Le badanti irregolari in Italia: tra insicurezza e speranze

CIRCA 200.000 LAVORATORI DOMESTICI IRREGOLARI STANNO AFFRONTANDO L'EMERGENZA COVID-19 SENZA AIUTI E TUTELE

Fanno ormai parte della nostra quotidianità, ci aiutano con compiti tutt’altro che facili, rinunciano alla loro vita per alleggerire la nostra. Parliamo delle badanti, una figura a cui abbiamo fatto l’abitudine, che spesso diamo per scontato ma, non si sa perchè, ogni tanto ancora ne dubitiamo. Lontane dai racconti degli immigrati che siamo soliti sentire e risentire in discorsi politici gridati con rabbia e immagini commoventi, a loro la tolleranza è costata il disinteresse. Quasi come se fossero di ‘serie b’, in realtà sono circa 200.000 i lavoratori domestici – tra cui badanti, colf e baby sitter -non regolari in Italia e quindi non comunitari e senza permesso di soggiorno.

Si tratta di persone, prevalentemente donne, che come spesso accade si trasferiscono dal loro Paese d’origine in Italia o in Europa per trovare migliori condizioni di vita e per mantenere una famiglia lontana. Queste provengono prevalentemente dall’Est Europa – 23% dalla Romania e 22% dall’Ucraina, afferma il focus group Viaggio nel lavoro di cura. chi sono, cosa fanno e come vivono le badanti che lavorano nelle famiglie italiane (Ediesse, 2016) di ACLI Colf – ma le persone non vedono in questi Paesi la guerra evidente che invece si denota in alcune aree dell’Africa e Medioriente. Gli italiani hanno imparato ad accettare queste figure perchè ne hanno bisogno: vi affidano i propri anziani, la cura della casa e dei bambini mentre loro lavorano o si dedicano ai loro interessi. Ma basta l’articolo ‘Anziano derubato dalla badante’ o la frase ‘Gli stranieri vengono quì a rubarci il lavoro’, che subito può scattare diffidenza e scetticismo, che va ad alimentare pregiudizio o addirittura odio nei loro confronti.

Per scoprire meglio queste persone abbiamo intervistato tre donne che sono qui in Italia per svolgere il ruolo di badanti ai nostri anziani. Donne a cui la vita non ha risparmiato ostacoli e difficoltà.

ESSERE IRREGOLARE IN ITALIA – Irina ha 37 anni, è venuta quì in Italia dall’Ucraina 4 anni fa: “Abitavo in un paesino di campagna con mio marito, i miei due figli e mia suocera. Sono rimasta vedova, mio marito era l’unico a lavorare in casa quindi ho dovuto prendere il suo posto. Ho dei parenti in Italia che mi hanno detto dell’offerta di lavoro in questo settore e così sono partita da sola”.

Anna è una badante ucraina di 58 anni e da diversi anni si sposta per tutta Italia per lavorare come badante e donna delle pulizie: “Ho quattro figli, mio marito mi ha lasciato: facevo l’operaia ma i 200 euro mensili che si prendono in Ucraina non sono sufficienti. Sono venuta in Italia con i miei due figli più piccoli, lasciando quelli grandi a una lontana parente. Il mio primo impiego è stato in Basilicata, ora invece sono al nord da così tanto tempo che mi considero una ‘polentona’ come dite voi”.

Petronela ha 28 anni ed è rumena: “Sono qui da un anno, sono venuta in Italia quando ho scoperto di essere incinta. Volevo dare più possibilità a me e a mia figlia”.

Queste tre donne sono accumunate dalla condizione di essere irregolari, la società sa perfettamente della loro esistenza ma forse chiude un occhio perchè comprende l’esigenza delle famiglie che, con l’invecchiamento della popolazione, aumenterà negli anni a venire. Ma il vero problema è che queste persone non godono dei diritti riservati ai lavoratori e vivono in una vera condizione di ‘limbo’. “In generale i miei datori di lavoro hanno sempre preferito il fatto che non fossi in regola. – commenta Anna – Alle badanti regolari spettano 1200 euro al mese, ferie e malattia. Io invece mi accordo con loro, spesso gli stipendi sono più bassi ma ho vitto e alloggio gratis e più libertà. Per me è comunque un passo avanti rispetto a dov’ero prima. Certo io sono stata fortunata, non è sempre così”.

