Il Re della risata e di Roma: omaggio a Gigi Proietti

Tributo a uno dei maggiori protagonisti dello spettacolo italiano

Profilo FB Daniela Sbrollini

Il 2 novembre l’Italia si è svegliata in un’ulteriore profonda tristezza: addio a Gigi Proietti, uno dei pilastri dello spettacolo italiano. Attore, regista, cantante e cabarettista, l’assenza della sua voce renderà più silenzioso l’intero Paese.

Ciao Gigi, oggi il nostro cuore è colmo di dolore e di tristezza. Gli italiani e i romani hanno perso una parte della loro anima. Un grande artista che ha raccontato il nostro Paese con ironia e intelligenza, con queste parole Virginia Raggi rende omaggio al grande attore venuto a mancare nel giorno del suo ottantesimo compleanno.

La cerimonia funebre è stata celebrata in piazza del Popolo, il 5 novembre. Tra i pochi partecipanti (in ottemperanza alle normative anti-Covid) Fiorello, Paolo Bonolis, Enrico Brignano e Paola Gassman. A rendergli omaggio anche Flavio Insinna formatosi insieme ad altri al Laboratorio di Esercitazioni Sceniche per giovani attori di Proietti. Alessandro Gassman a sua volta in un’intervista a Il Messaggero ha dichiarato: “Era il mio secondo papà”.

L’attore è stato omaggiato anche su Twitter dall’Arma dei Carabinieri che lo ricorda nelle vesti del Maresciallo Rocca. Il volto indimenticabile di Proietti è stato definito dall’amico Carlo Verdone come quello di un “Attore dell’antica Roma”: come se lui stesso fosse l’identità della città che tanto amava.

In ricordo e ringraziamento al grande uomo e personaggio che era Gigi Proietti, un omaggio per ripercorrere le tappe di una brillante e sfaccettata carriera.

“Mi diverto e mi pagano pure. È una pacchia”

“La comicità è un grande mistero, si sa solo che fa ridere”. Questa è l’ultima lezione che ci ha lasciato Gigi Proietti, da sempre immerso nel mondo della risata. Tra i suoi più grandi successi nel mondo del cabaret, barzellette come 18, Er cavaliere nero, La telefonata e molte altre. Tutte caratterizzate da testi semplici e scene quotidiane, associate alla gestualità e l’unicità della mimica facciale di un attore che, fin dagli esordi, ha sempre divertito generazioni.

Su Domani, Corrado Guzzanti ha detto: “L’ho conosciuto tardi. Nel 2009, è venuto a vedere il mio spettacolo, poi in camerino e da allora non ci siamo più lasciati. Tante cene da cui me ne andavo con i crampi agli addominali per le barzellette micidiali che mi raccontava. Anche cinquanta in una serata”.

Chiunque può raccontare una barzelletta. Nessuno come Proietti. L’artista, da Il Fatto Quotidiano, viene definito unico erede di Ettore Petrolini, massimo esponente della comicità surreale tra gli anni ’20 e ’30 del 1900. Gigi Proietti non è stato solo l’icona di Roma, ma di tutto il Paese. L’esempio più nazionalpopolare di tutti? Il suo “A me me piace” della famosissima pubblicità.

““Tiè!” Come Alberto Sordi”

Indimenticabile il suo ruolo di attore e regista. Nonostante nasca in teatro, infatti, Proietti non si è mai precluso alcuno scenario, arrogandosi di diritto un posto nel panorama artistico nazionale. Basti pensare che a soli 14 anni aveva già esordito al cinema, come comparsa, nel film di Vittorio Duse Il nostro campione.  

Con i primi successi negli sceneggiati Rai, come Conoscete Don Chisciotte del 1968, il suo accento romanesco e il senso dell’umorismo ne hanno, poi, consolidato la posizione. Ancora oggi non esiste un suo personaggio che non abbia trionfato: Mandrake in Febbre da cavallo, Pietro Ammicca, Micio Micio in Sogni e bisogni, il Maresciallo Rocca sono solo alcuni dei più famosi. Per non dimenticare, poi, il suo Ademar in Alleluja brava gente, con il quale ha fatto divertire e riflettere.

