Riflessioni per studenti: convivere con il Covid-19 senza rimanere passivi

QUESTO VIRUS HA SCONVOLTO LE QUOTIDIANITA' E ALCUNE CERTEZZE. NON SIAMO INVINCIBILI, MA POSSIAMO FARE FORZA DI QUELLO CHE CI HA FATTO SCOPRIRE

Anche per oggi ho finito; non ho più lezioni da seguire, ho ricopiato gli appunti, fatto gli esercizi assegnati. Con un gesto automatico, accendo la televisione e vengo sommerso da una valan­ga di dati che si accalcano davanti ai miei occhi e nelle mie orecchie, intasandomi il cervello: nuovi contagiati, ricoverati, regione per regione, città per città.

Riesco a divincolarmi da questa stretta, che mi toglie il respiro come le spire di un pitone: spengo, prendo fiato, cerco di ragionare. Che la situazione non sia gradevole, ce ne siamo accorti tutti, a vari livelli di intensità perso­nale.

Associo il Covid-19 agli zombies del magistrale film di Romero, vi­sto che entrambi sembrano prediligere i centri commerciali. Ma, mentre i simpatici gaglioffi del film del 1978 se non andavi al mall ti venivano a cercare a casa, il Covid-19 lo devi andare a cercare tu, perché da solo non si può muovere.

Il ragionamento è lungo e contorto. Come capita spesso alla mia mente.

Ho smesso di guardare i telegiornali, gli speciali, i dibattiti, tutto quello che ha a che fare con la pandemia. E’ un problema specifico, che può essere studiato, capito e risolto da chi ha competenze specifiche, quindi posso disinteressarmi dei dettagli. Quando siamo al mare, se vo­gliamo sapere se possiamo entrare o meno in acqua, guardiamo delle simpatiche bandiere colorate: bianca, vai; gialla, occhio; rossa, stai lontano. A nessuno credo sia mai venuto in mente di analizza­re il bollettino della Capitaneria di Porto per vedere l’intensità e la direzione del vento, la forza della corrente, la pressione atmosferica ad 1 km dalla costa… guardiamo le bandiere e tanto basta. Perché non fare altrettanto col Covid-19? Bandiera bianca: esci pure. Bandiera gialla, esci però prendi delle precauzioni. Bandiera rossa, stai in casa.

Invece, i mass media ci continuano a sparaflashare dati su dati, che dopo un po’ a me ricor­dano tanto le supercazzole di Tognazzi. Se nel mezzo del resoconto di una cosa così seria e dram­matica mi aspetto di sentire “Indice Rt uguale ad 1,5 con scappellamento a destra”, c’è qualcosa che non va: significa che il potere persuasivo è andato a donnine in tangenziale e che le parole hanno perso significato, riducendosi a rumori di fondo.

Da tutto questo, ho dedotto che seguire queste trasmissioni è come ascoltare una radiocronaca di una partita che dura qualche mese; perciò, ho cercato modi più utili e costruttivi di passare il tempo.

Già, il tempo.

Stiamo studiando, nel pieno del primo semestre, c’è da scegliere che esami dare e quando darli. Ad oggi, tutti i miei professori fanno lezione online su Teams e non ap­pena è terminata caricano il relativo video su Elly. Se uno studente abita fuori Parma, come me, la didattica a distanza significa risparmiare tempo: oltre tre ore al giorno fra andata e ritorno. Questo significa che, senza rinunciare ad alcuna lezione, ogni giorno la mia giornata è più lunga di tre ore, rispetto ad una giornata di lezioni in presenza.

Se è vero che, con la DAD, viene a mancare il confronto con i compagni di avventura, è anche vero che tutti i social restano disponibili, limitando il senso di isolamento. Essendo una matricola, non posso parlare per gli anni passati, ma il vantaggio di avere la registrazione della lezione sempre e comunque disponibile, oltre ai relativi PDF, è un atout non indifferente, visto che mi permette di controllare se i miei appunti sono esatti e completi. Trovo senza prezzo la possibilità di riascoltare una spiegazione ogni volta che lo desidero, utilizzando un “ricevimento studenti” col professore, disponibile 24/24, 7/7.

Ovvio, matematica e giurisprudenza (ad esempio) puoi anche impararle da casa, mentre per altre materie come chimica, farmacia, medicina è indispensabile frequentare laboratori ed ospedali. Questo però dovrebbe essere solo un ulteriore stimolo a comportarsi in modo responsabile per uscire il più presto possibile dall’emergenza. Non piangersi addosso.

Quante cose posso fare in tre ore? Tante! Gli staka­novisti direbbero “studiare”, ma deo gratias questa non è l’unica soluzione. Posso fare fitness, anche in casa: bastano una sedia, un tappeto ed una parete per pentirsi di essere nati e scoprire l’esistenza di muscoli finora ignorati. Posso ascoltare con calma quel disco di cui mi hanno parlato; leggere un libro, che non fa mai male, anzi.

Perché non riprendere in mano un vecchio hobby oppure iniziarne uno nuovo? Tanti amici si sono de­dicati con successo alla cucina, almeno a giudicare dalle foto, ma il lockdown ha impedito la prova dell’assaggio. Altri hanno tolto la chitarra dalla custodia, scoprendo quanto De André avesse ragio­ne a proposito dell’abbandonare una chitarra per troppo tempo.

Modi per usare il tempo ce ne sono, ma dopo queste idee romantiche passiamo alla vile pecunia.

