Coronavirus in Svezia: un modo diverso di affrontare la crisi, giusto o sbagliato?

ANCHE TRA GLI ABITANTI DEL PAESE SCANDINAVO C'E' CHI APPROVA E CHI VORREBBE MISURE PIU' RIGIDE

Covid Svezia

Foto di Jonathan Nackstrand

L’emergenza Coronavirus sta colpendo tutto il mondo. Giorno dopo giorno i dati dei contagi e dei decessi crescono e ogni singolo Stato definisce un vero e proprio bollettino di guerra per la pandemia. Ma non tutti i governi hanno reagito allo stesso modo, tra questi la Svezia, dove a detta di tanti si è scelto un approccio apparentemente insufficiente.

Nello stato nordico, considerato una stella della sanità in Europa, la reazione al Coronavirus viene definita pressapochista e non totalmente sufficiente a contrastate il Covid-19. Le critiche più dure arrivano da un gruppo di 22 esperti che, attraverso una lettera pubblicata sul Dagens Nyheter, richiedono un cambiamento rapido e radicale riguardo le misure di contenimento, chiedendo un allineamento alle direttive adottate dalle autorità sanitarie degli altri Paesi europei coinvolti dalla crisi.

I dati, come riporta la redazione di The Local, confermano che anche nel paese scandinavo la pandemia corre e provoca danni ingenti sotto tanti punti di vista: sanitario, ma anche economico.

Come si sta affrontando quindi la pandemia da Covid-19 nel Paese emblema del Welfare State?

italiani in erasmus in sveziaLA TESTIMONIANZA DI UN’ITALIANA IN SVEZIA – Denise è una studentessa che studia Scienze e Tecnologie dell’Ambiente e delle risorse dell’Università di Parma che sta facendo l’esperienza Erasmus in Svezia. Dal 28 febbraio si trova nel nord Europa: “Un’esperienza formativa e quasi indispensabile che ti permette di dare voci alle tue passioni”. Ma, nonostante la buona volontà e le sue grandi aspettative, l’arrivo del Covid-19 ha interrotto il normale proseguimento degli studi, limitando fortemente le attività formative.

“Quando sono arrivata già si parlava del virus – racconta Denise – ma era percepito come tutto molto lontano. Qualcosa di non presente qui tra noi in Svezia, qualcosa di non vissuto direttamente. Hanno deciso di chiudere l’Università e di lasciarla aperta solo a professori e tirocinanti, mentre gli studenti sono a casa. Ma per le vie della città è tutto normale. Si fa perfino una sorta di momento culturale collettivo, in stile aperitivo, qui chiamato fika. Si beve un caffè e si mangiano dolci tipici svedesi. Anche noi lo facevamo assieme ai professori, mentre al tempo in Italia ogni momento conviviale era già assolutamente vietato”.

Gli svedesi tuttavia, anche se molto rispettosi delle regole, non sembrano sentirsi molto coinvolti e come racconta Denise: “Io mi sono messa da sola in isolamento per fronteggiare il problema: questo rallenta la scrittura della mia tesi ma tutela la salute mia e di altre persone. Qui la situazione non è vista in maniera grave come in Italia, quando esci loro sembrano incuranti e non preoccupati, a volte ci scherzano sopra. C’è gente sul tram e, anche se si tiene la distanza, hanno misure cautelari meno rigide che in Italia. Ed è proprio questo che è strano: solitamente se si dice agli svedesi di seguire determinate regole lo fanno senza protestare”.

LA CULTURA DELLE REGOLE – Pernilla Säholm Corizza, prima preside di un istituto e ora business woman di successo – nel 2018 è stata nominata manager dell’anno – racconta la situazione nel Paese dal suo punto di vista: “In Svezia non c’è bisogno di rigidità nell’imporre le regole. Gli svedesi sanno tutelarsi anche senza regole nero su bianco. I problemi di questa pandemia non sono tanto dovuti alla noncuranza delle persone, cosa totalmente assente in Svezia, ma alla crisi che il virus si porta dietro. Molte persone che conosco hanno sofferto immensamente dal punto di vista economico, arrivando a perdere il loro lavoro. È stato avviato un enorme supporto nella nostra città per far continuare le attività, ma non ci sarà abbastanza lavoro per tutti. Alcuni dovranno sicuramente chiudere o terminare il proprio impiego”. Il senso civico dei cittadini svedesi è spesso invidiato difatti: “In Svezia per molti anni si è riso di noi stessi perché di norma agiamo come pecore, facendo ciò che ci viene detto di fare, seguendo le regole in modo ferreo. Mio marito è di Roma e ha scherzato su questo per molto tempo, ma ora non ci scherza più. Oggi questo concetto di rigorosità degli svedesi è uno dei nostri maggiori punti di forza”.