Abituate a vivere con molto meno e in condizioni ben più povere, sembra che il lato negativo dell’irregolarità per loro non sia uno stipendio generalmente più basso, ma il fatto di non poter reagire neanche di fronte a un’ingiustizia. “Spesso noi donne dell’est siamo vittime di pregiudizi. Le donne spettegolano, dicono che siamo delle ‘ruba mariti’ e che ci appropriamo delle eredità dei vecchietti che muoiono. Gli uomini invece ci scambiano per delle poco di buono. Purtroppo anche io ho vissuto quest’esperienza con un datore di lavoro. L’unica cosa che ho potuto fare è stata lasciare il lavoro anche se avevo bisogno di quei soldi, non potevo rischiare. Non devo avere bisogno di nessuno“, racconta Irina. Gli imprevisti, quindi, possono essere molto più pericolosi perchè richiedono di essere affrontati da soli: “Ho il terrore che mi venga anche solo un’influenza e di aver bisogno di medicine. Noi non possiamo affidarci ai medici di base; certo in ospedale qui in Italia curano tutti, ma poi saremmo probabilmente rispedite nel nostro Paese – dice Petronela, e continua – Ho avuto la fortuna di trovare una dottoressa di base rumena che capisce bene la situazione e che mi ha aiutato quando ne avevo bisogno”.

ESSERE BADANTE – Colf e badanti rientrano spesso in quella serie di lavori che ‘l’italiano non vuole fare‘ ma anche che non può più fare. La società si è evoluta, le donne non si dedicano più esclusivamente alla casa e ai propri cari ma hanno un lavoro che le spinge a stare in ufficio, in azienda, anche più di 8 ore al giorno. Hanno una vita oltre le mura domestiche tanto quanto i loro compagni uomini. C’è inoltre l’impreparazione generale al saper accudire. Si richiedono competenze e pazienza a cui bisogna essere portati.

Tra il bisogno di lavorare e la vocazione, la badante resta una delle professioni più totalizzanti. Stravolge la tua vita per il bene di chi fino a poco prima era uno sconosciuto. E’ un lavoro sì, ma diventa presto la seconda famiglia. Qual è l’aspetto più duro di questa professione? E a cosa aspirano realmente le donne che vengono in Italia appositamente per questo?

“Dipende dalle malattie con cui si entra a contatto, alcune sono più pesanti fisicamente ma più brevi, altre apparentemente tranquille ma si protraggono così a lungo che sfiniscono. Ma detto questo mi piace come lavoro, in Ucraina odiavo stare in catena di montaggio mentre stare con le persone per me è piacevole. Gli anziani hanno sempre qualcosa di interessante da dire – spiega Anna – Quì in Italia glin anziani spesso vengono sottovalutati o abbandonati, noi abbiamo invece la tradizione di curarli in casa. Per me è un lavoro naturale“.

In un lavoro come quello della badante, in particolare, si deve stare a contatto tanto tempo con una persona quindi il rapporto che si ha con questa diventa fondamentale. Petronela infatti sostiene che “se ci si trova bene e si trova un equilibrio si creano anche forti amicizie che vanno aldilà del puro lavoro, ma se ci si trova male la casa diventa un inferno. Io con una signora andavo addirittura al bar a prendere il caffè o facevamo shopping insieme, avevamo la nostra compagnia di amici”.

Per Irina, invece, la parte più difficile non è il lavoro in quanto tale ma la lontananza dalla famiglia: “Ho lasciato due figli adolescenti che non verranno cresciuti da me, nonostante le telefonate e i pacchi che mando loro. Questo a volte mi crea preoccupazioni che non sempre si possono esternare. Noi badanti arriviamo nelle famiglie appositamente per risolvere un problema e spesso, per quanto possani essere ottime persone, mettono il loro problema davanti ai tuoi”.

