The Crown: la quarta stagione è un punto di svolta

Con Lady D e Margaret Tatcher l'opinione pubblica è divisa a metà: tra ammirazione ed astio

Affascinante, realistico, coinvolgente: The Crown potrebbe essere sintetizzato con questi tre aggettivi, se vogliamo essere riduttivi. La serie, lanciata nel Regno Unito poi in Italia nel 2016 e tutt’ora in produzione, ripropone la storia della Corona inglese a partire dal 1947, anno del matrimonio tra la Regina Elisabetta II e suo marito, il Re Filippo di Edimburgo.

Le sue quattro stagioni, l’ultima uscita lo scorso 15 novembre nella piattaforma streaming Netflix, vantano un riscontro assolutamente positivo da un ampio pubblico e dagli appassionati del sangue blu inglese. Ma sono proprio gli ultimi 10 episodi che compongono la quarta stagione ad aver suscitato un tale scalpore e una tale ammirazione negli spettatori da rendere The Crown la miglior produzione firmata Netflix. L’alta attenzione all’ultima stagione è pertanto dovuta dai punti toccati da quest’ultima, come una politica “al femminile” e l’arrivo di Lady D.

The Crown 4… una stagione contestata

Gli ascolti sono arrivati alle stelle con l’uscita della quarta stagione, forse la più rischiosa, che ha toccato il tema di Lady D, icona della società inglese ed internazionale negli ultimi decenni del XX secolo, ma anche punto dolente per la famiglia reale. Tra bulimia, depressione e successo, infatti, il personaggio della principessa del Galles ha preso una piega forse un po’ troppo intima e, come emerge dalle interviste rilasciate a Vanity Fair, i parenti di Diana Spencer non sono affatto contenti.

“Con la quarta stagione – scrive Vanity Fair il 23 novembre – e la rappresentazione, eccessivamente drammatica, dell’amore tra Lady Diana Spencer e il principe Carlo, la famiglia reale si è detta annichilita dalla ricostruzione che Peter Morgan, il regista di The Crown, ha fatto del suo passato”. O ancora, il 21 novembre, titola così: “Il fratello di Lady D contro la serie: È fiction, non storia“.

La storia interpretata dal regista forse non sarà attendibile storicamente, come sostiene il fratello di Lady D, ma non si può non notare l’eccellente interpretazione di ogni personaggio. Da citare l’indiscussa protagonista della quarta stagione, Emma Corrin alla quale è stato assegnato il ruolo della futura moglie del Principe Carlo. Oltre alla sorprendente somiglianza con Lady D, Corrin è riuscita a dare un’interpretazione moderna e giovanile alla compianta Principessa scomparsa nel 1997. I riflettori hanno amato Gillian Margaret che ha regalato quel pizzico di conservatorismo di stile ed attitudine proprio di un Primo Ministro inglese negli anni ’80. In ultimo ma non per importanza, la Regina Elisabetta II, Olivia Coleman. Quest’ultima ha assunto perfettamente la personalità della reggente nel suo riconosciuto distanziamento emozionale, integrità e pudore che la rendono una Sovrana impassibile ed irremovibile.

Il linguaggio scelto dagli autori della serie ha fatto sì che quest’ultima prenda un’impronta realistica, modi di dire, slang e scorciatoie linguistiche non sono contemplate, dando ampio spazio ad un linguaggio alto, ricercato e nobiliare intrinseco alla vita di corte.

Personaggi e linguaggio hanno il loro risalto quando inseriti nelle sceneggiature, ricreate perfettamente come le originali utilizzando abiti e vestiari simili se non gli stessi di quelli sfoggiati dalla famiglia reale nelle varie occasioni. Inoltre, vengono riportati episodi ricostruiti nei minimi dettagli che ci rende difficile credere siano successi davvero, ma questi piccoli squarci di realtà che hanno poco rilievo nei documentari o negli articoli dei giornali, rendono la creazione e il montaggio della serie Netflix affidabile e imprescindibile, anche se è sempre bene ricordare l’oggetto del discorso: una serie TV.

La musica che accompagna le forze e le debolezze dei personaggi è molto varia, si parte da Verdi per arrivare ai Queen per racchiudere i vari periodi storici toccati e tutte le sfumature dei pensieri che hanno caratterizzato la seconda metà del Novecento.

La politica oltre il dramma

Insomma, amata o temuta, la serie ha conquistato il secondo posto nella “Top 10 in Italia” di Netflix, un giudizio soddisfatto degli spettatori è quindi innegabile.

Ma Diana non è l’unico fulcro tematico dell’ultima stagione, un ruolo di risalto lo ha anche la candidatura, e conseguente mandato, del primo Prime Minister donna negli UK, Margaret Tatcher.

In un partito conservatore rappresentato sin da sempre da figure maschili, per la prima volta nel 1979 viene eletto un Primo Ministro “con la gonna”. Questa rivoluzione all’interno di un partito di ideologie irremovibili porta la Tatcher a combattere, oltre alla fame e alla crisi, contro tradizioni misogine e sessiste in un ambito tanto delicato come quello politico.

Gli autori hanno fatto tesoro di questo cambiamento storico per poter risaltare i due grandi ruoli politici del tempo, entrambi nelle mani di due donne, mettendo a paragone i due più grandi poteri pubblici – quello monarchico e quello repubblicano. Il parallelismo tra la Regina e la Tatcher consiste nell’unione tra le due grazie al genere e nell’accantonamento di controversie costituzionali che potevano solo impedire un lavoro fruttuoso nella loro collaborazione volta al bene del popolo.

Non ci resta a questo punto che attendere le stagioni future, sperando che possano concordare con l’opinione di Buckingham Palace e non suscitino attriti tra realtà e finzione.

Si potrebbe opinare il 2022 come anno di rilascio della quinta stagione di The Crown ma, nonostante questa abbia scalato classifiche internazionali, non è ancora possibile conoscere una data per il futuro seguito della serie. The Crown ne vale comunque l’attesa.

Il Trailer

 

 

di Maddalena Temperini 

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