La ricerca del vaccino anti-Covid: una corsa contro il tempo

CON L'AIUTO DEL PROFESSOR PETRONINI SI CERCA DI CAPIRE L'IMPORTANZA E IL PROCESSO PRODUTTIVO-SPERIMENTALE DEL TANTO ATTESO VACCINO CONTRO IL CORONAVIRUS

Il prossimo 4 maggio l’Italia si appresta a cominciare un progressiva apertura, la cosiddetta fase 2. Gradualmente molte attività commerciali e industriali ri-apriranno. Naturalmente tutto questo sarà realizzato con cautela e prevenzione, ma l’Oms mette già in guardia che ci potrebbe essere il rischio di una nuova ondata e di nuovi focolai di Covid-19. Il ritorno alla normalità sarà insomma molto lento e anche pericoloso: l’unica soluzione che potrebbe dare un po’ di speranza sarebbe la scoperta di un vaccino.

Questa speranza però porta con se vari dubbi. Nonostante il cospicuo numero di laboratori impegnati nella ricerca e le ingenti somme investite nello scopo, la realizzazione del vaccino potrebbe richiedere ancora diversi mesi di lavoro. Per saperne di più, interpelliamo il professor Pier Giorgio Petronini, che ha alle spalle oltre quarant’anni di docenza in immunologia all’Università di Parma, oltre che varie esperienze di lavoro e ricerca all’estero, tra le quali anche presso l’unità di oncologia virale dell’istituto Pasteur di Parigi.

SARS-COV-2: UN VIRUS INTELLIGENTE E IGNOTO – “Negli ultimi due decenni, tre Coronavirus, SARS-Cov, MERS-Cov, e l’attuale SARS-Cov2, hanno rappresentato e costituiscono una notevole minaccia per la salute. Tuttavia, non esistono ancora vaccini approvati per Coronavirus umani. Gruppi di ricerca in tutto il mondo stanno accelerando lo sviluppo di vaccini utilizzando vari approcci” spiega il professor Petronini.

Il SARS-Cov-2 rappresenta dunque una nuova importante sfida per la scienza medica, si tratta di un nuovo ceppo di Coronavirus, mai identificato prima dall’uomo, che presenta delle peculiarità abbastanza preoccupanti: un’elevata velocità di propagazione e la possibilità di sviluppare patologie, come la polmonite bilaterale, che possono portare al ricovero in terapia intensiva e alla morte. Inoltre ha giocato un ruolo centrale anche la sua possibilità di confondersi  con l’influenza stagionale (i primi sintomi sono gli stessi), e la sottovalutazione di questo problema da alcuni capi di Stato.

Tutto questo ha permesso al virus di spopolare in quasi tutte le parti del mondo, col risultato che attualmente più della metà della popolazione mondiale è in lockdown. Ma dopo oltre 50 giorni di totale isolamento si è capito che restare a braccia incrociate ad aspettare che il virus se ne vada da solo non è la strada giusta, il blocco del mondo del lavoro e dei servizi sta dando luogo a conseguenze sociali ed economiche non indifferenti. L’unica soluzione sembra essere quella di sviluppare un vaccino capace di rendere la popolazione immune, ma nonostante tutte le energie della ricerca internazionale siano concentrate su questo obiettivo, sembra che si dovrà aspettare ancora a lungo per vedere il vaccino sul mercato. Ma cos’è un vaccino e come si crea?

COME SI SVILUPPA UN VACCINO – Nel 1796, un medico inglese, Edward Jenner, prelevò un campione di vaiolo bovino e lo inoculò  in un bambino di otto anni in piena salute, dopo una settimana il bambino era rimasto sano e allora provò a iniettargli un campione di vaiolo umano, malattia che in quegli anni stava falciando la popolazione inglese. Straordinariamente il bambino rimase immune e Jenner confermò la sua intuizione: i contadini che avevano contratto e superato il vaiolo bovino erano immuni al vaiolo umano. Così nacque il primo vaccino sperimentale della storia.