Dal profilo FB di Rai Movie

“La televisione è un apparecchio che ha trasformato la cerchia familiare in un semicerchio” diceva spesso. Egli, infatti, voleva entrare a far parte di ogni famiglia italiana e contribuire al suo entusiasmo, quasi come un caro amico. Oltre a divertire voleva creare un legame con il pubblico, trasmettendo ciò in cui credeva. Proietti sapeva immedesimarsi nel respiro e nella risata di ogni singolo spettatore, che si sentiva da lui abbracciato. Tutti venivano inclusi puntualmente nelle sue recitazioni grazie alle sue grandi abilità e doti e anche per questo – fino all’ultimo – ha cercato di mostrarsi attivo e pieno di passione, trasmettendo profondo amore per il suo lavoro e per il suo pubblico.

Per questo, ognuno provava una profonda riconoscenza nei suo confronti. Non era falso il pubblico che impazziva per lui, che faceva lo spettacolo, dava il ritmo delle battute, le frenate e le accelerazioni. Proietti credeva a tal punto nelle potenzialità del suo pubblico e in quello che faceva, da portare il suo grande amore per il teatro colto, in televisione: A me gli occhi, please è uno dei capolavori artistici più grandi che egli abbia mai realizzato. Grande fonte di ispirazione per molti suoi colleghi e sostanzialmente priva di trama, l’opera si caratterizza per la capacità di Proietti di esprimere la sua poetica di contaminazione teatrale, sulle ali leggere dell’ironia.

Non bisogna, poi, tralasciare il contributo fondamentale che Proietti ha dato al cinema, in qualità di doppiatore. Da Robert De Niro, al genio della lampada in Aladdin, egli si è sempre saputo adattare ad ogni personaggio, piegando la propria voce in base al contesto.

Durante la puntata di Ulisse del 4 novembre, programma nel quale Proietti aveva ‘prestato’ la voce a diversi personaggi del passato, Alberto Angela lo ricorda così: “Si fermava sempre a mangiare con la troupe, chiedeva sempre al regista cosa doveva fare e come voleva venisse fatto… I grandi sono quelli che marciano insieme ai propri soldati”.

A coso… Roma è sintesi de tutto”

Una foto di Gigi Proietti proiettata sul Colosseo, sul Campidoglio e la proclamazione del lutto cittadino il giorno del funerale sono solo alcuni degli omaggi che la sua città ha reso all’attore scomparso. Il funerale è stato celebrato lo scorso giovedì nella Chiesa degli Artisti, in forma privata – solo 60 le persone ammesse, in rispetto alle norme anti-covid vigenti.

Diverse persone lo hanno ricordato e hanno seguito il corteo funebre – che anticipava la funzione – per l’intero tragitto lungo la città di Roma: dal Campidoglio attraversando poi i diversi luoghi-simbolo della sua vita. Il feretro, ricoperto di rose rosse, è stato accolto dalle forze di polizia della città e dagli applausi dai balconi di piazza del Popolo.

Dal profilo FB del Corriere della Sera

Va via un pezzo della nostra Roma, quella vera, passionale e allegra. Come definire Gigi, un grande, il suo sorriso è stato e rimarrà unico“, scrive l’ex capitano della Roma, Francesco Totti: “Con la sua allegria e il suo grande carisma trasmetteva sempre grande gioia. Mi ha seguito per tutta la carriera da calciatore, era un grande tifoso romanista e ha rappresentato Roma nel mondo come solo noi veri romani sappiamo fare. Gigi ti voglio bene, anche dal cielo ci farai stare allegri. Roma ti sarà sempre grata“. Anche Daniela Collu, romana DOC, speaker radiofonica e conduttrice televisiva ha espresso un dolore che abbraccia tutta la Capitale: “Come svegliarsi e scoprire che è crollato il Colosseo“.

