Johnny Depp licenziato da Warner Bros: un trattamento equo?

Il pirata Jack Sparrow, Willy Wonka e la sua fabbrica di cioccolato, Edward mani di forbice: sono solo alcuni dei ruoli per cui viene ricordato Johnny Depp. Non avremmo mai pensato, quando guardavamo i suoi film, che l’avremmo un giorno visto anche nei panni del “picchiatore di mogli (wife beater). È così che l’ha definito infatti, in un articolo del 2018, il quotidiano britannico The Sun, che ha recentemente vinto la causa contro le accuse di diffamazione presentate dall’attore. Il giudice Andrew Nicol dell’Alta Corte di Londra ha infatti sentenziatoin riferimento alle prove di una violenza arrecata nei confronti della ex moglie l’attrice Amber Heardche siano da ritenersi “Fatti sostanzialmente veri. Quindi la diffamazione non sussiste.

È proprio a seguito di tale sentenza che Warner Bros ha chiesto a Johnny Depp di dimettersi dal ruolo di Grindelwald in Animali Fantastici e dove trovarli 3, come annunciato tramite un post su Instagram dall’attore. La decisione della casa cinematografica ha scatenato non poche proteste da parte dei fan di Depp i quali, dopo aver lanciato l’hashtag #JusticeforJohnnyDepp – divenuto subito virale su Twitter- hanno persino creato una petizione su Change.org per sostenerlo.

 

Sembra quasi impossibile infatti pensare che un personaggio così talentuoso e carismatico come Johnny Depp possa nascondere dietro di sé una vita e delle azioni tutt’altro che encomiabiliEppure vicende di questo tipo non sono del tutto nuove e non solo nel mondo cinema, ma in tutto l’ambito artistico.

Ma è giusto godere dell’arte fatta da chi ha commesso atti immorali? È giusto godere dell’arte di persone cattive?
Sfatiamo il mito greco del kalòs kai agathòs: possiamo trovare bella e toccante un’opera che sia un dipinto, una poesia, un’interpretazione teatrale, ma allo stesso tempo ritenere il suo autore una persona eticamente riprovevole. Non si può infatti giudicare il valore morale di un’opera in base a quello dell’autore. Sebbene infatti il prodotto artistico sia qualcosa di fortemente soggettivo, e dunque fortemente connesso alla sfera personale e intima di chi lo crea, altrettanto soggettivo è il messaggio dell’opera e soprattutto l’interpretazione che ogni individuo fa di essa. 

Se non fosse così, dovremmo abbandonare l’idea di ascoltare una composizione di Wagner o ammirare un dipinto di Degas perché hanno manifestato entrambi un forte antisemitismo e non dovremmo più guardare con interesse i film di Polanski o di Woody Allen, accusati di violenza sessuale. 

Dunque le vicende personali che riguardano la vita di Johnny Depp non possono di certo vanificare l’ammirazione per le sue numerose e straordinarie interpretazioni. Ma è pur vero che, sebbene questo possa compromettere la sua carriera futura come è già successo nel caso analogo di Kevin Spacey, la violenza va condannata. Nel momento in cui si sa, si conosce, non si può e non si deve far finta di nulla.
È giusto perciò condannare la violenza,  ma lo è anche ammirare l’arte fatta da persone che commettono atti immorali. E allora come se ne esce? Qual è la soluzione? Dare una risposta è piuttosto complicato, ma sta di fatto che Warner Bros ha preso la sua posizione. 

La scelta dell’azienda è comprensibile. Certamente la finalità era infatti  quella di tutelare l’immagine della casa cinematografica e di manifestare dissenso e disapprovazione nei confronti degli atti attribuiti a Depp. Volevano insomma tutelare la propria reputazione, anche a costo di rischiare di stroncare la carriera a uno degli attori più amati a livello mondiale. Dietro l’etica e il voler abbracciare una tematica delicata come la lotta alla violenza, si cela quindi un filo di egoismo. 

Il raggiungimento dell’obiettivo di Warner Bros risulta però piuttosto fallimentare, data l’evidente perdita di consensi da parte dei numerosi fan che minacciano di boicottare la riuscita del film lasciando le sale vuote. Per non parlare della perdita economica dovuta al pagamento dell’intero cachet che spettava all’attore da contratto pur avendo girato una sola scena. Perciò non si può dire – almeno per il momento – che la loro sia stata una decisione ragionevole e ponderata, ma piuttosto azzardata, viste le possibili ripercussioni negative che potrebbe portare all’azienda stessa.   

Come se non bastasse, la sentenza del tribunale britannico su cui si è basata la Warner Bros per decidere di dimettere Depp dal suo ruolo, è slegata dalla causa legale principale in cui l’attore chiede un risarcimento alla Heard per le accuse di una presunta violenza domestica e il cui processo deve ancora avere luogo.   
Sebbene infatti la sconfitta dell’attore nella causa per diffamazione contro il The Sun potrebbe inevitabilmente influire sul suo esito, la sentenza finale non è stata ancora pronunciata, dunque per ora la colpevolezza dell’attore non è ancora decisa. Ma sembra che Warner Bros abbia già deciso di schierarsi.

 

Ma c’è di più: torniamo alla vicenda incriminata. Conosciutisi durante le riprese di ‘The Rum Diary’, Johnny Depp e Amber Head si sposano nel 2015. Non si può certo dire che il matrimonio dei due fosse partito alla grande: i protagonisti erano  alcool, droga e violenza. Ciò li ha portati alla separazione e all’inevitabile divorzio nel 2017. 

In seguito a un articolo pubblicato sul Washington Post in merito a presunta violenza domestica perpetrata ai danni della moglie, Depp ha fatto causa alla Heard e chiesto un risarcimento di 50 milioni di dollari. Difatti ci sono sì prove di violenze subite dalla Heard da parte dell’ex marito, ma ci sono anche testimonianze di presunti soprusi ai danni di Johnny Depp: dalle registrazioni telefoniche, alla recisione della falange di un dito dell’attore con i cocci di una bottiglia di vodka lanciata proprio dalla Heard. 

Eppure sembra che per la carriera dell’attrice per il momento non ci siano ripercussioni negative. Infatti, nonostante la petizione indetta dagli ammiratori di Depp per cacciarla dal suo ruolo, le riprese di Acquaman 2 che la vedono protagonista stanno continuando con proprio con la Warner Bros.

Sembra che la casa cinematografica abbia abbracciato il motto ‘due pesi, due misure’. Forse perché risulta più plausibile pensare alla Heard come vittima di violenza – in quanto donna – piuttosto che il contrario? Ma la violenza non ha genere e oggi il fatto che anche un uomo possa esserne la vittima non dovrebbe più essere un tabù.

Perciò la decisione di Warner Bros di licenziare Johnny Depp è condivisibile solo se può rappresentare un segnale contro la violenza. L’errore commesso, alla luce del fatto che la sentenza del processo legale tra i due non è stata ancora pronunciata, è la mancanza di equità nel trattamento riservato ai due attori. 

La verità è che in questa vicenda potrà esserci anche un vincitore legale – seppure difficile da determinare -, ma non c’è nessun vincitore morale. Si tratta di un rapporto complesso e intrecciato, dove la figura della vittima si mescola con quella del carnefice, dove entrambe le parti sembrano essere oggetto di victim blaming, e allo stesso tempo di esserne gli artefici.

di Francesca Caruso

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