Nonostante tutti i problemi e le insicurezze, l’Italia piace. “Non aspiro ad altre professioni, mi piace fare la badante e continuerò. In questi anni la mia famiglia si è sistemata e allargata. Vorrei un giorno tornare in vacanza in Ucraina per conoscere i miei nipotini”, commenta Anna. Della stessa opinione Irina: ” Non tornerei in Ucraina, la vita sembra più bella quì. Sono arrivata che avevo le mie poche cose dentro una borsina di plastica, adesso mi piace andare al mercato e potermi permettere una maglietta che mi piace. Tutti mi dicono che sono giovane e potrei rifarmi una vita, ma il mio desiderio sarebbe portare quì permanentemente i miei figli“. “Sono qui da poco, ma ho trovato tante brave persone che mi hanno fatto sentire un po’ meno estranea per esempio pagandomi un corso per imparare l’italiano o invitandomi anche solo a fare una passeggiata. Ho molta speranza per questa nuova vita”, conclude Petronela.

ESSERE BADANTE IRREGOLARE AI TEMPI DEL COVID-19 – L’emergenza Coronavirus ha penetrato ed ha avuto i suoi effetti anche in situazioni nelle quali certe figure sono essenziali. Venendo meno la disponibilità economica molte famiglie sono state costrette a licenziare colf e badanti, per una stima di circa il 30% dei lavoratori domestici. La legge ha provato a venire incontro a questi lavoratoei – esclusi inizialmente dal decreto Cura Italia – stanziando una somma di 200 euro mensili per lavoratore, il che copre neanche la metà dello stipendio abituale. Solo in questi giorni, grazie al lavoro di Assindatcolf, è stata stanziata da alcune regioni un’indennità per le famiglie e questi lavoratori. Ma ovviamente si parla di lavoratori regolari.

Da due settimane ho perso il lavoro: nella famiglia da cui andavo la moglie ha perso il lavoro quindi hanno meno soldi e con la maggiore disponibilità di tempo hanno deciso di curare i loro cari autonomamente” racconta Anna che spiega pure quanto sia per loro difficile trovare un nuovo impiego essendo una professione definita ad ‘elevato rischio’ e non potendo neanche muoversi per cercare opportunità o presentarsi a chi invece cerca. “Il nostro è un lavoro che si basa sullo stretto contatto. Non puoi fare entrare una persona in casa tua e rivelarle le tue debolezze se non hai avuto un approccio e non ti fidi di lei”, confida Anna.

Oltre a questi problemi non dobbiamo dimenticare che spesso queste persone vengono quì lasciando una famiglia a cui comunque continuano a dedicarsi. Il virus, per loro, ha reso molto più difficile anche il prendersi cura delle persone che da loro dipendono anche se a distanza: “In Ucraina sembra ci siano 9.000 contagiati. Consigliano di non uscire, ma i miei figli sono adolescenti e spesso si vedono lo stesso con i loro amici – afferma Irina – Gli ospedali in Ucraina non sono come quelli italiani, se vuoi cure migliori o che funzionano devi pagare. Ma se i miei figli si ammalassero come farebbero a permettersi le cure? Io da febbraio non riesco a mandare i soldi alla mia famiglia perchè il corriere con cui facevo arrivare il denaro alla mia famiglia non può circolare in questo periodo di lockdown”.

Sembra però che ci sia qualche piacevole eccezione a dimostrare, ancora una volta, come i bisogni delle persone siano complementari e che in questo periodo la solidarietà faccia bene a entrambe le parti. “Qualche giorno fa mi ha chiamato una signora, – spiega Petronela – aveva sentito del rischio di dover stare in casa data la sua età anche nei prossimi mesi. Mi ha chiamato e mi ha assunto, non come badante o come colf in particolare, ma per essere la persona che le tenga compagnia“.

 

di Laura Storchi

 

 

 

 

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