‘La voce dell’istinto’, l’odissea di un cane randagio

UNA STORIA DI SOFFERENZA E RISCATTO, CON AL CENTRO UN CANE ABBANDONATO

Chiunque abbia, almeno una volta nella vita, adottato un cane o un gatto, non può che rimanere toccato da questo romanzo. Tante le storie di abbandono piene di dolore e sofferenza che si possono leggere anche sui giornali. Questi animali finiscono per portarsi dietro un passato orribile, che lascia segni sia nella carne che nell’animo. Di questo parla La voce dell’istinto, il romanzo narrato in prima persona da un cane abbandonato, scritto dalla scrittrice e docente Gabriella Colletti e pubblicato nel 2018 da Edizioni Helicon.

Bob, un giovane pastore tedesco, un giorno viene portato sul ciglio dell’autostrada e viene letteralmente spinto giù dalla sua macchina dal padrone. Inizialmente confuso Bob capisce di essere stato abbandonato e da quel momento smette di fidarsi degli esseri umani. Per sopravvivere inizierà un lungo viaggio, nel corso del quale incontrerà persone e altri cani, dai quali imparerà il valore della libertà, della lealtà e dell’amore. La sua vita cambierà nel momento in cui salverà un bambino sul punto di annegare e verrà ripagato di tutte le ingiustizie che ha subito.

Nel corso del romanzo vediamo il mondo attraverso gli occhi di Bob, che decide di cambiare il proprio nome in Cucciolo per rinnegare quello con cui lo chiamava il suo ex-padrone. Attraverso il suo sguardo vediamo come la società possa essere ingiusta verso creature spesso ritenute inferiori, ma che in realtà hanno molto da insegnarci, soprattutto sul piano della fedeltà e dell’affetto.

Gabriella Colletti

Quella che Cucciolo è costretto a percorrere è una strada che lo porta a maturare interiormente: all’inizio cerca solo la libertà, spinto anche dal suo mentore, un anziano levriero che lui chiama Buon Vecchio, con cui va alla ricerca di cibo. Tuttavia dopo qualche tempo si rende conto che la libertà non può compensare il bisogno di essere amati e di avere una famiglia, perché né gli uomini né i cani sono fatti per vivere in solitudine. Lungo il viaggio incontrerà altri esseri umani, sia buoni che cattivi, a fargli capire che non è giusto generalizzare e pensare che sia impossibile fidarsi di loro. Incontra poi cani che si portano dietro storie ancora più dolorose della sua. Conoscerà la sofferenza della vita in canile, patirà la fame, ma alla fine troverà anche un lieto fine.

Nel corso della storia leggiamo più volte i flussi di coscienza di Cucciolo, che spesso appaiono poco realistici: il pastore, assieme a Buon Vecchio, compie spesso riflessioni filosofiche sul rapporto tra le varie specie e su cosa vuol dire essere un cane, poco plausibili ma che offrono comunque degli spunti interessanti. All’inizio è convinto che gli uomini siano malvagi e che è meglio vivere senza di loro, ma appena uno di loro si mostra gentile nei suoi confronti il suo istinto lo spinge a legarsi a quell’uomo, poichè si accorge che il prezzo da pagare per la libertà è la solitudine.

La narrazione è scorrevole, ma non lineare: ai momenti presenti si alternano flashback della vita del protagonista prima dell’abbandono. Inoltre si trovano spesso scene toccanti che lasciano al lettore un sapore amaro in bocca, legate ad esempio ai suoi simili che conosce in canile. Un libro più che mai attuale stando ai continui abbandoni che si registrano ogni anno in Italia.

La Colletti, che quando non scrive saggi, racconti e poesie insegna in un istituto tecnico di Novara, ha tratto ispirazione da Cane che salva un bambino dalle acque dell’Arno, un quadro della seconda metà dell’800 del pittore Carlo Ademollo esposto nel Palazzo Pitti di Firenze. Una storia che ci ricorda, se ce ne fosse ancora bisogno, quanto sia ingiusto e crudele abbandonare i propri animali, perché dal loro punto di vista è come essere abbandonati dalla propria famiglia, che loro invece non tradirebbero mai. Un romanzo che ci fa capire perché quello del migliore amico dell’uomo non è solo un modo di dire, ma la pura realtà. 

di Nathan Greppi

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