La figura mitologica dello stagista, in teoria e in pratica

INDIVIDUO TRAGI-COMICO, LO STAGISTA È COLUI CHE ACCOMUNA TUTTI GLI UNIVERSITARI NEL LUNGO E TORTUOSO PERCORSO VERSO IL MIRAGGIO DEL POSTO DI LAVORO

Tocca a tutti. Chi c’è già passato, chi lo sta facendo o lo farà: per terminare il percorso di studi all’Università diventare stagisti sarà l’equivalente del pre-inserimento nel mondo del lavoro. La figura dello stagista è quasi mitologica e di fantozziana memoria: “L’ultima ruota del carro, lo schiavo” direbbe Alessandro nella famosa serie tv Boris.

Alessandro è la caricatura perfetta dello stagista per eccellenza: preso a male parole, portatore di caffè, senza soldi, con un contratto fittizio è il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene e con tanta tanta tanta passione (e dedizione) cerca di essere assunto al termine della prima esperienza lavorativa.

LA FIGURA DELLO STAGISTA: IN TEORIA… – Lo stagista, stando alla Treccani, è: “Chi prende parte ad uno stage, cioè ad un periodo di addestramento e di tirocinio presso un’azienda, un ente, un’istituzione”. La naturale funzione dello stagista è encomiabile: dovrebbe migliorare le proprie conoscenze confrontandosi con il mondo dei ‘grandi’, migliorare il proprio – e famoso – CV e imparare a fare un qualcosa di pratico, partendo dalle informazioni assimilate durante il percorso di studi. Una figura chiave anche in ottica futura per l’azienda: trasmessegli le conoscenze necessarie, una figura giovane e dinamica è sicuramente l’investimento perfetto da fare.

…E LA PRATICA – In un mondo utopistico, quindi, quello dello stagista è un percorso chiave e utile per la propria crescita professionale (e anche, ci si auspicherebbe, per l’azienda). In realtà sono più i casi in cui lo stagista è considerato come l’animale da soma da sfruttare, il mulo. Mediamente in un’azienda ci sono più stagisti che lavorano gratis rispetto alle concrete posizioni disponibili per una vera assunzione futura: la competitività e la voglia di vincere sul ‘collega’ stagista è tanta, una vera e propria legge della savana. Probabilmente più una sottospecie di evoluzione darwiniana: vince lo stagista più forte, l’altro perisce e va alla ricerca di un nuovo stage.

Molto spesso, dato il momento di grande crisi economica che si abbatte sulla società da diversi anni, capita che alcune aziende – avendo già poca liquidità – scelgano di puntare forte sugli stagisti. Il problema è eclatante: puntando su stagisti non si va a pagare lo stipendio (pieno) ad un lavoratore con un contratto indeterminato, ad esempio.

Il risparmio per l’azienda è, di conseguenza, notevole. Esistono casi di tirocinanti assunti con lo stipendio minimo sindacale (o gratis in altre situazioni) dove viene proposto un contratto di stage di sei mesi o un anno,  senza l’obbligo di assunzione a tempo pieno al termine del periodo. Ma il ‘povero’ – in tutti i sensi – tirocinante, al termine della durata dello stage, si ritroverà punto e a capo. Avrà, fortunatamente, il CV migliorato con più esperienza, ma ancora il bisogno di andare a cercare un altro lavoro. Con la speranza futura di avere più fortuna.

UN QUADRO GENERALE – Sembra assurdo? Eppure il tirocinio o stage è disciplinato in termini generali dall’art. 18 della Legge n. 196/1997 (e il D.M. attuativo n. 142/1998) che al momento dell’entrata in vigore aveva riformato la materia dei tirocini che era prima contenuta in diverse norme di legge.

La durata massima del rapporto di tirocinio, per tutte le categorie di soggetti a cui è rivolto, è di 12 mesi, salvo i tirocini a favore di persone con disabilità, per i quali la durata massima è di 24 mesi. Esiste però la possibilità di eventuali proroghe e rinnovi, mentre la durata minima del tirocinio è di 2 mesi (tranne nel caso in cui il soggetto ospitante operi stagionalmente).

