Islamofobia: un fenomeno con radici antiche e ancora così attuale

Come nasce e si sviluppa l'islamofobia? E come contrastarla? Lo abbiamo chiesto al Professore Giancarlo Anello, dell'Università di Parma e ad Amir Jaouani presidente dell’associazione Giovani Musulmani d'Italia (GMI) - Parma.

La Francia è stata di nuovo il bersaglio dei fanatici dell’Islam radicale in Europa. Con la questione Charlie Hebdo, l’attentato alla Cattedrale Notre Dame di Nizza e l’uccisione del professore Samuel Paty, in un clima di ansie e preoccupazioni collettive fra pandemia e crisi economica, trova posto anche il terrorismo.

Il Governo francese reagisce immediatamente. Il 2 Ottobre Emmanuel Macron annuncia le misure restrittive prese contro l’Islam più estremista: tra queste, la chiusura di numerose moschee, scuole religiose e associazioni. Ciò ha creato non poche tensioni tra la Francia e alcuni Stati islamici con durissimi botta e risposta, tra cui pesanti tweet fra Erdogan e Macron.

E a reagire non è solo la politica. In diverse città europee e di tutto il mondo sono sorte manifestazioni contro la satira di Charlie Hebdo – giudicata estremamente offensiva – e contro i nuovi provvedimenti del governo francese, ritenuti motivo di diffusione di odio contro i musulmani. Come risultato di ciò i manifestanti hanno richiesto a più riprese un boicottaggio sull’acquisto dei prodotti francesi.

Anche la comunità musulmana in Italia si è espressa in merito organizzando manifestazioni per dire basta alle offese alla religione islamica. Il 31 Ottobre, a Verona poi in altre città, si sono tenuti Sit-in “Per condannare le parole del presidente Macron, per trasmettere il nostro dissenso e per dimostrare la nostra solidarietà con la comunità musulmana in Francia che sta attraversando tempi difficili, nonché atti di violenza fisica e psicologica.”, come hanno dichiarato gli organizzatori.

 

Le polemiche continuano sulle piattaforme social, oltre che nelle piazze, con l’hashtag #notinmyname usato dai musulmani per dissociarsi e condannare il terrorismo. In alcune città francesi, invece, hanno avuto luogo marce di protesta di gruppi anti-islamici con lo slogan “Islam hors d’Europe!” ovvero “Islam fuori dall’ Europa”.

Il numero di musulmani in Europa è, invece, in continuo aumento. Secondo il Pew center in Europa sono 50 milioni, il 6% della popolazione. I numeri sono destinati a salire se si considerano le future nascite in famiglie musulmane ed i probabili futuri arrivi di persone da Paesi islamici in Europa. La Francia è uno dei paesi con il numero più alto di musulmani che costituiscono il 9% della popolazione residente. Ciò deriva da una tradizione di immigrazione nordafricana, ovvero dai territori ex colonie francesi.

È in scenari del genere che si torna ad esprimere pubblicamente quel timore verso un’intera cultura religiosa, percepita da molti come forte minaccia di destabilizzazione dei propri valori, nel caso francese e non solo, i valori repubblicani fondamentali: la laicità e la libertà d’espressione. Si torna così a parlare di islamofobia, un’ostilità che si traduce in una vera e propria forma di discriminazione razziale verso i musulmani, siano essi praticanti o no.

Islam e Islamofobia: un fenomeno secolare

Per capire da dove nasce e come si sviluppa l’islamofobia bisogna però fare un viaggio nel passato dell’Islam  fino ad arrivare al contemporaneo.
L’Islam è una religione monoteista nata nel VII secolo, è praticata da circa 1,8 miliardi di persone ed è la seconda religione più praticata al mondo. Nel corso degli anni l’Islam ha subito diversi attacchi, dal Medioevo fino ad oggi. In alcuni casi le critiche si sono trasformate in odio e persecuzione. Tutti ricordano l’esempio delle crociate: avvenute tra il 1095 e il il 1492 ebbero l’obiettivo di porre sotto il controllo cristiano la città di Gerusalemme e tutta la Terra Santa, all’epoca in mano ai musulmani. Nel tentativo di riuscirci si arrivò all’uccisione e alla tortura di migliaia di musulmani.

La paura, l’odio e la discriminazione verso i musulmani hanno caratterizzato diversi secoli, fino a interessare anche la storia recente. Gli attentanti terroristici degli ultimi anni rivendicati da fondamentalisti islamici e l’aumento di musulmani nel territorio europeo hanno alimentato un malcontento forse mai del tutto spentosi. Uno Stato che può fornire un chiaro esempio di queste dinamiche è la Francia. Essa ha subito numerosi attentati da parte dell’Islam radicale ed è abitata a convivere con un alto numero di cittadini  musulmani. Le misure repressive adottate dai governi francesi hanno talvolta provocato scontento tra i musulmani  francesi e paura tra i cittadini laici, contribuendo in qualche modo ad aumentare il fenomeno islamofobico.