Già: se faccio lezione stando a casa, risparmio la benzina della macchina oppure l’abbona­mento dei mezzi pubblici, il costo del pranzo e dei vari mezzi di sostentamento necessari per so­pravvivere ad un giorno di lezioni (chiedo scusa a tutti i prof di tutte le facoltà). Anche queste som­me, che rimangono nelle nostre tasche o in quelle dei nostri genitori, rappresentano un tesoretto che potrà venire utile per future vacanze (perché torneremo ad andare in vacanza, vero immunologi e/o chimici che lavorate al vaccino?) o per qualsiasi altro buon motivo, a scelta di ciascuno.

Sia chiaro: io ho paura, ma sono anche convinto che la nostra situazione sia assimilabile a quella di un gruppo di persone, legate strette fra loro, immerse nelle sabbie mobili. Se tutti stanno fermi, allora si affonda molto lentamente o non si affonda, ed i soccorsi possono arrivare in tempo. Più uno (uno solo!) si agita, più velocemente tutti affondano. Ciò premesso, mi rifiuto di rannicchiarmi un un angolo buio della stanza maledicendo la sfiga che mi fa sopportare questo; faccio il mio dove­re, ossia resto fermo più che posso, ma nel frattempo mi rafforzo e mi miglioro, sfruttando tutte le opportunità.

In questo percorso, non ho tempo né voglia di lasciarmi affabulare dal racconto quotidiano di come la faccenda si dipana. Basta che mi dicano cosa non posso fare, perché il nostro ordinamen­to giuridico è costruito in modo tale che tutto quello che non è espressamente vietato, è consentito e lecito. Di conseguenza c’è ancora una grande scelta di cose che si possono fare, piuttosto che stare fermi a farsi colpire da numeri lanciati come frecce. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa Chomsky, di que­sta impostazione che i mezzi di comunicazione hanno deciso di seguire.

Voglio però che sia chiara una cosa: approfittare delle opportunità non significa far gara a chi è più furbo: questo è il momento di dimostrare che maturità non è solo il nome di un diploma, ma anche e soprattutto una qualità che abbiamo fatto nostra e che abbiamo capito il significato di una frase di una canzone dei CCCP, la libertà è una forma di disciplina.

A mio parere, sarebbe poi il caso di farsi le seguenti domande:

a) quanti anni ho?

b) qual è l’aspettativa media di vita in Italia oggi?

c) la più importante: sono proprio sicuro che esista solo il presente e che quel che non posso fare oggi non potrò  farlo domani?

Va bene, abbiamo passato la primavera chiusi in casa e probabilmente ci passeremo anche l’autunno e l’inverno. Ma si tratta di resistere qualche mese, prima di tornare alla vita normale. Vi porto l’esempio dell’AIDS, che sembrava avrebbe impedito al mondo di divertirsi e che invece è stato, non debellato del tutto, ma reso controllabile. Secondo voi, quando si potrà tornare alla vita ante Covid-19, come saranno i primi mesi di ritrovata libertà? A me vengono in mente i riti orfici, con annessi e connessi… quindi: ho una ventina di anni, non ho patologie gravi, direi che val la pena di seguire il consiglio di Brassens: “Profittando di non essere debolissimi di cuore, andiamo all’altro mondo bighellonando un poco”, ossia evitando di rischiare la pelle propria ed altrui per un’apericena od una partita di calcetto.

Dite che sono troppo ottimista? No. So che basta poco da parte di tutti per venirne fuori bene, faccio il mio sforzo e spero che gli altri facciano altrettanto.

Già che ci siamo, cogliamo l’occasione per scaraventare dalla finestra un’impostazione che rovina la vita delle giovani generazioni. Se non raggiungi un obiettivo a vent’anni, sei un fallito. Prendo ad esempio XFactor: ragazzi di 16 anni scartati ai provini che piangono disperati perché non sono riusciti a cogliere l’occasione della vita.

A 16 anni???

Riprendiamo in mano il nostro futuro. Il che significa agire nel presente, fare il meglio che si può per raggiungere il nostro sogno, e – quando si fallisce – capire le ragioni del fallimento e riprovare ancora. Ed ancora. Ed ancora. Se da universitario o da liceale ti vesti già da fallito, non fai altro che lasciare il mondo a chi è più vecchio di te, ossia guarda caso a quella generazione che costruisce e fortifica questa mentalità perversa ed involuta.

Tornando al Covid-19, ci sono tanti modi per affrontare quello che sta accadendo. Uno è fregarsene, scommettendo sul fatto che la probabilità di ammalarsi sia molto inferiore a quella di non ammalarsi. E’ la scommessa che sta alla base del­la roulette russa, gioco che non mi sembra granché intelligente, ma se uno vuole lo giochi pure, purché la pistola la punti alla sua testa. Se invece uno vuol giocare puntando la pistola alla mia, di te­sta, allora il gioco non si gioca.

Un altro modo di reagire è sentirsi privati di ogni ragione di vita perché non si può andare ai concerti, allo stadio, a ballare. Questo dovrebbe essere un ottimo stimolo ad agire in modo che la pandemia finisca il prima possibile, seguendo tutte le prescrizioni. Ricordatevi i miti orfici!

E’ solo un punto di vista, che ovviamente non voglio im­porre a nessuno: invece di lamentarmi di quello che non posso fare (oggi), cerco di capire cosa pos­so fare per essere migliore (domani), quando tutto sarà tornato alla normalità. Per migliorare intendo aver fatto qualsiasi passo in avanti, che sia aver dato un esame in più, aver finalmente imparato il secondo assolo di “Comfortably numb”, aver dipinto un quadro, piantato una pianta, cucinato un risotto.

Perché comunque, qualsiasi cosa accada, non ci si deve arrendere e non si deve chinare la testa. Mai.

di Gianluca Groppi

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*