mangiare e riprendersi da un’intera giornata di digiuno.

LE ORIGINI – La storia di questa piccola comunità parte da lontano: le prime notizie riguardo a una presenza ebraica a Parma appaiono tra il 300′ e il 400′, quando la città era parte del Ducato di Milano. All’epoca in molti arrivarono nel Nord Italia dalla Germania e dal sud della penisola, poiché all’epoca il Mezzogiorno era dominato dagli spagnoli che nel 1492 cacciarono via con la forza gli ebrei da tutte le loro terre. Nei comuni e nelle signorie del nord, gli fu concesso di gestire banchi di pegno. Inizialmente furono tollerati, ma non integrati: solo nel 1455 il duca Francesco Sforza annulla l’obbligo per gli ebrei di portare un segno di riconoscimento sugli abiti, ma anche dopo non poterono partecipare alla vita pubblica, oltre ad avere limitazioni nei rapporti con i cristiani, nel commercio e nell’attività immobiliare. Ciò finì nel 1555, quando fu ordinata l’espulsione degli ebrei dalla città, il che li portò a stanziarsi in piccoli paesi del parmense e del piacentino come Soragna, Fidenza e Fiorenzuola.

Sinagoga di Parma, foto di “ucei.it”

L’EMANCIPAZIONE – Tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800 gli ebrei parmensi ricominciano gradualmente a rientrare nella città; in particolare, nel 1803 ottennero l’emancipazione e gli stessi diritti degli altri cittadini grazie alla Francia napoleonica, che solo un anno prima aveva annesso il Ducato di Parma e ivi portato le riforme sociali della Rivoluzione Francese. Da allora gli ebrei si inserirono appieno nella società, contribuendo alla nascita di associazioni come la Società Mutualistica della Pubblica Assistenza, che tra le altre cose aiutava gli ospizi e gli orfani di guerra. Mentre nel 1866 venne inaugurata la sinagoga di vicolo Cervi a Parma.

Nel 1845 a Parma nacque la Rivista Israelitica, il primo giornale ebraico in Italia: il suo direttore, l’ebreo modenese Cesare Rovighipochi anni dopo si unì all’esercito piemontese e combatté nelle tre guerre d’indipendenza del Risorgimento. Giuseppe Garibaldi in persona disse di lui: “Rovighi, voi avete combattuto da vero Cavaliere, con la penna e con la spada”. Un altro ebreo combattente, Tobia Levi,  è ricordato nella lapide del Municipio di Soragna tra i caduti delle guerre del Risorgimento.

Nel XIX le otto comunità ebraiche di Parma e dintorni (nei paesi di Borgo San Donnino, Busseto, Colorno, Soragna, Cortemaggiore, Fiorenzuola e Monticelli) raggiunsero il loro massimo sviluppo, contando un totale di 700 persone. A dimostrare quanto Parma sia importante per la storia dell’ebraismo italiano, la Biblioteca Palatina della città possiede la più grande collezione di manoscritti ebraici in Italia, e la seconda del mondo dopo la Biblioteca Bodleiana di Oxford.

Ma all’inizio del XX secolo le comunità dei piccoli paesi di provincia si spopolarono, poiché i loro membri emigrarono nelle grandi città, e tra il 1925 e il 1932 le sette comunità di provincia nel parmense e nel piacentino confluirono tutte in quella di Parma.

Pietre d’inciampo per commemorare gli ebrei di Parma deportati

Anche qui le Leggi Razziali ebbero un impatto pesante: nell’ottobre 1938 quattro professori ebrei dell’Università di Parma vennero espulsi, mentre gli studenti più giovani dovettero andare alla Scuola Ebraica di Milano. Mentre nel 1939 la sinagoga di Soragna, costruita nel 1584 e l’ultima ancora attiva in provincia, venne requisita dal regime fascista e adibita a Casa del Fascio e dell’Opera nazionale balilla. Anche a Parma molti ebrei furono deportati nei campi di concentramento: da tutta la provincia ne vennero deportati 74, sia italiani che stranieri, e di questi ne morirono 23, di cui 6 bambini alla cui memoria è stato dedicato un parco.

Tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 la vecchia sinagoga di Soragna fu restaurata dall’allora presidente della Comunità di Parma Fausto Levi, che pur mantenendo la sala di culto riconvertì il resto dell’edificio in un museo che porta il suo nome.

SITUAZIONE ATTUALE – Oggi quella di Parma è una delle 21 comunità che compongono l’UCEI (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane), e come le altre è spesso attiva in iniziative di ambito culturale: da anni Parma, come molte città italiane, partecipa alla Giornata Europea della Cultura Ebraica, della quale nel 2019 è stata la città capofila. Inoltre, in passato si tenevano corsi di ebraico, mentre al Museo Ebraico di Soragna si organizzano talvolta presentazioni di libri. Altro evento importante nell’ultimo periodo è stato quando, nella Giornata della Memoria 2020, sono state posate quattro nuove pietre d’inciampo, oltre alle 30 già esistenti, di fronte alle case degli ebrei parmigiani che furono deportati nei campi. Alcune pietre furono posate negli stessi giorni anche in altri 4 comuni della provincia parmense.

Per chi volesse documentarsi di più sulla storia degli ebrei di Parma, nel volume del 2018 Storia di Parma vi è un saggio intitolato La comunità ebraica prima e dopo le leggi razziali, dello storico Emanuele Edallo.

di Nathan Greppi

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