L’ultimo romantico: Fondazione Magnani Rocca dedica una mostra al suo fondatore

UN AFFASCINANTE VIAGGIO TRA MUSICA ARTE E LETTERATURA PER SCOPRIRE LA VITA DI LUIGI MAGNANI, BEN PIÙ CHE UN SEMPLICE COLLEZIONISTA


L’ultimo romantico, proprio così potremmo definire oggi la figura eclettica di Luigi Magnani, non solo per il suo amore verso la filosofia tedesca, ma soprattutto per il suo ruolo di mecenate. E proprio così viene definito nel titolo della mostra a lui dedicata alla Fondazione Magnani Rocca a Traversetolo, in programma fino al 13 dicembre.

“Un vero e proprio signore, nel senso rinascimentale del termine – spiega Stefano Roffi, curatore dell’evento nonché direttore scientifico della Fondazione – che si servì del patrimonio ereditato dall’attività casearia dei genitori per acquistare una serie di opere d’arte dal valore inestimabile, anzitutto per soddisfazione personale, ma soprattutto per condividerle, poi, con amici e non. Un ruolo – prosegue con lucido realismo Roffi – che appare oggi quantomai antiquato”.

Laszlo Vinkler, Ritratto di Luigi Magnani, 1936

Un collezionista che non collezionava

 Luigi Magnani nasce a Reggio Emilia il 29 gennaio 1906; compiuti gli studi classici, si trasferisce nei primi anni Venti a Roma, dove entra in contatto con i più importanti salotti nobiliari e dove ha la possibilità di formare la propria cultura musicale, artistica e letteraria. Già a partire dagli anni Quaranta, Magnani concepisce l’idea di una Fondazione da collocarsi nella Villa della provincia parmense, acquistata nel ’41 con il contributo dei genitori, ma di lui non si può dire che fosse un collezionista.”Spesso di fronte ai visitatori mi trovo costretto ad usare questa parola per ragioni comunicative, sia chiaro: se Magnani mi sentisse, mi caccerebbe dalla sua villa. Per lui il termine era spregiativo – chiarisce Roffi – quasi un sinonimo di rigattiere. La presenza di opere d’arte nella sua casa era per lui qualcosa di sacro, verso cui esercitare una forma di culto laico, sia pubblico che privato”.

Nonostante fosse un vero amante dell’arte,  Magnani non gradiva farsi ritrarre; l’unica eccezione è rappresentata dal ritratto del ’36 ad opera di Làszlò Vinkler, oggi visibile a fianco di quelli dei genitori, realizzati dallo stesso artista. “Magnani lo conobbe in occasione di una mostra sui pittori ungheresi, organizzata a Roma alla metà degli anni Trenta. I due strinsero una profonda amicizia, pur trovando notevoli difficoltà nell’incontrarsi a causa delle complicazioni legate allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale”.

L’attenzione per la mostra a Luigi Magnani arriva Oltreoceano

“In origine la mostra doveva essere organizzata nella primavera di quest’anno, per celebrare il ruolo di Parma 2020; per ragioni fin troppo note siamo stati costretti a spostare il tutto di qualche mese”, commenta il direttore della Fondazione. Spostamento che sembra, però, non aver influito in maniera eccessiva sul suo successo che ha raggiunto una grande copertura mediatica.  “Siamo rimasti davvero colpiti dalla pagina intera che il Financial Times ha dedicato alla mostra, alla quale si aggiungono, a livello nazionale, servizi notevoli su Antiquariato Art e Dossier.”

Al di sotto delle aspettative è stato, invece, l’afflusso di pubblico,  anche a causa dell’assenza di scolaresche, solite visitare la Fondazione. “Avevamo già preso accordi con l’Assessore alla cultura del comune di Traversetolo, Elisabetta Manconi, ma tutto è saltato a causa della pandemia. Purtroppo non possiamo farci nulla, ma sono sicuro che Magnani ne sarebbe stato molto dispiaciuto: l’arte era per lui prima di tutto educazione alla cura della bellezza e dell’ambiente”.