Per capire le cause e  le probabili conseguenze dell’islamofobia, Parmateneo ha intervistato il Professore Giancarlo Anello, docente del corso di  Antropologia e istituzioni dell’Islam del dipartimento DUSIC dell’ Università degli Studi di Parma.

Secondo il Professor Anello l’islamofobia francese deriva da tensioni tra il Paese e il mondo islamico, che non sono assolutamente una novità. “Gli episodi sono tanti e sono più risalenti nel tempo rispetto agli attentati di quest’anno o quelli del 2015 a Charlie Hebdo.  Un esempio sono i grandi tafferugli che ci sono stati nelle delle banlieue di Parigi del 2005. Essi erano stati animati anche da una parte dei musulmani parigini, legati dal fatto che questi  cittadini non ritenevano di essere considerati come cittadini di serie A, ma parte di una popolazione di serie B, sentimento dovuto alla mancanza di pari opportunità rispetto ai concittadini francesi”.

Da ciò si evince uno scontento generale da parte dei musulmani che vivono in Francia, dovuto ad un evidente processo di mancata integrazione. D’altra parte la paura verso i musulmani e l’Islam deriva, però, da una mancata conoscenza: “Molto spesso – continua il professore – si ha paura di qualcosa che non si conosce. L‘Islam è presente, ma per tanti versi non è conosciutissimo. Rispetto al poco che si conosce, vengono spesso evidenziati  solo quei brutti eventi o qualcosa che effettivamente è molto negativo, legato ad esempio ai crimini o al terrorismo”.

L’islamofobia porta in maniera quasi inevitabile a fenomeni di razzismo. Il confine tra i due è labile: potenzialmente c’è davvero poca differenza tra l’evitare di sedersi accanto ad una donna con il velo in un bus e provocare atti di violenza fisica o verbale verso la stessa. Entrambi hanno un unico denominatore: la paura.

Come si affronta l’islamofobia? 

E’ naturale pensare che la migliore ricetta per combattere l’islamofobia sia quella della cultura, della conoscenza e dell’integrazione. Un punto cruciale deve essere svolto dall’istruzione scolastica, che deve abbracciare un’idea di formazione e cultura plurale. Il professore Anello suggerisce: “Una delle cose che bisognerebbe fare è una sorta di allitterazione religiosa rispetto alle religioni che non conosciamo, ad esempio fare dei corsi a scuola in cui si spiega in che cosa consiste l‘Induismo o l’Islam o oppure l’Ebraismo. Semplicemente per dare delle informazioni molto pratiche su come la pensano le persone che condividono la strada con noi, la metropolitana o una fila al mercato”. 

Governi di alcuni stati hanno cercato a più riprese di attivare delle legislazioni mirate contro l’islamofobia: un esempio ci è dato da una proposta di legge dei laburisti del 2019 in Gran Bretagna. La proposta aveva l’obiettivo di rendere l’islamofobia un crimine a sfondo razziale e prescriveva, a carico dei soggetti che fossero stati condannati, minimo un anno di carcere oltre a una multa salata. La proposta, però, è stata respinta dai conservatori e dagli unionisti nordirlandesi del Dup, alla guida della maggioranza parlamentare. 

In Italia non esiste una legge che tuteli i cittadini musulmani dall’islamofobia, ma è pur sempre presente la norma  (Legge Mancino, del 25 giugno 1993 n. 205) che regola lHate Speech e l’hate crime ovvero gesti, azioni e slogan legati all’ideologia nazifascista con lo scopo d’imitazione alla violenza e discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali. Una normativa specifica, secondo Anello, sarebbe addirittura controproducente perché: “Credo che fare una legge apposita nei confronti dell’islamofobia sia in qualche modo controproducente, perché continuerebbe a riproporre la specificità che riguarda l’Islam e che in realtà non deve essere considerata tale perché viviamo in Europa pluralista”. 

Islamofobia in Italia: un fenomeno incoraggiato?

Nonostante le normative presenti, l’islamofobia in Italia esiste e continua a farsi sentire soprattutto negli ultimi anni trovando, nei recenti attacchi terroristici che l’Europa ha subito, un motivo di sfogo.