Pernilla, a differenza di Denise, non ha percepito noncuranza da parte dei suoi connazionali, anzi: “Poiché la curva delle persone infette e morte sta aumentando, ci preoccupiamo sempre di più e questo si manifesta nel nostro comportamento. Quasi nessuno ha viaggiato durante il periodo pasquale per andare a trovare amici e parenti. Siamo rimasti a casa e molte persone si sono incontrate digitalmente e hanno festeggiato insieme su FaceTime, Skype e così via”.

La Svezia sta prendendo molto sul serio il Covid-19 ed ha attivato tante iniziative positive, spiega Pernilla, anche se il resto dell’Europa sembra pensare che non sia così: “Per esempio la Scandinavian Airlines ha istruito il proprio personale per essere in grado di aiutare gli ospedali con servizi che non richiedano un’alta formazione medica. Scuole superiori e università hanno trasformato totalmente la loro attività in educazione digitale. Quindi per gli studenti che devono rimanere a casa a lungo è piuttosto facile continuare a studiare. Quindi, come ci sentiamo? Abbiamo grandi speranze, ma siamo seriamente preoccupati e sentiamo un forte senso civico. Ci sentiamo molto soli e abbiamo paura per la crisi economica, siamo molto preoccupati per il futuro. Abbiamo in compenso molta speranza riguardo una maggiore consapevolezza sulla sostenibilità. Per le aziende, per la natura, per la vita. E sento così tante persone che parlano e scrivono della straordinaria generosità, dell’alta capacità che hanno di cambiare e adattarsi”.

Pernilla inoltre crede di aver avuto il Coronavirus e ne descrive i sintomi: “Penso di essere stata contagiata e ho avuto sintomi come raffreddore, rinorrea – naso che cola – e poi tosse, mal di gola, mal di testa e dolori articolari. Ma fortunatamente non ho avuto la febbre. Dovrei averlo preso circa 3 settimane fa e, dato che ho ancora una leggera tosse, ho preferito stare a casa dal giorno in cui ho avvertito i primi sintomi. Aspetterò fino a quando non sarò certa di essere sana prima di incontrare qualcuno al di fuori della mia famiglia”.

QUALCHE CRITICA DAI CITTADINI – Ma non tutti la pensano come Pernilla. Amanda Stina Klevefelt è una giovane cittadina svedese e come qualche suo connazionale non è del tutto soddisfatta delle misure prese: “Il numero di morti sta gradualmente aumentando, abbiamo oltre 1.000 decessi. Non penso che il governo stia prendendo la situazione abbastanza sul serio. Penso che siano necessarie ulteriori restrizioni. Abbiamo regole secondo cui non possiamo formare gruppi con più di 50 persone, ma i trasporti pubblici, i ristoranti e la maggior parte dei locali notturni sono rimasti aperti, superando il limite”.

Amanda è insegnante alla scuola materna e per svolgere il suo ruolo viaggia tra Uppsala – la quarta città per numero di abitanti – e Stoccolma: “Ogni giorno vedo un incremento dei trasporti pubblici e credo che ciò avvenga perché il Governo è stato in silenzio in occasione della settimana di Pasqua, per questo le persone iniziano a viaggiare di più. Non mi sento tutelata e penso che le decisioni prese siano indirizzate direttamente a noi cittadini. Ma mi prendo le mie responsabilità, utilizzo i social con amici e parenti, aiuto gli anziani e i più vulnerabili a fare gli acquisti”.

Anche lei, come Pernilla, ha riscontrato il virus: “Sono stata male per tre settimane. Tutto è iniziato con febbre e dolori in tutto il corpo, dopo alcuni giorni è arrivata la tosse. Non mi è stato permesso di fare il tampone per il Covid-19, ma ho l’asma quindi penso che avrei dovuto farlo. Chi presenta sintomi che possano ricondurre al Coronavirus devono essere controllati, senza distinzione alcuno. Ora, fortunatamente, sono in salute e ho ricominciato a lavorare”.

In Svezia, proprio come avviene in Italia, la percezione dell’efficacia delle misure governative risulta distorta. C’è chi ritiene che affidare il superamento della pandemia alla coscienza collettiva sia un errore, altri invece credono fermamente nella storica coscienziosità dei cittadini svedesi, pensando che non sia necessario imporre regole ferree. I dati per ora, tuttavia, sembrano dar ragione a chi pretende l’irrigidimento delle misure poiché, come dimostra uno studio della CNN, tra gli Stati scandinavi la Svezia risulta il Paese maggiormente colpito dal Covid-19 e dove le statistiche indicano 22 morti ogni 100mila abitanti. Secondo i dati, invece, la Danimarca presenta 7 decessi su 100mila e in Norvegia e Finlandia si rilevano appena 4 morti ogni 100mila abitanti.

di Nicolò Bertolini

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