Sono numerosi i luoghi che legano Roma e Proietti, immortalati nei suoi film e negli spettacoli. Dalla via Giulia, dove aveva vissuto i primi mesi di vita, a via Annia dove andava a scuola alle elementari. In via Veneto ha conosciuto un luogo che poi è stato “Uno strano ritorno” come ha dichiarato a Repubblica, a Villa Borghese era collocato un cinemetto al quale si recava e che oggi è diventato il Globe Theatre, di cui era direttore artistico e che gli sarà intitolato.

Era rimasto colpito “Dalle fontane e soprattutto da quella specie di muffa verde che fanno quando sono a secco. La vedo ancora adesso e anche le statue un po’ sbrecciate della villa. Era molto affascinante per me perché non ne capivo tanto le ragioni, ma sono immagini che mi sono rimaste impresse”. E poi, nell’immediato dopoguerra il trasferimento, con la famiglia, presso il popolare quartiere del Tufello. Poi nella zona dell’Appio Latino, senza dimenticare il teatro Brancaccio all’Esquilino, per anni palcoscenico dello spettacolo cult A me gli occhi, please.

Dal profilo FB di Angelica Massera

Il legame con la città di Roma si è intensificato grazie anche ai sapori della cucina tipica romana: “Ricordo una cosa importantissima. Non mi vergogno di dirlo. Allora c’erano i fagottari. E anche la mia famiglia ogni tanto faceva la fagottara, quando andava fuori la sera. Mia madre diceva ‘stasera andiamo a cena fuori’, però la cena te la portavi. D’estate specialmente dove c’era la pergola. Si prendeva il vino e casomai forse un primo, se volevi, sennò portavi tutto da casa”.

E poi l’amore per la trattoria La Rosetta. “Era all’Appio Latino – ricordava l’attore ancora a Repubblica – dove c’era un cartello: Accettanzi cibbi propi accettanzi con la zeta, cibbi con due b e propri senza una r. Ed era una grandissima festa. Mia madre faceva le cotolette panate, però col sugo, perché le doveva mettere dentro una pentola e se non c’era il sugo s’attaccavano. E allora venivano come una specie di pizzaiola, diciamo così, accatastate una sull’altra, e arrivava il momento di mangiare. A volte, quando eravamo particolarmente ricchi, ci compravamo la pizza e poi le cotolette panate, una per una, mi raccomando, diceva mamma. E c’erano anche famiglie di amici. Questo m’è mancato poi all’improvviso, la conoscenza di altre persone, la comunità, il senso della comunità”.

“Benvenuti a teatro, dove tutto è finto ma niente è falso.”

Proietti rimarrà uno dei beni più preziosi della cultura italiana. Ben 55 anni dei suoi 80 appena compiuti passati tra palcoscenici, set cinematografici e studi televisivi.

Uno dei più grandi personaggi poliedrici del Novecento. “Istrionico, versatile, intelligente, uomo di cultura, di eleganza esteriore ma soprattutto interiore, di delicatezza e profondo rispetto”, così è stato definito il suo essere speciale dai colleghi nel giorno della sua memoria.

Icona dello spettacolo italiano, Proietti in un’intervista ha rivelato di non essere mai stato inizialmente interessato al teatro, che non avesse mai frequentato quel tipo di ambiente e, in più, che non fosse figlio di attori. Infatti, si iscrisse per caso al Centro Teatro Ateneo dove studiò con altri personaggi di spicco come Arnaldo Foà, Giulietta Masina, Giancarlo Sbragia e Giancarlo Cobelli, anche loro attori di teatro.

Pochi anni dopo è riuscito ad entrare nell’immaginario popolare con il personaggio di Mandrake in quel che è diventato un grande classico della commedia italiana: Febbre da cavallo.

Lo studioso Marco De Marinis nel suo Capire il teatro definì la tendenza prorompente del Proietti dell’epoca come “Spettacolo solistico”. Sicuramente la sua presenza totalizzante e forte sui palchi, grazie a cui Proietti racchiudeva recitazione, canto, e talvolta anche performance danzate si è rivelata un’autentica novità, ma anche un aspetto trasgressivo rispetto al teatro della tradizione e della prosa, da cui egli veniva.