Lo stagista può realizzare anche più tirocini presso la stessa azienda o ente, a patto che non superi le limitazioni imposte a riguardo dalle singole Regioni – ognuna ha le sue regole. Ma non sono solo i tirocinanti devono sottostare ad alcune regolamentazioni: ad esempio un’azienda con un numero di dipendenti pari a 5 potrà ingaggiare un solo tirocinante. Per un numero di dipendenti compreso tra 6-19, l’azienda potrà usufruire di 2 tirocinanti contemporaneamente. Se invece i dipendenti assunti a tempo indeterminato sono più di 20, il numero di stagisti consentiti sarà pari al 10% degli assunti.

Sul web – Facebook e Instagram specialmente – spopolano pagine satiriche che raccontano le esperienze più disparate degli stagisti. Tra chi ha l’unica funzione di portare i caffè, chi lavora più degli altri a un fisso mensile molto basso, chi vive di buoni-pasto e anche chi viene considerato, a tutti gli effetti, lo schiavo remissivo dei giorni d’oggi.

Gli esempi in rete sono infiniti. Le pagine che raccolgono più interazioni su Facebook ed Instagram sono Lo stagista frustrato e Stagistiland. Entrambe, tramite l’utilizzo di meme e racconti reali successi ai danni dei poveri stagisti, ironizzano sulla condizione della figura.

 

BORIS – Assolutamente utile da vedere, in maniera esageratamente ironica, è la ormai celebre serie Tv Boris. Uscita nel 2007 e andata in onda fino al 2010, racconta i dietro le quinte di un set televisivo nel quale si sta girando la fittizia fiction Gli occhi del cuore 2. Il regista René Ferretti (interpretato da Francesco Pannofino) si avvale del suo staff e dei due stagisti per realizzare il suo lavoro.

Andiamo con ordine: il primo stagista è Alessandro, simpatico e dinamico, mentre Lorenzo è meno affabile e soprannominato “Lo Schiavo”. Tralasciando l’aspetto caratteriale dei personaggi, i malcapitati hanno in comune due cose: sono stagisti e sono “Le merde” del set televisivo. Umiliati da tutti, presi a botte ripetutamente, portatori di caffè e pagati o “di passione” o con 1/5 del minimo sindacale. Hanno il sogno e la voglia di uscire dalla condizione di sfruttati e di cambiarla in protagonisti del set, ma chiaramente non va secondo i loro piani.

DATI ED ESPERIENZE CONCRETE – Interessante la ricerca eseguita da Il Sole 24 Ore secondo cui negli ultimi anni (2017 in poi) la funzione dello stage non è più legata solamente ai giovani studenti neolaureati. Infatti: “Dalla ricerca emerge che il 15% dei tirocinanti extracurricolari è composto da over 35, percentuale in crescita negli ultimi anni” spiega il quotidiano. Insomma, la competizione cresce anche con persone più esperte e i posti di lavoro effettivi non aumentano in maniera esponenziale. Anche Open conferma i dati del Sole 24 Ore. Il dato riportato dal sito online però è ancora più preoccupante “Sono sempre di più gli over 50 a ricorrere questo strumento”. A quanto pare, Robert De Niro ne Lo stagista inaspettato era stato profetico…

Le esperienze concrete le conosciamo tutti: chiunque ha un amico che si è lamentato per paga, responsabilità o numero di ore effettive di lavoro. Non tutti gli stage vengono per nuocere però. Molti stage sono utili ad aumentare l’ esperienza lavorativa ed è scientificamente provato che alcuni tirocinanti sono poi stati assunti con un contratto indeterminato e con un’ottima retribuzione commisurata ad esperienze passate e responsabilità. Il problema dello stage esiste, ma le opportunità per fare il passo in avanti (con un pizzico di fortuna) non mancano.

 

di Alessandro Borasio

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