Oggi, nel 2020, in tempi sono cambiati e l’ideazione e sperimentazione prevedono vari step prima di arrivare all’uomo, ci racconta prof. Petronini: “Lo sviluppo di un vaccino è un processo piuttosto lungo ed elaborato che parte dalla conoscenza approfondita dell’agente responsabile della malattia che si intende prevenire e delle sue modalità di interazione con l’organismo umano. Inizialmente si effettuano studi sperimentali in vitro, in base ai quali è possibile stabilire quale sia la composizione qualitativa e quantitativa ideale di un vaccino.”

“Una volta definito questo aspetto – continua Petronini – il potenziale vaccino viene sottoposto alla sperimentazione pre-clinica che include studi su modelli animali attraverso i quali si definisce la capacità di indurre la risposta immunitaria specifica, il profilo tossicologico e le prime evidenze di efficacia e sicurezza su un organismo vivente complesso. A questo punto, il vaccino entra nel percorso di sperimentazione clinica sull’uomo che prevede quattro fasi: le prime tre precedono l’autorizzazione all’immissione in commercio e la quarta viene condotta quando il vaccino è già disponibile sul mercato. In queste fasi dello studio viene progressivamente aumentata la popolazione trattata con il vaccino, definito il numero di dosi per l’immunizzazione primaria ed eventuale richiamo e caratterizzata l’efficacia e sicurezza del vaccino”.

NELLA RICERCA TANTE ECCELLENZE ITALIANE – Sono tanti i laboratori italiani in fermento per la ricerca di un vaccino per il Coronavirus, molti dei quali sono concentrati nel Lazio, alle porte di Roma. Una è l’Advent IRBM con sede a Pomezia che, in collaborazione con il Jenner Institute dell’Università di Oxford, sostiene di poter cominciare già a fine mese la sperimentazione sull’uomo, che coinvolgerebbe 500 soggetti.

I risultati sull’efficacia si avrebbero a settembre e il vaccino potrebbe essere pronto entro fine 2020 per le categorie protette (personale sanitario e forze dell’ordine) mentre sarà necessario più tempo per renderlo disponibili su larga scala a tutta la popolazione. In pole position anche la società Biotech Takis di Castel Romano, già specializzata per cure oncologiche, sta iniziando in questi giorni una sperimentazione  in vitro presso l’Istituto Spallanzani e prevede di iniziare lo studio su umani entro l’autunno.

Anche per quanto riguarda l’estero le ricerche sono molteplici: l’Oms ha comunicato che si tratta di 73 tipi di vaccino in studio su tutto il pianeta. Fra le tante bisogna citare la collaborazione franco-inglese fra i due colossi della farmaceutica Sanofil e Glaxo, che promettono un vaccino pronto entro metà 2021.

Mentre oltreoceano la fondazione di Bill Gates ha già donato oltre 100 milioni di dollari per finanziare aziende che stanno sviluppando il vaccino, tra cui la statunitense Inovio che sostiene di essere già pronta alla fase di test su esseri umani. Sulla ricerca il prof. Petronini spiega che bisogna andarci cauti: “Numerose istituzioni e aziende a livello mondiale hanno iniziato a sviluppare vaccini per la prevenzione di Covid-19, tuttavia, a mio avviso, avremo un vaccino disponibile per una adeguata copertura vaccinale e quindi una ‘immunità di gregge’, nella migliore della ipotesi,  non prima di un anno.”


I NO-VAX SONO TORNATI –  Negli ultimi giorni nei gruppi antivaccinisti si parla soprattutto di fare opposizione alla ricerca per il vaccino in nome di varie teorie: si passa dal dire che useranno il vaccino per inserire un microchip nel nostro corpo a scrivere che il vaccino è più pericoloso del virus stesso, oppure che non c’è nessun virus e si tratta solo di un complotto delle case farmaceutiche.

La rete No Vax, formata soprattutto da gruppi Facebook, Whatsapp e blog, fa appello a resistere e a prepararsi per boicottare il vaccino. Ultimamente tra loro si sono unite anche personalità famose come il numero uno del tennis Djokovic, che pochi giorni fa ha dichiarato che non si vorrebbe sottoporre a un eventuale vaccino obbligatorio per tornare a giocare. Il rischio è che se la fetta di popolazione contraria al vaccino dovesse ampliarsi sempre di più, potrebbe rendere impossibile l’immunità di gregge, e di conseguenza il vaccino diventerebbe così inutile.

