Serie irriverente: ecco perché Hoops ci conquista

ECCO LA PARODIA DI COACH CARTER, UN ALLENATORE AGGRESSIVO CHE VUOLE FARE LA STORIA

Dieci episodi della durata di circa mezz’ora intrisi di sarcasmo, senza interessarsi troppo del politically correct. Parolacce ed un pizzico di cinismo: ecco le fondamenta di Hoops, la serie animata – per un pubblico adulto – di Netflix, disponibile sulla piattaforma in streaming.

COACH CARTER AL CONTRARIO –Al centro di Hoops c’è Ben Hopkins, allenatore di basket in un liceo di una piccola cittadina del Kentucky. Il coach è irascibile, scontroso, polemico ed usa un linguaggio scurrile e pungente. Avete presente Coach Carter? Ecco, l’esatto opposto.

Il sogno di Ben è di arrivare a diventare un coach professionista a tutti gli effetti, lasciando il liceo e sposando un progetto tecnico e sportivo di una squadra professionistica della massima lega americana. Tra un allenamento e una partita deve anche far coesistere i difficili rapporti con la preside, assai amareggiata e contrariata per il linguaggio poco ortodosso del coach, con l’ex-moglie (anche se ufficialmente ancora moglie, in quanto coach Ben non ha mai firmato le carte del divorzio) che va a letto con il suo vice allenatore (nonché migliore amico), e – chiudendo con il più scontato dei colpi di classe –  la figura pesante ed oppressiva del padre: ex promessa di livelli altissimi del basket americano che vede il figlio come l’ultimo dei falliti e rimpiange di non aver potuto avere un erede diverso. Ben, quando non litiga contro l’arbitro, davanti a tutti si diverte ad escogitare stratagemmi assurdi per non compromettere la formazione della squadra, come quando i vari giocatori sono tutti a rischio a causa delle loro medie scolastiche. Ben fa di tutto per ingaggiare il giovane più alto della scuola e inventa schemi per far giocare solo lui, fregandosene altamente degli altri componenti della squadra.

Il SOGNO DI TUTTI: MINIMO RISULTATO COL MASSIMO SFORZO – Lo stile grafico ricorda di Bob’s Burgers e South Park, anche se per il linguaggio utilizzato si potrebbe avvicinare molto allo stile di Brickleberry e Paradise Police.

Se non gradite il turpiloquio gratuito cambiate prima di iniziare. Il linguaggio è condito sistematicamente di allusioni sessuali, di battute decisamente pesanti che, potrebbero, far arricciare il naso a chi non è un amante del genere.

Detto questo: si ride, spesso di gusto, e la motivazione principale la si può dare grazie alla voce di Jake Johnson (in lingua originale). Hoops costruisce sulla vita banale di un “ordinario” coach di basketball una narrazione scandita da gag e battute sconce che – ammettiamolo – riescono comunque a far ridere anche i più assidui utilizzatori del politically correct. L’intera serie si prende gioco dell’etica facendo di questo la base portante della sua comicità. La speranza, a questo punto, è che eventuali stagioni future sappiano sfruttare appieno il potenziale comico di tutte le persone coinvolte.

di Alessandro Borasio

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