La Fondazione SETA ha rilasciato il dossier  Islamophobia in Italia, Rapporto nazionale 2018 dal quale si rileva che “Il clima xenofobo e anti-Islam alimentato dai tradizionali attori politici della destra, Lega Nord e Fratelli d’Italia, movimenti di estrema destra come Casa Pound e Forza Nuova e dai settori più conservatori ( Il Giornale, il Tempo, la Verità, Libero) hanno avuto effetti molto negativi a livello sociale legittimando comportamenti di stampo razzista”.

Il clima anti-migrazione e islamofobo, secondo il dossier, sono proseguiti anche dopo la fine delle elezioni nazionali e rappresentano l’argomento più importante nella strategia politica di alcuni partiti di destra. Il cronista de Il Giornale  Alberto Giannoni ha poi pubblicato nel 2019 Il Libro nero dell’Islam italiano, ritraendo il musulmano quale un ‘nemico interno’ contro cui è necessario un intervento per difendere il nostro ordine sociale, culturale e morale.

I sostenitori dei partiti di estrema destra hanno espresso la loro posizione in diverse manifestazioni organizzate contro l’apertura di centri islamici, moschee e la presenza di comunità islamiche. Sugli autobus, nei supermercati, luoghi pubblici ma anche istituzionali, a volte capita di assistere ad atteggiamenti ostili o addirittura attacchi fisici e verbali nei confronti dei migranti, richiedenti asilo, rifugiati e cittadini musulmani. Particolarmente vulnerabili coloro che portano segni religiosi visibili, nella maggior parte dei casi sono le donne.

Malgrado i dati allarmanti e i numeri di casi di discriminazione xenofoba islamofobia, il fenomeno in Italia è espresso e avvertito in modo piuttosto disomogeneo nelle diverse Regioni.

I “Giovani Musulmani d’Italia” e la realtà di Parma

Alla luce di tutto ciò, com’è la condizione dei giovani musulmani in Italia? Si sentono integrati? Integrazione vuol dire allontanamento dai principi e valori religiosi? Come affrontano il fenomeno dell’islamofobia? Ce lo ha raccontato Amir Jaouani, responsabile dell’associazione Giovani Musulmani d’Italia della sezione di Parma.

Il Gmi è un’associazione di promozione sociale no profit, autonoma e indipendente fondata nel settembre del 2001. Entrata da poco a far parte del terzo settore, trova la sua sede legale a Milano ed è dislocata in altre realtà sparse per il territorio italiano.

L’obiettivo dell’associazione è quello di essere, per noi giovani musulmani di seconda generazione nati e cresciuti in Italia, un punto di riferimento sia sul piano religioso, imparando e gettando basi di conoscenza, ma soprattutto lavorando insieme per diventare cittadini migliori, integrati e modelli di ispirazione per altre persone”.

Dal profilo Facebook di GMI – Parma

Integrarsi, in particolar modo per le nuove generazioni, nascere o crescere in mezzo alla cultura italiana, ricevere un’istruzione al pari degli altri e partecipare attivamente come membri effettivi  della società non deve per forza essere motivo di rinuncia alle proprie identità: né quella italiana né quella d’origine, men che meno essere parte o aderire a un credo religioso. Lo stesso discorso vale per i vecchi o gli ultimi arrivati, per i quali il processo di integrazione è stato o sarà più difficoltoso. In entrambi i casi è facile capire che un lavoro importante, oltre che sul piano personale, deve essere svolto sia dalle istituzioni sia dal resto della popolazione nei confronti dei cittadini musulmani.

“Se ci sentiamo integrati? Diciamo che questo è un ni. Sembra esserci comunque lo sforzo da parte delle istituzioni di venirci incontro e cercare di aiutarci all’integrazione, ma poi ci sono altri momenti in cui ci sentiamo un po’ trascurati sotto alcuni punti di vista e per arrivare a certe cose facciamo più fatica rispetto ad altri, non lo si può negare. Fortunatamente però, che io sappia, episodi di islamofobia qui da noi non ce ne sono stati. Devo dire che si sono fatti molti passi in avanti e ci sono più pro che contro, a Parma soprattutto negli ultimi anni veramente c’è stata una grande collaborazione“.

Sul territorio parmense sono presenti due moschee, una in via Campanini, zona est, e l’altra un po’ più piccola verso il centro, è in via Cufra. Inoltre l’Università degli Studi di Parma è una delle poche università italiane a concedere uno spazio dedicato alla preghiera per gli studenti musulmani nel Plesso di via d’Azeglio.  

Esempi del genere devono essere la base per una crescita plurale: completare i processi di integrazione verso gli individui di qualsiasi religione o credo è un compito delle istituzioni di primaria importanza e lo si può raggiungere attraverso la formazione, ricordando che la conoscenza è il più valido antidoto contro la paura e, in questo caso, contro l’islamofobia.

 

di Antonio de Vivo e Issraa Zorgui

 

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