IMMUNITA’ E MUTAZIONI: COSA NE SAPPIAMO ? – Tanti aspetti di questo virus non sono ancora del tutto chiari alla scienza e si è ancora lontani dal poterli comprendere. Ad esempio sappiamo che non esiste un’immunità al 100% per chi ha superato il virus: in poche parole non funziona come l’influenza stagionale, che una volta superata non si ripresenta più nello stesso anno. “Si conosce ancora poco delle interazioni di questo virus con il nostro sistema immunitario – illustra Petronini – nella letteratura scientifica sono descritti casi in cui l’infezione cronicizza su certi pazienti e soggetti che pur avendo superato la malattia (clearance del virus e due tamponi negativi) ad un nuovo contatto con il virus presentano nuovamente la sintomatologia, benché limitato questo è un fenomeno preoccupante”.

Questo rimette tutto in discussione, anche chi ha già passato il Covid potrebbe essere di nuovo infettato, aumentando così il rischio di una seconda ondata di contagi. Un altro aspetto ambiguo di questo Coronavirus è la sua possibilità di mutare per superare le difese di un possibile vaccino, come conferma prof. Petronini: “E’ vero che molti virus utilizzano la deriva antigenica (una sorta di mutazione genetica del virus ndr.) come meccanismo di evasione dalla risposta immune. La speranza è di trovare epitopi antigenici riconosciuti sia dai linfociti B che T che non mutino”. Il discorso è complesso, ma si comprende che l’unico modo per evitare una possibile mutazione è quello di sviluppare un vaccino che abbia la peculiarità di non permettere al virus di mutare. Purtroppo questo rende ancora più complicato il lavoro della ricerca.

ALTERNATIVE AL VACCINO – Abbiamo visto che l’attesa per il vaccino sarà ancora lunga: nel frattempo, che fare? Per adesso le cure mediche per i malati di Covid prevedono solamente terapie di supporto come la somministrazione di ossigeno, mentre per la prevenzione vengono consigliati solamente i dispositivi di protezione come guanti, mascherine e il mantenimento della distanza di sicurezza. Nelle ultime settimane però si è aperto il dibattito attorno ad alcuni farmaci che potrebbero alleviare i sintomi del Coronavirus, come ad esempio l’Avigan e la Clorochina.

“Non sono un clinico, tuttavia a mio avviso i pazienti andrebbero trattati precocemente, ai primi sintomi, prima che la malattia possa evolvere e si instauri la polmonite interstiziale bilaterale, che può portare il paziente in rianimazione. E’ necessario contenere i sintomi anziché attenderne l’evoluzione. L’adozione precoce di una terapia antinfiammatoria potrebbe evitare che i danni provocati dal processo flogistico (infiammazione ndr.) si accumulino portando alcuni pazienti in una fase della malattia difficilmente reversibile. Ad oggi mi risulta che abbiano ricevuto l’approvazione di AIFA (Agenzia italiana del farmaco) diciannove protocolli per trattamento del Covid-19″.

Quindi potrebbe essere possibile che si arrivi prossimamente alla scoperta di un farmaco o una terapia coadiuvante alla cura dei pazienti, ma bisogna andarci cauti dato che non esistono farmaci miracolosi e molte delle notizie che circolano attualmente a questo riguardo si sono poi dimostrate errate. Nemmeno l’utilità di Avigan e Clorochina è stata scientificamente provata. Piuttosto conviene monitorare la propria salute e alle prime avvisaglie di contagio rivolgersi alle autorità sanitarie per aumentare le possibilità di un veloce recupero.

Il primo imperativo categorico rimane fidarsi della scienza e avere fiducia nei medici invece che sperare in fantasmagoriche soluzioni immediate, perché non ci saranno, almeno non subito. Vaccino sì o vaccino no, dovremo abituarci al fatto che non ci sarà un vero ritorno alla normalità a cui eravamo abituati prima del virus, ma dovranno rimanere elevate le misure di sicurezza e il rischio di poter contrarre il virus farà parte della quotidianità ancora a lungo. Ma non è sul vaccino che ci giocheremo il futuro e la sopravvivenza della nostra società, piuttosto sul senso di responsabilità, sul sapere rispettare le regole e sul sapere affrontare le emergenze come comunità e non come singoli individui.

di Davide Sereni

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