La mostra nasce, dunque, come ritratto postumo di Magnani, ottenuto ricostruendo l’ambiente delle giornate alla Villa, tramite foto, ritratti, dediche e oggetti di assoluto valore storico e artistico. Da Italo Calvino a Vittorio Sgarbi, da Savinio a De Chirico fino alla principessa Margaret, sorella di Elisabetta II, immortalata assieme a Magnani, ormai malato e prossimo alla morte. Il viaggio è accompagnato da testimonianze autografe dello stesso Magnani, con dediche di autori del calibro di Umberto Eco e Thomas Sterne Eliot. Non mancano i riferimenti a Giorgio Morandi, amico intimo di Magnani, con cui strinse una fitta corrispondenza epistolare.

“Il rapporto che amo con l’opera d’arte – scrive Magnani – è quello che si riferisce esclusivamente alla forma. Un quadro pieno di contenuti, anche belle storie, non mi interessa affatto. Mi preme solo ciò che riguarda l’aspetto formale, se no resto indifferente”.

Luigi Magnani e Margaret d’Inghilterra

Una vita dedicata all’arte

Una vita intera dedicata, dunque, alla ricerca di opere d’arte, ma mai con fini speculativi e caratterizzata, di tanto in tanto, da sogni irrealizzati; come quello della celebre Conversione di San Paolo del Caravaggio  che Magnani fu ad un passo da acquistare, salvo poi doversi arrendere di fronte al ripensamento della famiglia Odescalchi.  Lo stesso Magnani potè d’altra parte consolarsi con l’acquisto della Madonna con bambino di Dürer, oggi custodita in Fondazione, la cui vicenda appare del tutto singolare: la tavola giunse in un convento di Bagnacavallo, comune della provincia ravennate, nel corso del primo dei due viaggi del pittore tedesco in Italia, dove rimase, però, sepolta per oltre due secoli. Solo negli anni ’60, Magnani riuscì ad ottenere il capolavoro del Dürer dopo una trattativa condotta privatamente,  anche in virtù della comprovata fede cattolica della famiglia.

Ritratto di Gian Gerolamo Grumelli (Il Cavaliere in rosa), Giovan Battista Moroni, 1560

La ricompensa agli sforzi di Magnani è affidata, però, al Cavaliere in rosa, ritratto di Gian Gerolamo Grumelli ad opera di Giovan Battista Moroni. Moroni fu un pittore di ‘seconda fascia’ del Cinquecento italiano molto apprezzato da Magnani che non riuscì, però, ad acquistare il suo quadro. “La qualità del dipinto – avverte Roffi – dovrebbe farci riflettere sul patrimonio artistico di cui godiamo in Italia: un pittore di sublime qualità quale Moroni risulta oggi trascurato, solo perché oscurato dalle vette di Carpaccio, Giorgione e Tintoretto”. Qualità che però non sfuggirono a Magnani il quale sembra si rispecchiasse in questa figura di giovane dai tratti nobiliari, elegantemente vestito, simbolo della forza che si staglia sulla caducità terrena, perfettamente rappresentata dallo sfondo in rovina: “Se confrontiamo il ritratto di Magnani trentacinquenne con quello del cavaliere, possiamo notare notevoli somiglianze, sia fisiche che psicologiche: chiare sono, dunque, le ragioni della folle quête intrapresa con scarso successo” commenta Roffi.

L’ultima stanza della mostra è infine dedicata alla musica e al rapporto quasi sinestesico che questa viene ad assumere con la pittura: pianoforte a mezza coda Bechstein, scultura in bronzo di Beethoven e una natura morta sono alcuni degli elementi che si ritrovano nella sala: “Tre oggetti – conclude Roffi – che comprendono un’intera esistenza”.

L’esposizione che omaggia il suo fondatore e la Villa dei Capolavori sarà visitabile fino al 13 dicembre 2020.

Informazioni e prenotazioni gruppi: tel. 0521 848327 / 848148

info@magnanirocca.it

www.magnanirocca.it

 

di Filippo Pelacci

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