In varie prestazioni l’attore riusciva a comunicare inventando lingue e dialetti, mescolava l’intrattenimento comico popolare con la raffinatezza dei saperi della tradizione in una performance sorprendente e unica. Con Leggero, leggero del 1991, Proietti recitò in modo paradossale senza presentare al pubblico un vero e proprio contenuto dentro al testo, ma ricamandoci comunque e continuamente attorno con una comicità estrema.

Nel 1978 si era impegnato a restaurare e a riaprire il teatro Brancaccio di Roma e dal 2001 al 2007 ne era stato direttore artistico, riuscendo sempre a far risaltare la sua presenza. Molti volti dello spettacolo vorrebbero questo luogo dedicato al grande artista: per ora l’attuale direttore del teatro Brancaccio, insieme ai commercianti dell’associazione Boulevard Marulana, ha omaggiato proietti dedicandogli un murales che l’artista Maupal ha realizzato sulla serranda del Teatro.

Sempre nello stesso anno diede vita al suo Laboratorio di Esercitazioni Sceniche per giovani attori nello stesso teatro romano. Tra i suoi allievi ci sono nomi ormai diventati celebri nel mondo dello spettacolo, tra i quali Flavio Insinna, Massimo Wertmüller, Rodolfo Laganà, Chiara Noschese, Enrico Brignano, Giorgio Tirabassi, Francesca Reggiani e Gabriele Cirilli.

Una carriera di almeno 83 opere tra quelle recitate e anche dirette, iniziata nel 1963 con il Can can degli italiani e terminato nel 2019 con Cavalli di battaglia scritto e diretto da lui stesso. I suoi spettacoli appartenevano sia alla tradizione lirica come Nabucco e Carmen rispettivamente del 2009 e 2010, sia alla tradizione classica e popolare. La passione per la recitazione era evidente sin da bambino, quando cercava di ascoltare i discorsi delle persone che abitavano sotto il suo appartamento, li imitava e si metteva nei loro panni.

È stato un attore popolare, umile, non è stato mai ‘divo’ e non si metteva in mostra perché famoso.  Amava ricordare una citazione dello stimato Papa Francesco: “Il centro si guarda meglio dalla periferia”: questa una frase che incarna perfettamente l’essere ‘popolare’ di Proietti. La sua era una comicità generosa che abbracciava anche le nuove generazioni, a cui teneva particolarmente: il suo sogno era che i giovani si avvicinassero al teatro e in particolare alle opere teatrali di Shakespeare.

Uno dei tratti distintivi del suo modo di affrontare la vita e le difficoltà era quello di ridere sempre, così come anche di sé rideva sempre. Verrà ricordato così.

“Diciotto, diciotto, diiiiciotto”

I numeri hanno sempre avuto un ruolo ironico e quasi misterioso nella vita posta sotto i riflettori di Luigi “Gigi” Proietti. Egli stupisce anche il giorno della sua morte, che coincide – esattamente 80 anni dopo – con il giorno della nascita. Evento dal sapore ironico, quasi romantico, che ci lascia il ricordo dell’acclamato personaggio della TV italiana con un ultimo sorriso.

Proietti è il più recente nome aggiunto alla lista di coloro che hanno lasciato il segno morendo il giorno del proprio compleanno. L’attore romano infatti affianca, sotto quest’aspetto, grandi nomi della storia, come Shakespeare o Roosevelt Jr., personaggi ricordati grazie al loro operato, in questo caso poetico-letterario e politico.

Ma il gioco numerico dietro l’esistenza di Proietti non finisce qui: nacque il 2/11/1940 ed è morto il 2/11/2020. Qui il più grande Mattatore d’Italia ci lascia una seconda sorpresa: provate a dividere 2 per 11: il risultato è 0,18181818. L’enigma ricorda l’iconico sketch in cui il comico ripete il numero 18. Insomma, Gigi non si smentisce mai e ci ha voluto lasciare facendo ciò che gli è riuscito meglio: suscitare una risata!

di Samrawit Gebre Egziabher, Arianna Maffina, Lorenzo Barizza, Chiara Mazzone e Maddalena Temperini

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